I 28 leader dei paesi membri dell’Unione europea sono a Bruxelles per cercare difficili accordi su due questioni spinose, quella della Grecia e quella dell’immigrazione. E mentre una decisione sul destino di Atene sembra definitivamente rinviato a sabato, sul fronte dell’immigrazione le discussioni cominciano partendo da posizioni lontane. Il servizio di Samantha Agrò:
Radio Vaticana -A Bruxelles si continua a lavorare per trovare una soluzione per la Grecia. Ma le posizioni di Atene e quelle dell’Europa al momento sono troppo distanti per arrivare a una soluzione che soddisfi tutti. Anche se per il momento tutti restano sufficientemente ottimisti che alla fine un accordo si troverà. Ma quasi sicuramente non prima di sabato. E cosi l’attenzione dei leader europei si concentra su un altro tema incandescente. Quello dell’immigrazione. Sul tavolo ci sono le proposte avanzate da Junker:"redistribuzione e reinsediamento, rimpatri e reintegrazione, e cooperazione con i paesi di origine e transito". Ma come ammette il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk "Non c'è consenso tra gli Stati membri sulle quote obbligatorie" per i profughi. Ma spiragli di ottimismo vengono dall’Alto rappresentante dell’Unione europea Federica Mogherini, secondo cui è possibile raggiungere una soluzione non perfetta, ma comunque rivoluzionaria nell’accogliere il principio di solidarietà che sino a qualche giorno fa non era sul tavolo". E anche il premier italiano Matteo Renzi si dice “molto ottimista” sul fatto che l’Italia possa far sentire la sua voce. Mentre la Cancelliera tedesca Angela Merkel constata che l’Europa non può permettersi tensioni tra i suoi stati membri e che serve più solidarietà.
Atene resta ferma sulle sue posizioni e punta il dito contro la rigidità di alcune istituzioni, a partire dal Fondo Monetario Internazionale. Un conflitto che ruota intorno al problema dell’austerità e che riflette le diverse visioni culturali all'interno dell'Unione Europea, come afferma l'economista Stefano Zamagni al microfono di Emanuela Campanile:
R. – Buona parte dei conflitti, in questa nostra Europa, sono dovuti alla diversità delle visioni del mondo e delle matrici culturali. Ecco perché le stesse proposte della Grecia avanzate da altri Paesi sono state accolte e quelle della Grecia no. Il punto è che l’austerità di cui anche i bambini e i sassi ormai sanno, è figlia di una particolare concezione tipica della tradizione di pensiero tedesca, in base alla quale questa serve per punire, cioè "dire il colpevole", chi ha sbagliato – e la Grecia ha sbagliato ripetutamente – deve essere punito. Dopo che ha scontato la pena allora ci potrà esser la redenzione. Una filosofia completamente opposta a quella anglosassone; gli inglesi da bravi pragmatici dicono che prima bisogna far funzionare la macchina, rimettere in sesto l’ammalato e dopo - se mai - lo penalizziamo, lo multiamo …
D. - Ma la Grecia potrà "tirare avanti" ancora per molto in questo braccio di ferro?
R. - Un punto su cui tutti sono d’accordo a prescindere da chi sta da una parte e dall’altra è che la questione greca è stata gestita male. Quindi c’è una responsabilità in Europa di chi ha guidato la danza iniziata nel 2010. Allora, cioè cinque anni fa, sarebbe stato possibile con interventi tutto sommato limitati, si parla di 50 miliardi di Euro, limitati per un’Europa intera, la situazione avrebbe potuto essere raddrizzata. Invece non si è voluto farlo perché – e lo sappiamo – bisognava proteggere le grandi banche dell’Europa continentale.
D. - Ci sarà un elemento che va contro tendenza nell’Eurogruppo …
R. - No, perché dell’Eurogruppo questo è il punto; l’Inghilterra non fa parte di questo gruppo. Se l’Inghilterra facesse o avesse fatto parte le cose sarebbero andate diversamente. Perché l’Inghilterra nel suo Paese non ha seguito la linea dell’austerità? Perché gli Stati Uniti non hanno seguito la politica dell’austerità e ora sono fuori già da tempo dalla crisi? E l’Inghilterra se avesse fatto parte dell’Eurogruppo si sarebbe opposta, avrebbe ingaggiato questa dialettica con la Germania. Invece nei confronti della potenza notevole della Germania gli altri Paesi - come la Francia - che in teoria avrebbero potuto, ma avendo le difficoltà di tipo strutturale che ben sappiamo hanno ritenuto di accodarsi in cambio di qualche piccolo favore di un tipo o dell’altro. L’Italia naturalmente sulla scena europea non riesce a "forare quei video" – per dirla in termini scherzosi - e quindi gli altri Paesi fanno corona alla Germania.
Radio Vaticana -A Bruxelles si continua a lavorare per trovare una soluzione per la Grecia. Ma le posizioni di Atene e quelle dell’Europa al momento sono troppo distanti per arrivare a una soluzione che soddisfi tutti. Anche se per il momento tutti restano sufficientemente ottimisti che alla fine un accordo si troverà. Ma quasi sicuramente non prima di sabato. E cosi l’attenzione dei leader europei si concentra su un altro tema incandescente. Quello dell’immigrazione. Sul tavolo ci sono le proposte avanzate da Junker:"redistribuzione e reinsediamento, rimpatri e reintegrazione, e cooperazione con i paesi di origine e transito". Ma come ammette il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk "Non c'è consenso tra gli Stati membri sulle quote obbligatorie" per i profughi. Ma spiragli di ottimismo vengono dall’Alto rappresentante dell’Unione europea Federica Mogherini, secondo cui è possibile raggiungere una soluzione non perfetta, ma comunque rivoluzionaria nell’accogliere il principio di solidarietà che sino a qualche giorno fa non era sul tavolo". E anche il premier italiano Matteo Renzi si dice “molto ottimista” sul fatto che l’Italia possa far sentire la sua voce. Mentre la Cancelliera tedesca Angela Merkel constata che l’Europa non può permettersi tensioni tra i suoi stati membri e che serve più solidarietà.
Atene resta ferma sulle sue posizioni e punta il dito contro la rigidità di alcune istituzioni, a partire dal Fondo Monetario Internazionale. Un conflitto che ruota intorno al problema dell’austerità e che riflette le diverse visioni culturali all'interno dell'Unione Europea, come afferma l'economista Stefano Zamagni al microfono di Emanuela Campanile:
R. – Buona parte dei conflitti, in questa nostra Europa, sono dovuti alla diversità delle visioni del mondo e delle matrici culturali. Ecco perché le stesse proposte della Grecia avanzate da altri Paesi sono state accolte e quelle della Grecia no. Il punto è che l’austerità di cui anche i bambini e i sassi ormai sanno, è figlia di una particolare concezione tipica della tradizione di pensiero tedesca, in base alla quale questa serve per punire, cioè "dire il colpevole", chi ha sbagliato – e la Grecia ha sbagliato ripetutamente – deve essere punito. Dopo che ha scontato la pena allora ci potrà esser la redenzione. Una filosofia completamente opposta a quella anglosassone; gli inglesi da bravi pragmatici dicono che prima bisogna far funzionare la macchina, rimettere in sesto l’ammalato e dopo - se mai - lo penalizziamo, lo multiamo …
D. - Ma la Grecia potrà "tirare avanti" ancora per molto in questo braccio di ferro?
R. - Un punto su cui tutti sono d’accordo a prescindere da chi sta da una parte e dall’altra è che la questione greca è stata gestita male. Quindi c’è una responsabilità in Europa di chi ha guidato la danza iniziata nel 2010. Allora, cioè cinque anni fa, sarebbe stato possibile con interventi tutto sommato limitati, si parla di 50 miliardi di Euro, limitati per un’Europa intera, la situazione avrebbe potuto essere raddrizzata. Invece non si è voluto farlo perché – e lo sappiamo – bisognava proteggere le grandi banche dell’Europa continentale.
D. - Ci sarà un elemento che va contro tendenza nell’Eurogruppo …
R. - No, perché dell’Eurogruppo questo è il punto; l’Inghilterra non fa parte di questo gruppo. Se l’Inghilterra facesse o avesse fatto parte le cose sarebbero andate diversamente. Perché l’Inghilterra nel suo Paese non ha seguito la linea dell’austerità? Perché gli Stati Uniti non hanno seguito la politica dell’austerità e ora sono fuori già da tempo dalla crisi? E l’Inghilterra se avesse fatto parte dell’Eurogruppo si sarebbe opposta, avrebbe ingaggiato questa dialettica con la Germania. Invece nei confronti della potenza notevole della Germania gli altri Paesi - come la Francia - che in teoria avrebbero potuto, ma avendo le difficoltà di tipo strutturale che ben sappiamo hanno ritenuto di accodarsi in cambio di qualche piccolo favore di un tipo o dell’altro. L’Italia naturalmente sulla scena europea non riesce a "forare quei video" – per dirla in termini scherzosi - e quindi gli altri Paesi fanno corona alla Germania.
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