venerdì, agosto 28, 2015
I rappresentanti di Bruxelles e quelli di sei Paesi balcanici riuniti a Vienna per far fronte alla crisi delle migrazioni.  

Radio Vaticana - La Germania chiede sforzi congiunti, ma intanto altri 50 profughi sono morti in Austria ammassati in un tir e in 3 mila sono arrivati stremati in Ungheria; attesa in serata a Palermo la nave con i 52 corpi di migranti deceduti nella stiva di un barcone soccorso ieri a largo della Libia. La Commissione Ue ammonisce: la sfida è europea basta riluttanza dai governi, servono azioni comuni e solidarietà. Cecilia Seppi. ascolta

La scia di morti legate al fenomeno migratorio continua senza sosta. Le ultime vittime, dopo quelle di ieri nella stiva di un barcone, sono 50 migranti deceduti per asfissia dentro un Tir abbandonato in autostrada in Austria, vicino Parndorf. La polizia indaga, cerca l’autista, ma intanto Vienna che ospita il vertice dei Balcani non si tira indietro, dice di volersi occupare dei richiedenti asilo ma chiede anche all’Europa che questo dramma da 60 milioni di profughi, trovi una risposta unitaria. “Non servono nuove proposte dall’Ue ma i singoli stati devono prendersi le proprie responsabilità, tuona l’Alto commissario europeo per la politica estera Mogherini ribadendo che la priorità è salvare i profughi. Le fa eco la Cancelliera tedesca Merkel secondo cui l’Europa è ricca di risorse ed è in grado di affrontare l’emergenza. Anche il ministro degli Esteri italiano Gentiloni si dice convinto che la consapevolezza nell’Ue stia crescendo e che il peso dell’asilo debba essere distribuito in modo equo. Nel Canale di Sicilia intanto è un via vai di sbarchi: 8 le richieste di salvataggio giunte alla Capitaneria di Porto nelle ultime ore, mentre Palermo attende le 52 salme di un'altra tragedia del mare. E' caos in Ungheria dove secondo la polizia magiara, sono 3 mila i nuovi arrivati di cui 700 bambini, 1300 invece in Macedonia. Dal canto suo la Germania, ha anche sospeso l’espulsione dei profughi di nazionalità siriana che secondo l’Onu sfondano quota 4 milioni. La Commissione europea punta a proporre entro la fine dell’anno “un meccanismo permanente, vincolante e con quote” per la ripartizione di chi ha bisogno di asilo.

Per un commento sulla situazione e sulla risposta dell’Europa a questa emergenza Marco Guerra ha sentito Carlotta Sami, portavoce dell’Acnur, l'Alto Commissariato Onu per i rifugiati: ascolta

R. – Siamo di fronte a una crisi umanitaria, non una crisi migratoria, questo è un punto molto importante. Quelli che spesso vengono definiti migranti sono rifugiati. Siamo davanti alla più grande crisi di rifugiati dalla Seconda Guerra mondiale. Sono ben 60 milioni le persone nel mondo che hanno lasciato la propria casa a causa di guerre o violenze. L’86 per cento di queste persone vive nei Paesi in via di sviluppo. Una piccola parte di queste persone sta cercando protezione in Europa. Parliamo di qualche centinaio di migliaia di persone in un continente di oltre 500 milioni di abitanti, l’Europa appunto.

D. – I fenomeni a cui stiamo assistendo in questa estate sono legati anche alle guerre e alle crisi nel Medio Oriente…

R. – Queste crisi sono strettamente legate soprattutto alla terribile guerra siriana che non trova una soluzione, che ha provocato la più grande popolazione di rifugiati al mondo: oltre 4 milioni di persone sono fuori dal Paese. Iraq, Libano, Giordania, Turchia, Egitto, questi sono i Paesi che accolgono la maggior parte dei rifugiati siriani. Una piccola parte di loro, vivendo in condizioni oramai disperate, arriva anche in Europa. Perché dico in condizioni disperate? Perché purtroppo i programmi di aiuto per questi rifugiati che noi in primis portiamo avanti sono finanziati solo per il 30 per cento. Questo ormai cronicamente da diversi anni.

D. – Oggi a Vienna il vertice tra i Paesi balcanici e i vertici dell’Unione europea. Che risposte vi aspettate da questo incontro?

R. – Il tema dell’accoglienza dei rifugiati è al centro dell’incontro. E’ un incontro che era già previsto per altri motivi. Sappiamo che ormai è chiaro a tutti che un arrivo di rifugiati come quello che sta fronteggiando la Grecia, quindi poi i Paesi che si trovano lungo la rotta terrestre balcanica, non può essere affrontato da singoli Paesi e soprattutto non è assolutamente utile a nessuno affrontare questo problema, questa crisi, erigendo muri o cortine di ferro. Sono migliaia i rifugiati siriani e iracheni che arrivano ogni giorno sulle isole greche. E’ importantissimo che il governo greco crei un sistema di accoglienza che al momento non esiste e che venga dato supporto a questi rifugiati che moltissime volte sono persone disabili, persone ferite dalla guerra, bambini che portano addosso le ferite della guerra, proprio perché molti hanno lasciato la Siria da pochi giorni. Noi siamo presenti da mesi sul territorio greco e abbiamo aumentato molto la nostra presenza e i nostri aiuti e portando supporto alle autorità nell’identificare luoghi dove le persone possono essere accolte, nel prepararle nella maniera più adeguata.

D. - Siete presenti anche nei Balcani?

R. – Siamo presenti anche nei Balcani: in Macedonia, in Serbia, in Ungheria, in tutti questi Paesi. In queste stesse ore stiamo aumentando anche le forniture di beni di prima necessità. Stiamo indicando alle autorità quali sono le modalità migliori per creare spazi per il riposo dei rifugiati per permettere poi anche ad altre organizzazioni umanitarie di portare la prima assistenza, ripeto, ad un gruppo di migliaia e migliaia di persone che non sono stabili, sono in movimento. E questa è la sfida più grande che abbiamo perché dobbiamo essere in grado di monitorare la situazione e di portare aiuto là dove serve.

D. – La redistribuzione dei richiedenti asilo può essere conciliata con il Trattato di Dublino o vanno rivisti gli accordi europei?

R. – Si concilia benissimo. L’agenda europea che era stata approvata nei primi mesi dell’estate deve trovare implementazione e anzi ampliamento. Anzi è molto importante che l’Europa porti un piano immediato di intervento per questa crisi umanitaria, risorse immediate e la partecipazione di tutti i Paesi europei, dentro e fuori Schengen.

D. – La Germania accoglierà i profughi siriani e quindi la strada da seguire è quella di Berlino …

R. – Sicuramente la Germania ormai, già da almeno tre anni, sta facendo un grossissimo lavoro per l’accoglienza dei rifugiati siriani. E’ insieme alla Svezia il Paese che accoglie più della metà di tutti i rifugiati. E il passo di sospendere il Trattato di Dublino è un passo estremamente positivo che accelererà l’analisi delle richieste d’asilo per i rifugiati siriani. Ed è un passo che possono fare anche tutti gli altri Paesi perché lo stesso Trattato di Dublino prevede che qualsiasi Paese europeo possa decidere di accogliere le richieste di asilo in deroga al Trattato stesso.

D. – Quindi gran parte della sfida sarà accelerare le operazioni burocratiche per le richieste d’asilo…

R. – Gran parte della sfida sarà questo, sarà anche approntare strutture idonee all’accoglienza e sarà anche mostrare alla cittadinanza europea che la gestione di questa crisi, che pur sorprende così tanto, è qualcosa di assolutamente fattibile. Ripeto, stiamo parlando di qualche centinaio di migliaia di persone a fronte di un continente che ha una cittadinanza di oltre 500 milioni di persone.


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