Sarebbero oltre 300 i morti nei naufragi avvenuti negli ultimi giorni nel mare di Sicilia. La denuncia è dell’Alto commissariato Onu per i rifugiati. E all’udienza generale alto si è levato il richiamo del Papa. Il servizio di Francesca Sabatinelli:
Radio Vaticana - E’ accorato l’appello del Papa, che invoca più solidarietà per chi arriva dal mare rischiando la vita:
"Seguo con preoccupazione le notizie giunte da Lampedusa, dove si contano altri morti tra gli immigrati a causa del freddo lungo la traversata del Mediterraneo. Desidero assicurare la mia preghiera per le vittime e incoraggiare nuovamente alla solidarietà, affinché a nessuno manchi il necessario soccorso".
Sono oltre 330 le vittime, è l’Unhcr che ne ha dato notizia, raccogliendo le testimonianze dei superstiti che hanno parlato di quattro gommoni partiti dalla Libia, probabilmente ciascuno con un centinaio di persone a bordo, e due dei quali naufragati: 420 i migranti partiti in tutto. E’ una delle più gravi tragedie dell’immigrazione degli ultimi tre anni. Le imbarcazioni, erano partite con mare "forza 7", senza cibo né acqua per oltre un giorno. A bordo giovanissimi, provenienti dai Paesi subsahariani, i sopravvissuti hanno raccontato di essere stati costretti a salire sui gommoni con la forza dai trafficanti, minacciati con armi e bastoni, derubati dei loro beni.
L’operazione "Triton", entrata in vigore alla fine del 2014 in sostituzione di quella italiana "Mare Nostrum", “non è all’altezza dei compiti” che deve svolgere è stata la denuncia oggi del Consiglio d’Europa. L’Europa ha bisogno di un sistema di ricerca e salvataggio efficace, si chiede da Strasburgo: “Questa tragedia è un’altra sciagura che poteva essere evitata”. Tra i quattro gommoni partiti dalla Libia, anche quello che domenica è stato soccorso dalla Guardia costiera e che purtroppo ha visto morire di freddo 29 persone. Tra i soccorritori, c’era Salvatore Caputo, infermiere di lunga esperienza, volontario del Cisom, il corpo di Soccorso dell’Ordine di Malta, da anni presente a Lampedusa e a bordo delle motovedette che soccorrono i migranti:
R. - Questa volta, purtroppo, è toccato a me fare la conta dei morti. L’ho vissuta direttamente a bordo della motovedetta. Domenica siamo stati chiamati, ci hanno allertato. Siamo partiti con la motovedetta e abbiamo affrontato cinque ore di navigazione con mare grosso per giungere sul posto a circa 130 miglia dalla costa di Lampedusa, al confine con le acque libiche. Le motovedette erano due, alla fine abbiamo trovato questo gommone con 105 migranti a bordo. I primi 60 sono stati caricati sulla nostra motovedetta, gli altri sulla seconda. Siamo partiti con condizioni veramente proibitive. Durante la traversata, nel corso della notte, facevamo pochissime miglia perché le condizioni meteo marine non consentivano di poter viaggiare a velocità sostenuta. Tra l’altro, avendo questi migranti a bordo non potevamo correre perché avrebbero avvertito ancora più freddo di quanto già sentivano. Nel corso della notte, dopo aver distribuito copertine isotermiche, offerto pasti caldi e fatto tutto il possibile, qualcuno non ce l’ha fatta. Mi sembra che il primo sia morto intorno alle 5. Il viaggio di ritorno è durato circa 21-22 ore, quindi può immaginare: un mare in tempesta forza otto, un vento che soffiava 72-75 km orari, onde alte dieci metri, un’apocalisse. Francamente, ci siamo spaventati, abbiamo avuto paura anche noi. Eravamo in una situazione veramente triste, vedevamo i ragazzi che continuavano a morire uno dopo l’altro. A turno li facevamo venire nella piccolissima plancia per cercare di dare loro un riparo e un ristoro caldo, però loro si accalcavano e nel concentrarsi tutti insieme in un posto chi era più debole soccombeva.
D. - Questi ragazzi sono morti per ipotermia, sono morti di freddo …
R. - Sì, tutti per ipotermia, perché ovviamente l’acqua veniva da tutte le parti, si sono bagnati. Si sono tolti i vestiti e sono rimasti solo con le copertine isotermi, però una copertina isotermica non risolve il problema in mare aperto e in quelle condizioni.
D. - Le vittime, è stato detto, erano tutti giovanissimi, addirittura tre a i 15 e i 20 anni…
R. - Sì, giovanissimi, anche quelli che si sono salvati sono giovanissimi. La media è di 25 anni. Tra le vittime ci sono due minorenni di 17 anni, mi pare, tutti non identificati, tranne uno. Sappiamo che sono tutti subsahariani, per la maggior parte. Alcuni miei colleghi, soprattutto chi è alle prime esperienze, sono provati da questo fatto. Magari io sono più avvezzo a queste cose perché tanti anni di pronto soccorso mi hanno un po’ abituato, però ho pianto, perché vedere ragazzi di 20 anni morire sotto i tuoi occhi e sentire quel senso di impotenza fa male. Vederli morire è qualcosa di disumano. È difficile da descrivere...
Radio Vaticana - E’ accorato l’appello del Papa, che invoca più solidarietà per chi arriva dal mare rischiando la vita:
"Seguo con preoccupazione le notizie giunte da Lampedusa, dove si contano altri morti tra gli immigrati a causa del freddo lungo la traversata del Mediterraneo. Desidero assicurare la mia preghiera per le vittime e incoraggiare nuovamente alla solidarietà, affinché a nessuno manchi il necessario soccorso".
Sono oltre 330 le vittime, è l’Unhcr che ne ha dato notizia, raccogliendo le testimonianze dei superstiti che hanno parlato di quattro gommoni partiti dalla Libia, probabilmente ciascuno con un centinaio di persone a bordo, e due dei quali naufragati: 420 i migranti partiti in tutto. E’ una delle più gravi tragedie dell’immigrazione degli ultimi tre anni. Le imbarcazioni, erano partite con mare "forza 7", senza cibo né acqua per oltre un giorno. A bordo giovanissimi, provenienti dai Paesi subsahariani, i sopravvissuti hanno raccontato di essere stati costretti a salire sui gommoni con la forza dai trafficanti, minacciati con armi e bastoni, derubati dei loro beni.
L’operazione "Triton", entrata in vigore alla fine del 2014 in sostituzione di quella italiana "Mare Nostrum", “non è all’altezza dei compiti” che deve svolgere è stata la denuncia oggi del Consiglio d’Europa. L’Europa ha bisogno di un sistema di ricerca e salvataggio efficace, si chiede da Strasburgo: “Questa tragedia è un’altra sciagura che poteva essere evitata”. Tra i quattro gommoni partiti dalla Libia, anche quello che domenica è stato soccorso dalla Guardia costiera e che purtroppo ha visto morire di freddo 29 persone. Tra i soccorritori, c’era Salvatore Caputo, infermiere di lunga esperienza, volontario del Cisom, il corpo di Soccorso dell’Ordine di Malta, da anni presente a Lampedusa e a bordo delle motovedette che soccorrono i migranti:
R. - Questa volta, purtroppo, è toccato a me fare la conta dei morti. L’ho vissuta direttamente a bordo della motovedetta. Domenica siamo stati chiamati, ci hanno allertato. Siamo partiti con la motovedetta e abbiamo affrontato cinque ore di navigazione con mare grosso per giungere sul posto a circa 130 miglia dalla costa di Lampedusa, al confine con le acque libiche. Le motovedette erano due, alla fine abbiamo trovato questo gommone con 105 migranti a bordo. I primi 60 sono stati caricati sulla nostra motovedetta, gli altri sulla seconda. Siamo partiti con condizioni veramente proibitive. Durante la traversata, nel corso della notte, facevamo pochissime miglia perché le condizioni meteo marine non consentivano di poter viaggiare a velocità sostenuta. Tra l’altro, avendo questi migranti a bordo non potevamo correre perché avrebbero avvertito ancora più freddo di quanto già sentivano. Nel corso della notte, dopo aver distribuito copertine isotermiche, offerto pasti caldi e fatto tutto il possibile, qualcuno non ce l’ha fatta. Mi sembra che il primo sia morto intorno alle 5. Il viaggio di ritorno è durato circa 21-22 ore, quindi può immaginare: un mare in tempesta forza otto, un vento che soffiava 72-75 km orari, onde alte dieci metri, un’apocalisse. Francamente, ci siamo spaventati, abbiamo avuto paura anche noi. Eravamo in una situazione veramente triste, vedevamo i ragazzi che continuavano a morire uno dopo l’altro. A turno li facevamo venire nella piccolissima plancia per cercare di dare loro un riparo e un ristoro caldo, però loro si accalcavano e nel concentrarsi tutti insieme in un posto chi era più debole soccombeva.
D. - Questi ragazzi sono morti per ipotermia, sono morti di freddo …
R. - Sì, tutti per ipotermia, perché ovviamente l’acqua veniva da tutte le parti, si sono bagnati. Si sono tolti i vestiti e sono rimasti solo con le copertine isotermi, però una copertina isotermica non risolve il problema in mare aperto e in quelle condizioni.
D. - Le vittime, è stato detto, erano tutti giovanissimi, addirittura tre a i 15 e i 20 anni…
R. - Sì, giovanissimi, anche quelli che si sono salvati sono giovanissimi. La media è di 25 anni. Tra le vittime ci sono due minorenni di 17 anni, mi pare, tutti non identificati, tranne uno. Sappiamo che sono tutti subsahariani, per la maggior parte. Alcuni miei colleghi, soprattutto chi è alle prime esperienze, sono provati da questo fatto. Magari io sono più avvezzo a queste cose perché tanti anni di pronto soccorso mi hanno un po’ abituato, però ho pianto, perché vedere ragazzi di 20 anni morire sotto i tuoi occhi e sentire quel senso di impotenza fa male. Vederli morire è qualcosa di disumano. È difficile da descrivere...
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