La “strada della Chiesa” è andare a “cercare, senza pregiudizi e senza paura, i lontani”.
Radio Vaticana - E’ uno dei passaggi più forti dell’appassionata omelia di Francesco nella Messa, nella Basilica di San Pietro, con i 20 nuovi cardinali all'indomani del Concistoro. Il Papa ha esortato i porporati a seguire Gesù, che ha scosso la mentalità “chiusa nella paura e autolimitata dai pregiudizi”, impegnandosi nel servire gli emarginati del nostro tempo. Ancora, il Papa ha messo in guardia i neo-cardinali dalla tentazione di isolarsi in una casta, che, ha ammonito, non ha nulla di ecclesiale. Il servizio di Alessandro Gisotti:
Gesù ha compassione di un lebbroso che supplica di purificarlo e lo guarisce. Francesco ha svolto la sua omelia muovendo dal passo del Vangelo domenicale che mostra una delle immagini più potenti della misericordia divina. Il lebbroso, ha infatti rammentato il Papa rivolgendosi innanzitutto ai 20 nuovi cardinali, era “abbandonato dai propri familiari, evitato dalle altre persone, emarginato dalla società”. Era considerato impuro e, dunque, la finalità del suo isolamento era “salvare i sani, proteggere i giusti” dal rischio del contagio.
Gesù vince i pregiudizi e reintegra il lebbroso emarginato
Gesù però, ha soggiunto, “si lascia coinvolgere nel dolore e nel bisogno della gente”, non si “vergogna di avere ‘compassione’”, “patire-con” il sofferente e per questo agisce in concreto per “reintegrare l’emarginato”. Così facendo, quindi, “rivoluziona e scuote con forza quella mentalità chiusa nella paura e autolimitata dai pregiudizi”:
“Gesù, nuovo Mosè, ha voluto guarire il lebbroso, l’ha voluto toccare, l’ha voluto reintegrare nella comunità, senza ‘autolimitarsi’ nei pregiudizi; senza adeguarsi alla mentalità dominante della gente; senza preoccuparsi affatto del contagio. Gesù risponde alla supplica del lebbroso senza indugio e senza i soliti rimandi per studiare la situazione e tutte le eventuali conseguenze! Per Gesù ciò che conta, soprattutto, è raggiungere e salvare i lontani, curare le ferite dei malati, reintegrare tutti nella famiglia di Dio. E questo scandalizza qualcuno!”
Gesù, ha proseguito Francesco in una Basilica petrina gremita di fedeli, “non ha paura di questo tipo di scandalo! Egli non pensa alle persone chiuse che si scandalizzano addirittura per una guarigione, che si scandalizzano di fronte a qualsiasi apertura, a qualsiasi passo che non entri nei loro schemi mentali e spirituali”. Non pensa a quanti si scandalizzano difronte “a qualsiasi carezza o tenerezza che non corrisponda alle loro abitudini di pensiero e alla loro purità ritualistica. Egli ha voluto integrare gli emarginati, salvare coloro che sono fuori dall’accampamento”.
Effondere la misericordia di Dio a chi la chiede con cuore sincero
Francesco ha così constatato che ci “sono due logiche di pensiero e di fede: la paura di perdere i salvati e il desiderio di salvare i perduti”:
“Anche oggi accade, a volte, di trovarci nell’incrocio di queste due logiche: quella dei dottori della legge, ossia emarginare il pericolo allontanando la persona contagiata, e la logica di Dio che, con la sua misericordia, abbraccia e accoglie reintegrando e trasfigurando il male in bene, la condanna in salvezza e l’esclusione in annuncio”.
Queste due logiche, ha ribadito, “percorrono tutta la storia della Chiesa: emarginare e reintegrare”. E tuttavia, ha sottolineato, dal Concilio di Gerusalemme, la “strada della Chiesa” è “sempre quella di Gesù, della misericordia e dell’integrazione”: non “fare entrare i lupi nel gregge, ma accogliere il figlio prodigo pentito”:
“La strada della Chiesa è quella di non condannare eternamente nessuno; di effondere la misericordia di Dio a tutte le persone che la chiedono con cuore sincero; la strada della Chiesa è proprio quella di uscire dal proprio recinto per andare a cercare i lontani nelle “periferie” essenziali dell’esistenza; quella di adottare integralmente la logica di Dio; di seguire il Maestro che disse: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori» (Lc 5,31-32)”.
La strada della Chiesa è cercare i lontani senza paura e pregiudizi
Guarendo il lebbroso, ha annotato il Papa, “Gesù non reca alcun danno a chi è sano, anzi lo libera dalla paura; non gli apporta un pericolo ma gli dona un fratello; non disprezza la Legge ma apprezza l’uomo, per il quale Dio ha ispirato la Legge”. Ed ha evidenziato che la carità “non può essere neutra, asettica, indifferente, tiepida o imparziale”. La carità, piuttosto, “è creativa nel trovare il linguaggio giusto per comunicare con tutti coloro che vengono ritenuti inguaribili e quindi intoccabili”. “Il contatto – ha detto – è il vero linguaggio comunicativo, lo stesso linguaggio affettivo che ha trasmesso al lebbroso la guarigione”.
“Cari nuovi Cardinali, questa è la logica di Gesù, questa è la strada della Chiesa: non solo accogliere e integrare, con coraggio evangelico, quelli che bussano alla nostra porta, ma uscire, andare a cercare, senza pregiudizi e senza paura, i lontani manifestando loro gratuitamente ciò che noi abbiamo gratuitamente ricevuto. «Chi dice di rimanere in [Cristo], deve anch’egli comportarsi come lui si è comportato» (1 Gv 2,6). La totale disponibilità nel servire gli altri è il nostro segno distintivo, è l’unico nostro titolo di onore!”.
Servire chi soffre senza isolarsi in una casta
E sempre rivolgendosi ai nuovi porporati, nel giorno in cui hanno ricevuto il titolo cardinalizio, il Papa li ha esortati “a non avere paura di accogliere con tenerezza gli emarginati; a non avere paura della tenerezza” e “della compassione”. Maria, ha soggiunto, “ci rivesta di pazienza nell’accompagnarli nel loro cammino, senza cercare i risultati di un successo mondano”:
“Cari fratelli, guardando a Gesù e alla nostra Madre, vi esorto a servire la Chiesa in modo tale che i cristiani - edificati dalla nostra testimonianza - non siano tentati di stare con Gesù senza voler stare con gli emarginati, isolandosi in una casta che nulla ha di autenticamente ecclesiale. Vi esorto a servire Gesù crocifisso in ogni persona emarginata, per qualsiasi motivo; a vedere il Signore in ogni persona esclusa che ha fame, che ha sete, che è nuda”.
Sul Vangelo degli emarginati si rivela la nostra credibilità
Il Signore, ha ripreso il Papa, è “presente anche in coloro che hanno perso la fede” o “che si dichiarano atei”. “Non scopriamo il Signore se non accogliamo in modo autentico l’emarginato”, ha poi ammonito ricordando “l’immagine di San Francesco che non ha avuto paura di abbracciare il lebbroso e di accogliere coloro che soffrono qualsiasi genere di emarginazione”. In realtà, ha concluso Francesco, proprio “sul Vangelo degli emarginati, si gioca, si scopre e si rivela la nostra credibilità!”.
Radio Vaticana - E’ uno dei passaggi più forti dell’appassionata omelia di Francesco nella Messa, nella Basilica di San Pietro, con i 20 nuovi cardinali all'indomani del Concistoro. Il Papa ha esortato i porporati a seguire Gesù, che ha scosso la mentalità “chiusa nella paura e autolimitata dai pregiudizi”, impegnandosi nel servire gli emarginati del nostro tempo. Ancora, il Papa ha messo in guardia i neo-cardinali dalla tentazione di isolarsi in una casta, che, ha ammonito, non ha nulla di ecclesiale. Il servizio di Alessandro Gisotti:
Gesù ha compassione di un lebbroso che supplica di purificarlo e lo guarisce. Francesco ha svolto la sua omelia muovendo dal passo del Vangelo domenicale che mostra una delle immagini più potenti della misericordia divina. Il lebbroso, ha infatti rammentato il Papa rivolgendosi innanzitutto ai 20 nuovi cardinali, era “abbandonato dai propri familiari, evitato dalle altre persone, emarginato dalla società”. Era considerato impuro e, dunque, la finalità del suo isolamento era “salvare i sani, proteggere i giusti” dal rischio del contagio.
Gesù vince i pregiudizi e reintegra il lebbroso emarginato
Gesù però, ha soggiunto, “si lascia coinvolgere nel dolore e nel bisogno della gente”, non si “vergogna di avere ‘compassione’”, “patire-con” il sofferente e per questo agisce in concreto per “reintegrare l’emarginato”. Così facendo, quindi, “rivoluziona e scuote con forza quella mentalità chiusa nella paura e autolimitata dai pregiudizi”:
“Gesù, nuovo Mosè, ha voluto guarire il lebbroso, l’ha voluto toccare, l’ha voluto reintegrare nella comunità, senza ‘autolimitarsi’ nei pregiudizi; senza adeguarsi alla mentalità dominante della gente; senza preoccuparsi affatto del contagio. Gesù risponde alla supplica del lebbroso senza indugio e senza i soliti rimandi per studiare la situazione e tutte le eventuali conseguenze! Per Gesù ciò che conta, soprattutto, è raggiungere e salvare i lontani, curare le ferite dei malati, reintegrare tutti nella famiglia di Dio. E questo scandalizza qualcuno!”
Gesù, ha proseguito Francesco in una Basilica petrina gremita di fedeli, “non ha paura di questo tipo di scandalo! Egli non pensa alle persone chiuse che si scandalizzano addirittura per una guarigione, che si scandalizzano di fronte a qualsiasi apertura, a qualsiasi passo che non entri nei loro schemi mentali e spirituali”. Non pensa a quanti si scandalizzano difronte “a qualsiasi carezza o tenerezza che non corrisponda alle loro abitudini di pensiero e alla loro purità ritualistica. Egli ha voluto integrare gli emarginati, salvare coloro che sono fuori dall’accampamento”.
Effondere la misericordia di Dio a chi la chiede con cuore sincero
Francesco ha così constatato che ci “sono due logiche di pensiero e di fede: la paura di perdere i salvati e il desiderio di salvare i perduti”:
“Anche oggi accade, a volte, di trovarci nell’incrocio di queste due logiche: quella dei dottori della legge, ossia emarginare il pericolo allontanando la persona contagiata, e la logica di Dio che, con la sua misericordia, abbraccia e accoglie reintegrando e trasfigurando il male in bene, la condanna in salvezza e l’esclusione in annuncio”.
Queste due logiche, ha ribadito, “percorrono tutta la storia della Chiesa: emarginare e reintegrare”. E tuttavia, ha sottolineato, dal Concilio di Gerusalemme, la “strada della Chiesa” è “sempre quella di Gesù, della misericordia e dell’integrazione”: non “fare entrare i lupi nel gregge, ma accogliere il figlio prodigo pentito”:
“La strada della Chiesa è quella di non condannare eternamente nessuno; di effondere la misericordia di Dio a tutte le persone che la chiedono con cuore sincero; la strada della Chiesa è proprio quella di uscire dal proprio recinto per andare a cercare i lontani nelle “periferie” essenziali dell’esistenza; quella di adottare integralmente la logica di Dio; di seguire il Maestro che disse: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori» (Lc 5,31-32)”.
La strada della Chiesa è cercare i lontani senza paura e pregiudizi
Guarendo il lebbroso, ha annotato il Papa, “Gesù non reca alcun danno a chi è sano, anzi lo libera dalla paura; non gli apporta un pericolo ma gli dona un fratello; non disprezza la Legge ma apprezza l’uomo, per il quale Dio ha ispirato la Legge”. Ed ha evidenziato che la carità “non può essere neutra, asettica, indifferente, tiepida o imparziale”. La carità, piuttosto, “è creativa nel trovare il linguaggio giusto per comunicare con tutti coloro che vengono ritenuti inguaribili e quindi intoccabili”. “Il contatto – ha detto – è il vero linguaggio comunicativo, lo stesso linguaggio affettivo che ha trasmesso al lebbroso la guarigione”.
“Cari nuovi Cardinali, questa è la logica di Gesù, questa è la strada della Chiesa: non solo accogliere e integrare, con coraggio evangelico, quelli che bussano alla nostra porta, ma uscire, andare a cercare, senza pregiudizi e senza paura, i lontani manifestando loro gratuitamente ciò che noi abbiamo gratuitamente ricevuto. «Chi dice di rimanere in [Cristo], deve anch’egli comportarsi come lui si è comportato» (1 Gv 2,6). La totale disponibilità nel servire gli altri è il nostro segno distintivo, è l’unico nostro titolo di onore!”.
Servire chi soffre senza isolarsi in una casta
E sempre rivolgendosi ai nuovi porporati, nel giorno in cui hanno ricevuto il titolo cardinalizio, il Papa li ha esortati “a non avere paura di accogliere con tenerezza gli emarginati; a non avere paura della tenerezza” e “della compassione”. Maria, ha soggiunto, “ci rivesta di pazienza nell’accompagnarli nel loro cammino, senza cercare i risultati di un successo mondano”:
“Cari fratelli, guardando a Gesù e alla nostra Madre, vi esorto a servire la Chiesa in modo tale che i cristiani - edificati dalla nostra testimonianza - non siano tentati di stare con Gesù senza voler stare con gli emarginati, isolandosi in una casta che nulla ha di autenticamente ecclesiale. Vi esorto a servire Gesù crocifisso in ogni persona emarginata, per qualsiasi motivo; a vedere il Signore in ogni persona esclusa che ha fame, che ha sete, che è nuda”.
Sul Vangelo degli emarginati si rivela la nostra credibilità
Il Signore, ha ripreso il Papa, è “presente anche in coloro che hanno perso la fede” o “che si dichiarano atei”. “Non scopriamo il Signore se non accogliamo in modo autentico l’emarginato”, ha poi ammonito ricordando “l’immagine di San Francesco che non ha avuto paura di abbracciare il lebbroso e di accogliere coloro che soffrono qualsiasi genere di emarginazione”. In realtà, ha concluso Francesco, proprio “sul Vangelo degli emarginati, si gioca, si scopre e si rivela la nostra credibilità!”.
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