“Culture femminili” in Vaticano alla Plenaria del Pontificio Consiglio della Cultura
di Paolo Fucili
Come clamori ed equivoci su dettagli - magari discutibili, ma pur sempre “dettagli” - distorcono la visione d’insieme. E’ la storia, già scritta ahinoi, dell’ormai prossima (si parte domani) Assemblea plenaria del Pontificio Consiglio della cultura, sulla viva e perciò interessante vieppiù questione della “culture femminili tra uguaglianza e differenza”. Ma pochi ormai, c’è da scommetterci, ci torneran sopra, dopo i due “casi” che han vivacizzato la vigilia.
Il primo è la versione inglese della video-presentazione dell’evento - affidata all’attrice Nancy Brilly - tacciata da qualcuno nientemeno che di “sexy vendita” da TV commerciale” e perciò rimossa, per amor di pace, dal sito del Pontificio Consiglio della cultura (“ma da internet non si cancella mai niente...”, replica la diretta interessata).
Il secondo, alla presentazione dell’evento ieri in sala stampa vaticana, il “burqa di carne” – sarebbe, notare il condizionale, la chirurgia estetica – capace di scatenare tra giornali, blog e via discorrendo una polemica non solo degna di miglior “causa”, ma soprattutto confondendo non poco le parti in “causa”, divenute banalmente “donne” contro “Chiesa” e nella fattispecie cardinale Ravasi, presidente del dicastero vaticano interessato.
Non un appunto invece, se proprio uno avesse voluto polemizzare, sul fatto che la solenne “plenaria” sarà celebrata a porte chiuse tra 31 membri (tutti cardinali e vescovi, tranne quattro) e 35 consultori (laici soprattutto) del Pontificio consiglio, tra cui solamente 6 donne, esigua pattuglia cui toccherà rappresentare in quell’augusto consesso quello “sguardo sul mondo e su tutto ciò che ci circonda, sulla vita e sull’esperienza, che è proprio delle donne”, le “culture femminili” del titolo. Ma con l’ausilio, ad onor del vero, di altre relatrici ospiti (tra cui l’atleta Fiona May e suor Eugenia Bonetti, l'angelo delle giovani donne sottratte al racket della prostituzione), senza trascurare che la traccia di lavoro di 4 giorni di programma è stata redatta - per una precisa e oculata scelta – proprio col contributo fondamentale di un gruppo di donne di varia provenienza ed estrazione, professionale e non solo, dalla stessa Nancy Brilli alle giornaliste Monica Maggioni e Paola Saluzzi, a suor Mary Melone, Rettore (unica donna, tra tutte le università pontificie) dell’Antonianum.
Celebrata dunque domani pomeriggio l’apertura al teatro Argentina di Roma, con ingresso libero e proiezione dello spettacolo audiovisivo “Lo sguardo delle donne”, si inizia giovedì con “uguaglianza e differenza: alla ricerca di un equilibro”. Si parla di donne che anche senza marito e figli “accolgono, includono, si adoperano per la mediazione, sono capaci di tenerezza e di perdono molto più degli uomini”, recita la citata traccia non senza accenti critici su quell’“onda ugualitaria” per cui “in Occidente si è giunti ad affermare che non esista alcuna differenza: il soggetto è neutro, sceglie e costruisce da sé la propria identità; è proprietario di sé e risponde in primo luogo a se stesso”. Punto questo non pervenuto a cronisti e commentatori, in omaggio alla lobby che predica la teoria del gender.
Poi si passa alla “generatività come codice simbolico”, non solo dunque “generazione” fisica, poiché anche “donne imprenditrici e manager, ad esempio, che coltivano processi gestionali fondati sul rispetto, l’accoglienza, la valorizzazione delle differenze e delle competenze, generano e proteggono la vita esprimendo fecondità, [...] contro una involuzione della specie umana” che è un “rischio possibile laddove si coltivino in modo disarmonico le logiche della competizione e del potere”. E ci sarà molto - si prevede - da discutere, vien da commentare pensando alla realtà dei diffusi modelli assai poco femminili di tante donne in carriera.
Terzo verrà venerdì, e veniamo anche noi al dunque, “il corpo femminile tra cultura e biologia”, sotto cui la traccia riporta la frase finita su tutti i giornali, “la chirurgia estetica è come un burqa di carne”, peraltro virgolettata pure dalle curatrici della traccia stessa come affermazione di un’altra donna, corredata di una pertinente domanda: “lasciata la libertà di scelta, non è che siamo sotto il giogo culturale del modello femminile unico?”.
Stesso dubbio, in sostanza, che anche Nancy Brilli (compagna di un chirurgo estetico e ospite ieri alla presentazione, in qualità appunto di membro del gruppo “redattore” della traccia) poneva ai cronisti in sala stampa: “se uno altera la fisionomia con cui viene al mondo, e poi sta meglio, perché demonizzarlo? Se invece si tratta di diventare come si desidera che una donna sia... e chi lo decide come deve essere una donna?”.
Ci sarebbe pure da chiedersi, a margine, quali e quanti interventi dei chirurghi estetici, oberati di lavoro, non consistano in ‘ritocchi’ ispirati ad un modello, al canone estetico che va per la maggiore. Limitiamoci a riportare il sobrio commento, critico ma non certo polemico, del cardinal Ravasi (“quel che dice Nancy Brilly è vero”... altroché botta e risposta) sulla “crescita esponenziale”, oggi, “della chirurgia estetica per aderire a un modello estrinseco”, e niente più. Con la precisazione di oggi che nessuno condanna la chirurgia estetica “quando ha lo scopo di ricomporre l’armonia coll proprio corpo”, purché non si dimentichi che “i grandi problemi su questo tema della corporeità sono altri: la violenza sul corpo della donna e la sua mercificazione”.
Infine, quarto punto della traccia della plenaria, “donne e la religione: fuga o nuove forme di partecipazione alla vita della Chiesa?”, non nel senso di “strappare vesti e poltrone agli uomini” o “indossare qualche berretta color porpora”, si legge, semmai riflettere su “donne che hanno raggiunto magari con fatica posti di prestigio all’interno della società e del mondo del lavoro a cui non corrisponde alcun ruolo decisionale e di responsabilità all’interno della comunità ecclesiale”.
Se ne parlerà anche con Francesco all’udienza conclusiva in agenda sabato, mentre l’evento del teatro Argentina sarà trasmesso giovedì sera in differita su Rainews24. Presente ieri, per inciso, anche la presidente Rai Anna Tarantola, per riferire dell’impegno dell’azienda ad aumentare la presenza femminile sui propri canali, a “migliorare la rappresentazione femminile” (come dire, parole sue, “puoi aver successo, fare il tuo percorso di vita perché sei brava, non solo bella”), a lavorar su linguaggi e narrazioni con “racconti di donne vere”. Come all’ormai imminente Festival di Sanremo, dove è già annunciata tra non poche polemiche (che alla RAI sanno bene, portan comunque pubblicità) l’esibizione di una donna lei sì verissima: la drag queen austriaca Conchita Wurst.
di Paolo Fucili
Come clamori ed equivoci su dettagli - magari discutibili, ma pur sempre “dettagli” - distorcono la visione d’insieme. E’ la storia, già scritta ahinoi, dell’ormai prossima (si parte domani) Assemblea plenaria del Pontificio Consiglio della cultura, sulla viva e perciò interessante vieppiù questione della “culture femminili tra uguaglianza e differenza”. Ma pochi ormai, c’è da scommetterci, ci torneran sopra, dopo i due “casi” che han vivacizzato la vigilia.
Il primo è la versione inglese della video-presentazione dell’evento - affidata all’attrice Nancy Brilly - tacciata da qualcuno nientemeno che di “sexy vendita” da TV commerciale” e perciò rimossa, per amor di pace, dal sito del Pontificio Consiglio della cultura (“ma da internet non si cancella mai niente...”, replica la diretta interessata).
Il secondo, alla presentazione dell’evento ieri in sala stampa vaticana, il “burqa di carne” – sarebbe, notare il condizionale, la chirurgia estetica – capace di scatenare tra giornali, blog e via discorrendo una polemica non solo degna di miglior “causa”, ma soprattutto confondendo non poco le parti in “causa”, divenute banalmente “donne” contro “Chiesa” e nella fattispecie cardinale Ravasi, presidente del dicastero vaticano interessato.
Non un appunto invece, se proprio uno avesse voluto polemizzare, sul fatto che la solenne “plenaria” sarà celebrata a porte chiuse tra 31 membri (tutti cardinali e vescovi, tranne quattro) e 35 consultori (laici soprattutto) del Pontificio consiglio, tra cui solamente 6 donne, esigua pattuglia cui toccherà rappresentare in quell’augusto consesso quello “sguardo sul mondo e su tutto ciò che ci circonda, sulla vita e sull’esperienza, che è proprio delle donne”, le “culture femminili” del titolo. Ma con l’ausilio, ad onor del vero, di altre relatrici ospiti (tra cui l’atleta Fiona May e suor Eugenia Bonetti, l'angelo delle giovani donne sottratte al racket della prostituzione), senza trascurare che la traccia di lavoro di 4 giorni di programma è stata redatta - per una precisa e oculata scelta – proprio col contributo fondamentale di un gruppo di donne di varia provenienza ed estrazione, professionale e non solo, dalla stessa Nancy Brilli alle giornaliste Monica Maggioni e Paola Saluzzi, a suor Mary Melone, Rettore (unica donna, tra tutte le università pontificie) dell’Antonianum.
Celebrata dunque domani pomeriggio l’apertura al teatro Argentina di Roma, con ingresso libero e proiezione dello spettacolo audiovisivo “Lo sguardo delle donne”, si inizia giovedì con “uguaglianza e differenza: alla ricerca di un equilibro”. Si parla di donne che anche senza marito e figli “accolgono, includono, si adoperano per la mediazione, sono capaci di tenerezza e di perdono molto più degli uomini”, recita la citata traccia non senza accenti critici su quell’“onda ugualitaria” per cui “in Occidente si è giunti ad affermare che non esista alcuna differenza: il soggetto è neutro, sceglie e costruisce da sé la propria identità; è proprietario di sé e risponde in primo luogo a se stesso”. Punto questo non pervenuto a cronisti e commentatori, in omaggio alla lobby che predica la teoria del gender.
Poi si passa alla “generatività come codice simbolico”, non solo dunque “generazione” fisica, poiché anche “donne imprenditrici e manager, ad esempio, che coltivano processi gestionali fondati sul rispetto, l’accoglienza, la valorizzazione delle differenze e delle competenze, generano e proteggono la vita esprimendo fecondità, [...] contro una involuzione della specie umana” che è un “rischio possibile laddove si coltivino in modo disarmonico le logiche della competizione e del potere”. E ci sarà molto - si prevede - da discutere, vien da commentare pensando alla realtà dei diffusi modelli assai poco femminili di tante donne in carriera.
Terzo verrà venerdì, e veniamo anche noi al dunque, “il corpo femminile tra cultura e biologia”, sotto cui la traccia riporta la frase finita su tutti i giornali, “la chirurgia estetica è come un burqa di carne”, peraltro virgolettata pure dalle curatrici della traccia stessa come affermazione di un’altra donna, corredata di una pertinente domanda: “lasciata la libertà di scelta, non è che siamo sotto il giogo culturale del modello femminile unico?”.
Stesso dubbio, in sostanza, che anche Nancy Brilli (compagna di un chirurgo estetico e ospite ieri alla presentazione, in qualità appunto di membro del gruppo “redattore” della traccia) poneva ai cronisti in sala stampa: “se uno altera la fisionomia con cui viene al mondo, e poi sta meglio, perché demonizzarlo? Se invece si tratta di diventare come si desidera che una donna sia... e chi lo decide come deve essere una donna?”.
Ci sarebbe pure da chiedersi, a margine, quali e quanti interventi dei chirurghi estetici, oberati di lavoro, non consistano in ‘ritocchi’ ispirati ad un modello, al canone estetico che va per la maggiore. Limitiamoci a riportare il sobrio commento, critico ma non certo polemico, del cardinal Ravasi (“quel che dice Nancy Brilly è vero”... altroché botta e risposta) sulla “crescita esponenziale”, oggi, “della chirurgia estetica per aderire a un modello estrinseco”, e niente più. Con la precisazione di oggi che nessuno condanna la chirurgia estetica “quando ha lo scopo di ricomporre l’armonia coll proprio corpo”, purché non si dimentichi che “i grandi problemi su questo tema della corporeità sono altri: la violenza sul corpo della donna e la sua mercificazione”.
Infine, quarto punto della traccia della plenaria, “donne e la religione: fuga o nuove forme di partecipazione alla vita della Chiesa?”, non nel senso di “strappare vesti e poltrone agli uomini” o “indossare qualche berretta color porpora”, si legge, semmai riflettere su “donne che hanno raggiunto magari con fatica posti di prestigio all’interno della società e del mondo del lavoro a cui non corrisponde alcun ruolo decisionale e di responsabilità all’interno della comunità ecclesiale”.
Se ne parlerà anche con Francesco all’udienza conclusiva in agenda sabato, mentre l’evento del teatro Argentina sarà trasmesso giovedì sera in differita su Rainews24. Presente ieri, per inciso, anche la presidente Rai Anna Tarantola, per riferire dell’impegno dell’azienda ad aumentare la presenza femminile sui propri canali, a “migliorare la rappresentazione femminile” (come dire, parole sue, “puoi aver successo, fare il tuo percorso di vita perché sei brava, non solo bella”), a lavorar su linguaggi e narrazioni con “racconti di donne vere”. Come all’ormai imminente Festival di Sanremo, dove è già annunciata tra non poche polemiche (che alla RAI sanno bene, portan comunque pubblicità) l’esibizione di una donna lei sì verissima: la drag queen austriaca Conchita Wurst.
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