Continua l'avanzata territoriale del sedicente Stato Islamico, che in Libia ha conquistato la città di Sirte e una vicina centrale elettrica, dopo essersi scontrato con le forze di Misurata.
Radio Vaticana - Pochi, inoltre, i progressi dei negoziati di pace. Il governo di Tobruk, internazionalmente riconosciuto, ha bocciato la proposta di formazione di un governo di unità nazionale, avanzata dal mediatore Onu, Bernardino Leon. Eugenio Murrali ha intervistato Massimo Campanini, docente di Studi islamici presso l'Università di Trento:
R. – L’Is cerca un radicamento territoriale, perché, da un punto di vista strettamente strategico, deve consolidare un certo tipo di struttura e, se vogliamo, anche di governo, che, secondo me, finora non ha. Bisognerebbe in tutti i modi cercare di impedire questo radicamento territoriale. Io ho l’impressione che il cosiddetto Occidente finora non abbia combattuto l’Is inmisura veramente efficace. Mi pare, se posso dirlo in maniera un po’ provocatoria, che l’Is possa far comodo. Voglio dire che l’Is catalizza un po’ tutte quelle tendenze che, da tempo immemorabile, l’Occidente ha avuto, cioè quelle a costruirsi il nemico.
D. - E’ verosimile la nascita di un governo di unità nazionale che sia davvero espressione delle istanze libiche?
R. – La Libia è classicamente un Paese costruito dal colonialismo tracciando righe di confine su una mappa. La Libia non è mai esistita. La Tripolitania, la Cirenaica e il Fezzan sono stati messi insieme prima dal colonialismo italiano e poi dalla Francia, dalla Gran Bretagna e dagli Stati Uniti, quando hanno favorito la nascita del governo unitario di Re Idris. Vista l’inesistenza di una Libia, le questioni tribali, il fatto che il governo di Gheddafi non è certo stato in grado di omogeneizzare questa molteplicità… è chiaro che, una volta caduto Gheddafi, queste forze centrifughe si sono scatenate. E, quindi, ridurre a sintesi tutto questo è molto, molto difficile. Ciò costituisce un terreno favorevole a una strategia come quella dell’Is.
D. - Soprattutto dopo il rifiuto da parte del governo di Tobruk della proposta del mediatore delle Nazioni Unite, Bernardino Leon, che ruolo potrà ancora avere l’Onu in Libia?
R. – Secondo me è tutta la strategia che l’Occidente ha seguito in questi anni che deve essere ripensata. Il potenziale ruolo dell’Onu nella soluzione del problema libico si inquadra in una rilettura completa, alla base, della strategia mediorientale dell’Occidente, dell’Europa e degli Stati Uniti. Questo poi è legato alla politica ondivaga, incerta, che l’Occidente ha avuto fin dal principio nei confronti dell’Is.
D. – Nell’eventualità di un governo di unità nazionale, che posto andrebbe a occupare il sedicente Stato islamico?
R. – Io credo che, se ma si realizzasse un governo di unità nazionale, in una situazione eufemisticamente di normalità, loStato Islamico non avrebbe un ruolo. Nel senso che il ruolo dell’Is è distruttivo, non costruttivo. E’ chiaro che poi eventualmente l’Is potrebbe costruire, ma la sua stessa ideologia è un’ideologia di distruzione, di frantumazione, di “fitna”, come si dice in linguaggio tecnico, del pensiero politico islamico. Per cui, se le forze e le realtà politiche normali e regolari della Libia si mettessero effettivamente insieme con un governo di unità nazionale, credo che spazio per l’Is non ci sarebbe. Poi bisogna vedere anche chi è questa gente dell’Is, chi c’è veramente dietro. E’ tutta una storia molto complessa e molto oscura. Le responsabilità stesse dell’Occidente, secondo me, non sono da trascurare.
Radio Vaticana - Pochi, inoltre, i progressi dei negoziati di pace. Il governo di Tobruk, internazionalmente riconosciuto, ha bocciato la proposta di formazione di un governo di unità nazionale, avanzata dal mediatore Onu, Bernardino Leon. Eugenio Murrali ha intervistato Massimo Campanini, docente di Studi islamici presso l'Università di Trento:
R. – L’Is cerca un radicamento territoriale, perché, da un punto di vista strettamente strategico, deve consolidare un certo tipo di struttura e, se vogliamo, anche di governo, che, secondo me, finora non ha. Bisognerebbe in tutti i modi cercare di impedire questo radicamento territoriale. Io ho l’impressione che il cosiddetto Occidente finora non abbia combattuto l’Is inmisura veramente efficace. Mi pare, se posso dirlo in maniera un po’ provocatoria, che l’Is possa far comodo. Voglio dire che l’Is catalizza un po’ tutte quelle tendenze che, da tempo immemorabile, l’Occidente ha avuto, cioè quelle a costruirsi il nemico.
D. - E’ verosimile la nascita di un governo di unità nazionale che sia davvero espressione delle istanze libiche?
R. – La Libia è classicamente un Paese costruito dal colonialismo tracciando righe di confine su una mappa. La Libia non è mai esistita. La Tripolitania, la Cirenaica e il Fezzan sono stati messi insieme prima dal colonialismo italiano e poi dalla Francia, dalla Gran Bretagna e dagli Stati Uniti, quando hanno favorito la nascita del governo unitario di Re Idris. Vista l’inesistenza di una Libia, le questioni tribali, il fatto che il governo di Gheddafi non è certo stato in grado di omogeneizzare questa molteplicità… è chiaro che, una volta caduto Gheddafi, queste forze centrifughe si sono scatenate. E, quindi, ridurre a sintesi tutto questo è molto, molto difficile. Ciò costituisce un terreno favorevole a una strategia come quella dell’Is.
D. - Soprattutto dopo il rifiuto da parte del governo di Tobruk della proposta del mediatore delle Nazioni Unite, Bernardino Leon, che ruolo potrà ancora avere l’Onu in Libia?
R. – Secondo me è tutta la strategia che l’Occidente ha seguito in questi anni che deve essere ripensata. Il potenziale ruolo dell’Onu nella soluzione del problema libico si inquadra in una rilettura completa, alla base, della strategia mediorientale dell’Occidente, dell’Europa e degli Stati Uniti. Questo poi è legato alla politica ondivaga, incerta, che l’Occidente ha avuto fin dal principio nei confronti dell’Is.
D. – Nell’eventualità di un governo di unità nazionale, che posto andrebbe a occupare il sedicente Stato islamico?
R. – Io credo che, se ma si realizzasse un governo di unità nazionale, in una situazione eufemisticamente di normalità, loStato Islamico non avrebbe un ruolo. Nel senso che il ruolo dell’Is è distruttivo, non costruttivo. E’ chiaro che poi eventualmente l’Is potrebbe costruire, ma la sua stessa ideologia è un’ideologia di distruzione, di frantumazione, di “fitna”, come si dice in linguaggio tecnico, del pensiero politico islamico. Per cui, se le forze e le realtà politiche normali e regolari della Libia si mettessero effettivamente insieme con un governo di unità nazionale, credo che spazio per l’Is non ci sarebbe. Poi bisogna vedere anche chi è questa gente dell’Is, chi c’è veramente dietro. E’ tutta una storia molto complessa e molto oscura. Le responsabilità stesse dell’Occidente, secondo me, non sono da trascurare.
Tweet |
Sono presenti 0 commenti
Inserisci un commento
Gentile lettore, i commenti contententi un linguaggio scorretto e offensivo verranno rimossi.