Il Premio Nobel per la pace 2015 è stato assegnato al Quartetto per il dialogo nazionale tunisino, che ha evitato una guerra civile e rappresenta un modello per tutti i Paesi della regione. Lo ha annunciato, stamani, il Comitato norvegese dei Nobel da Oslo. Il servizio di Alessandro Gisotti: ascolta
Radio Vaticana -Il Quartetto nazionale del dialogo tunisino è stato premiato per il “decisivo contributo alla costruzione di una democrazia pluralistica”. Così, il Comitato per il Nobel nell'annunciare il premio per la Pace 2015. Con questo riconoscimento, sottolinea il Comitato, si è voluto evidenziare “il valore del dialogo” e offrire un "incoraggiamento al popolo tunisino". Nato nell'estate del 2013, "quando il processo di democratizzazione rischiava di frantumarsi per gli omicidi politici e un diffuso malcontento sociale", il Quartetto - si legge nella motivazione del premio - "ha dato vita a un processo politico pacifico alternativo in un momento in cui il Paese era sull'orlo della guerra civile". Il Quartetto, prosegue il Comitato dei Nobel, è stato "determinante per consentire alla Tunisia, nel giro di pochi anni, di creare un sistema costituzionale di governo che garantisce i diritti fondamentali di un'intera popolazione, a prescindere dal sesso dalle convinzioni politiche e dal credo religioso". Il premio sarà consegnato ad Oslo il 10 dicembre prossimo.
Dal canto suo, il portavoce delle Nazioni Unite a Ginevra ha espresso apprezzamento per il Nobel al Quartetto tunisino. “Abbiamo bisogno di una società civile – ha dichiarato Ahmad Fawzi – che ci aiuti a far avanzare i processi di pace”. La Tunisia, ha proseguito, è “uno dei Paesi che ha fatto del suo meglio, dopo la cosiddetta Primavera araba”. Soddisfazione è stata espressa anche da padre Jawad Alamat, direttore nazionale delle Pontificie Opere Missionarie della Tunisia. "Il Nobel per la pace - ha dichiarato padre Alamat a Fides - è un forte incoraggiamento ed è un onore per la Tunisia" che viene riconosciuta come "il Paese che sta facendo un cammino verso una democrazia difficile, ma possibile, nel mondo arabo-musulmano".
Il sindacato dei lavoratori tunisino, uno dei componenti del Quartetto che ha aiutato il Paese sull'orlo della guerra civile all'indomani della “rivolta del gelsomini”- ha affermato che il premio è un messaggio all'intera regione mediorientale per il valore attribuito al dialogo. Per un commento sul valore di questo Quartetto nel Paese che ha dato il via alla “Primavera Araba”, Alessandro Gisotti ha intervistato l’africanista Luciano Ardesi, segretario nazionale della Lega per i diritti e la liberazione dei popoli: ascolta
R. – E’ sicuramente un Premio Nobel per la Pace che ha individuato un fatto abbastanza straordinario in Africa e nel Mediterraneo, nel cuore insomma di quei conflitti cui stiamo assistendo. La Tunisia era sull’orlo di una nuova guerra civile, dopo la cacciata del dittatore Ben Ali, e solo e soltanto la riunione di quattro forze della società civile ha potuto evitare un nuovo bagno di sangue, quando purtroppo il terrorismo aveva già cominciato a colpire…
D. – La Tunisia è stato il primo Paese dove ha preso il via la cosiddetta “Primavera araba” e, in un qualche modo, è anche il Paese che rispetto agli altri è riuscito – se vogliamo così – a mantenere la promessa e anche il sogno di una nuova fase…
R. – Possiamo dire che questo risultato è dovuto anche all’intervento del Quartetto nell’estate di due anni fa, quando – dopo le prime elezioni libere, dopo la cacciata del dittatore Ben Alì – il partito fondamentalista ha vinto le elezioni ed espresso un governo, governo che si è trovato a gestire una situazione estremamente difficile, una crisi economica forte e soprattutto l’impossibilità di rinnovare la classe politica tunisina. Ecco, quindi, che le sorti del Paese sono state prese da questo Quartetto: il sindacato, l’associazione degli industriali, una organizzazione per i diritti umani - la Lega tunisina - e l’ordine degli avvocati si sono messi insieme per convincere i partiti a sottoscrivere una sorta di road map, di percorso che portasse il Paese alla democrazia.
D. – In un qualche modo il Premio Nobel vuole essere anche l’incoraggiamento a sconfiggere tanti ostacoli, tante difficoltà…
R. – Sì, scuramente. Io penso che questo Premio Nobel premi anche un modello come dicevo, un modello possibile che può essere applicato in tante situazioni di crisi e di guerra civile, perché noi dobbiamo tener conto – non solo nei Paesi arabi, ma in generale in Paesi che soffrono la crisi economica e sociale – che il sistema dei partiti è un sistema molto fragile, che non riesce a produrre al proprio interno una dinamica virtuosa di democrazia; i Paesi, invece, che soffrono queste stesse contraddizioni hanno delle società civili o delle forze nazionali aperte, che possono quindi giocare un ruolo, un ruolo importante come è stato in Tunisia, per superare gli ostacoli che un sistema politico aperta crisi non è più in grado di gestire.
Radio Vaticana -Il Quartetto nazionale del dialogo tunisino è stato premiato per il “decisivo contributo alla costruzione di una democrazia pluralistica”. Così, il Comitato per il Nobel nell'annunciare il premio per la Pace 2015. Con questo riconoscimento, sottolinea il Comitato, si è voluto evidenziare “il valore del dialogo” e offrire un "incoraggiamento al popolo tunisino". Nato nell'estate del 2013, "quando il processo di democratizzazione rischiava di frantumarsi per gli omicidi politici e un diffuso malcontento sociale", il Quartetto - si legge nella motivazione del premio - "ha dato vita a un processo politico pacifico alternativo in un momento in cui il Paese era sull'orlo della guerra civile". Il Quartetto, prosegue il Comitato dei Nobel, è stato "determinante per consentire alla Tunisia, nel giro di pochi anni, di creare un sistema costituzionale di governo che garantisce i diritti fondamentali di un'intera popolazione, a prescindere dal sesso dalle convinzioni politiche e dal credo religioso". Il premio sarà consegnato ad Oslo il 10 dicembre prossimo.
Dal canto suo, il portavoce delle Nazioni Unite a Ginevra ha espresso apprezzamento per il Nobel al Quartetto tunisino. “Abbiamo bisogno di una società civile – ha dichiarato Ahmad Fawzi – che ci aiuti a far avanzare i processi di pace”. La Tunisia, ha proseguito, è “uno dei Paesi che ha fatto del suo meglio, dopo la cosiddetta Primavera araba”. Soddisfazione è stata espressa anche da padre Jawad Alamat, direttore nazionale delle Pontificie Opere Missionarie della Tunisia. "Il Nobel per la pace - ha dichiarato padre Alamat a Fides - è un forte incoraggiamento ed è un onore per la Tunisia" che viene riconosciuta come "il Paese che sta facendo un cammino verso una democrazia difficile, ma possibile, nel mondo arabo-musulmano".
Il sindacato dei lavoratori tunisino, uno dei componenti del Quartetto che ha aiutato il Paese sull'orlo della guerra civile all'indomani della “rivolta del gelsomini”- ha affermato che il premio è un messaggio all'intera regione mediorientale per il valore attribuito al dialogo. Per un commento sul valore di questo Quartetto nel Paese che ha dato il via alla “Primavera Araba”, Alessandro Gisotti ha intervistato l’africanista Luciano Ardesi, segretario nazionale della Lega per i diritti e la liberazione dei popoli: ascolta
R. – E’ sicuramente un Premio Nobel per la Pace che ha individuato un fatto abbastanza straordinario in Africa e nel Mediterraneo, nel cuore insomma di quei conflitti cui stiamo assistendo. La Tunisia era sull’orlo di una nuova guerra civile, dopo la cacciata del dittatore Ben Ali, e solo e soltanto la riunione di quattro forze della società civile ha potuto evitare un nuovo bagno di sangue, quando purtroppo il terrorismo aveva già cominciato a colpire…
D. – La Tunisia è stato il primo Paese dove ha preso il via la cosiddetta “Primavera araba” e, in un qualche modo, è anche il Paese che rispetto agli altri è riuscito – se vogliamo così – a mantenere la promessa e anche il sogno di una nuova fase…
R. – Possiamo dire che questo risultato è dovuto anche all’intervento del Quartetto nell’estate di due anni fa, quando – dopo le prime elezioni libere, dopo la cacciata del dittatore Ben Alì – il partito fondamentalista ha vinto le elezioni ed espresso un governo, governo che si è trovato a gestire una situazione estremamente difficile, una crisi economica forte e soprattutto l’impossibilità di rinnovare la classe politica tunisina. Ecco, quindi, che le sorti del Paese sono state prese da questo Quartetto: il sindacato, l’associazione degli industriali, una organizzazione per i diritti umani - la Lega tunisina - e l’ordine degli avvocati si sono messi insieme per convincere i partiti a sottoscrivere una sorta di road map, di percorso che portasse il Paese alla democrazia.
D. – In un qualche modo il Premio Nobel vuole essere anche l’incoraggiamento a sconfiggere tanti ostacoli, tante difficoltà…
R. – Sì, scuramente. Io penso che questo Premio Nobel premi anche un modello come dicevo, un modello possibile che può essere applicato in tante situazioni di crisi e di guerra civile, perché noi dobbiamo tener conto – non solo nei Paesi arabi, ma in generale in Paesi che soffrono la crisi economica e sociale – che il sistema dei partiti è un sistema molto fragile, che non riesce a produrre al proprio interno una dinamica virtuosa di democrazia; i Paesi, invece, che soffrono queste stesse contraddizioni hanno delle società civili o delle forze nazionali aperte, che possono quindi giocare un ruolo, un ruolo importante come è stato in Tunisia, per superare gli ostacoli che un sistema politico aperta crisi non è più in grado di gestire.
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