giovedì, ottobre 08, 2015
La giornalista e scrittrice bielorussa, Svetlana Aleksievič, ha vinto il premio Nobel per la letteratura.  

Radio Vaticana - La sua “opera polifonica” – si legge nella motivazione – è “un monumento alla sofferenza e al coraggio nel nostro tempo”. Autrice di libri incentrati, tra l’altro, sulla catastrofe di Chernobyl e sulla guerra in Afghanistan, Svetlana Aleksievich ha raccontato in particolare i drammi della storia dell'Unione Sovietica e del suo crollo. E’ quanto ricorda, al microfono di Amedeo Lomonaco, la scrittrice Serena Vitale, docente di Lingua e Letteratura russa all’università Cattolica del Sacro Cuore: ascolta

R. – L’anno scorso ho avuto veramente l’onore di presentare il libro della Aleksievič , che si chiama “Tempo di seconda mano” e che è davvero un capolavoro. La Aleksievič conserva in sé una sorta di pace, di quiete contadina, perché nata in Ucraina, e sa parlare delle massime tragedie del nostro secolo. E’ nata nel ’48 e dunque non ha potuto vedere la guerra, ma ha visto questo progressivo scomporsi dell’Unione Sovietica e le tragedie da Chernobyl fino alla situazione ucraina. Ma soprattutto ha descritto la nuova vita nella Russia post sovietica, che ha raccontato con tono calmo, tranquillo, senza urlare e senza protestare.

D. – Tra l’altro, nei suoi libri, denuncia i danni delle guerre nella psicologia delle persone raccogliendo testimonianze di sopravvissuti, di reduci della guerra…

R. – Ha illustrato i danni nella psicologia provocati dalla guerra, causati anche dallo sconquasso dell’Unione Sovietica. Ha messo in luce l’incapacità dell’umanità di rapportarsi a tanto dolore. Davanti a questo sopravviene il mutismo, sopravviene qualcosa contro cui davvero solo la letteratura può lottare.

Sull’impegno letterario e giornalistico di Svetlana Aleksievich si sofferma anche Fulvio Scaglione, vice-direttore di Famiglia Cristiana ed esperto dell'area ex sovietica: ascolta

R. – Potremmo dire, per usare una metafora, che Svetlana Aleksievič è una esponente di quel giornalismo letterario che ha avuto, più recentemente, un nome molto noto nella Politkovskaja. La Politkovskaja ha raccontato - poi ha testimoniato drammaticamente con la sua morte - i drammi della Russia post sovietica. Svetlana Aleksievič, invece, ha raccontato i drammi sia della Russia sovietica - ha scritto un libro intitolato “La guerra non ha un volto di donna” sulle donne sovietiche al fronte durante la Seconda Guerra Mondiale - sia le tragedie e le angosce del crollo dell’Unione Sovietica in “Incantati dalla morte” e nel libro “Preghiera per Chernobyl”.

D. – Questo impegno che continua nel solco della letteratura e del giornalismo può essere proprio un contributo per aprire nuovi scorci sul panorama russo ex sovietico…

R. – Questo tipo di giornalismo letterario è forse il contributo migliore che ci è arrivato dalle lettere della Russia e dei Paesi ex sovietici. Quando crollò l’Urss, ci aspettavamo che l’allentamento, la fine della censura, facesse emergere dai cassetti manoscritti di ogni genere. E questo è solo in parte successo, viceversa abbiamo avuto appunto la Politkovskaja, la Aleksievič e anche altre firme del giornalismo post sovietico che sono molto, molto interessanti.


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