Un cuore in costante preghiera, attento ai suoi “primi prossimi”, i sacerdoti, e capace di “guardare negli occhi” ogni persona, sempre in spirito di servizio.
Radio Vaticana - Papa Francesco ha tratteggiato così il ministero del vescovo presiedendo in San Pietro, nella Solennità di San Giuseppe, la Messa per l’ordinazione episcopale di mons. Peter Brian Wells, nunzio apostolico in Sud Africa, Botswana, Lesotho e Namibia, e di mons. Miguel Ángel Ayuso Guixot, segretario del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso. Il servizio di Alessandro De Carolis: ascolta
La loro unità di misura è il servizio. Ecco perché i vescovi sono chiamati a essere “i più piccoli” di tutti. E le due figure che la liturgia invita a sdraiarsi faccia a terra davanti a chi sta imponendo loro le mani diventano a un certo punto la raffigurazione tangibile del pastore che, nel gregge della Chiesa, ha il suo posto in basso e accanto a chi deve servire, piuttosto che in alto e distante.
Servitori di tutti, servitori sempre
Papa Francesco ricorda tutto questo con forza a mons. Wells e mons. Ayuso Guixot, poco prima di consacrarli vescovi, nel giorno in cui lui stesso celebra il terzo anniversario di inizio del suo ministero petrino. La sua omelia dovrebbe essere “rituale” – con considerazioni e frasi già previste e scritte per questa occasione – ma non lo è perché il Papa prende quelle parole e le riempie di indicazioni, di vita episcopale vissuta:
“‘Episcopato’ infatti è il nome di un servizio, non di un onore. Poiché al vescovo compete più il servire che il dominare, secondo il comandamento del Maestro: ‘Chi è il più grande tra voi, diventi come il più piccolo. E chi governa, come colui che serve’. Siate servitori. Di tutti: dei più grandi e dei più piccoli. Di tutti. Ma sempre servitori, al servizio”.
Primo, pregare
Il vescovo, ricorda Francesco in modo diretto, è “Cristo che predica” la Parola in ogni occasione. È “Cristo che fa la Chiesa” e “che guida” esortando e ammonendo “con magnanimità e dottrina”. Ma un vescovo semplicemente non esiste, aggiunge, se non si mette sempre in ginocchio:
“Non dimenticatevi che il primo compito del vescovo è la preghiera: questo lo ha detto Pietro, il giorno dell’elezione dei sette diaconi. Secondo compito, l’annuncio della Parola. Poi vengono gli altri. Ma il primo è la preghiera. Se un vescovo non prega, non potrà far nulla”.
Accanto ai propri sacerdoti
L’esperienza pastorale di Francesco si concretizza nell’esempio, spesso rievocato, di una situazione tipo negativa da evitare, dice ai due ordinandi, a qualunque costo, quella di un vescovo che non ha tempo per i suoi sacerdoti, i suo diaconi, cioè la sua prima famiglia:
“Fa piangere quanto tu senti che un presbitero dice che ha chiesto di parlare con il suo vescovo e la segretaria o il segretario gli ha detto : “Ma, ha tante, tante cose da fare, prima di tre mesi non ti potrà ricevere…’. Il primo prossimo del vescovo è il suo presbitero: il primo prossimo. Se tu non ami il primo prossimo, non sarai capace di amare tutti”.
Guardare negli occhi
E la stessa prossimità è per ogni pecora del gregge. “Dietro ogni carta – osserva – c’è una persona. Dietro ogni lettera che voi riceverete, c’è una persona. Che quella persona sia conosciuta da voi e che voi siate capaci di conoscerla”:
“Vicini ai poveri, agli indifesi e a quanti hanno bisogno di accoglienza e di aiuto. Guardate i fedeli negli occhi. Non obliquamente: negli occhi, per guardare il cuore. E che quel fedele tuo sia presbitero, diacono o laico, possa guardare il tuo cuore. Ma guardare sempre negli occhi”.
La loro unità di misura è il servizio. Ecco perché i vescovi sono chiamati a essere “i più piccoli” di tutti. E le due figure che la liturgia invita a sdraiarsi faccia a terra davanti a chi sta imponendo loro le mani diventano a un certo punto la raffigurazione tangibile del pastore che, nel gregge della Chiesa, ha il suo posto in basso e accanto a chi deve servire, piuttosto che in alto e distante.
Servitori di tutti, servitori sempre
Papa Francesco ricorda tutto questo con forza a mons. Wells e mons. Ayuso Guixot, poco prima di consacrarli vescovi, nel giorno in cui lui stesso celebra il terzo anniversario di inizio del suo ministero petrino. La sua omelia dovrebbe essere “rituale” – con considerazioni e frasi già previste e scritte per questa occasione – ma non lo è perché il Papa prende quelle parole e le riempie di indicazioni, di vita episcopale vissuta:
“‘Episcopato’ infatti è il nome di un servizio, non di un onore. Poiché al vescovo compete più il servire che il dominare, secondo il comandamento del Maestro: ‘Chi è il più grande tra voi, diventi come il più piccolo. E chi governa, come colui che serve’. Siate servitori. Di tutti: dei più grandi e dei più piccoli. Di tutti. Ma sempre servitori, al servizio”.
Primo, pregare
Il vescovo, ricorda Francesco in modo diretto, è “Cristo che predica” la Parola in ogni occasione. È “Cristo che fa la Chiesa” e “che guida” esortando e ammonendo “con magnanimità e dottrina”. Ma un vescovo semplicemente non esiste, aggiunge, se non si mette sempre in ginocchio:
“Non dimenticatevi che il primo compito del vescovo è la preghiera: questo lo ha detto Pietro, il giorno dell’elezione dei sette diaconi. Secondo compito, l’annuncio della Parola. Poi vengono gli altri. Ma il primo è la preghiera. Se un vescovo non prega, non potrà far nulla”.
Accanto ai propri sacerdoti
L’esperienza pastorale di Francesco si concretizza nell’esempio, spesso rievocato, di una situazione tipo negativa da evitare, dice ai due ordinandi, a qualunque costo, quella di un vescovo che non ha tempo per i suoi sacerdoti, i suo diaconi, cioè la sua prima famiglia:
“Fa piangere quanto tu senti che un presbitero dice che ha chiesto di parlare con il suo vescovo e la segretaria o il segretario gli ha detto : “Ma, ha tante, tante cose da fare, prima di tre mesi non ti potrà ricevere…’. Il primo prossimo del vescovo è il suo presbitero: il primo prossimo. Se tu non ami il primo prossimo, non sarai capace di amare tutti”.
Guardare negli occhi
E la stessa prossimità è per ogni pecora del gregge. “Dietro ogni carta – osserva – c’è una persona. Dietro ogni lettera che voi riceverete, c’è una persona. Che quella persona sia conosciuta da voi e che voi siate capaci di conoscerla”:
“Vicini ai poveri, agli indifesi e a quanti hanno bisogno di accoglienza e di aiuto. Guardate i fedeli negli occhi. Non obliquamente: negli occhi, per guardare il cuore. E che quel fedele tuo sia presbitero, diacono o laico, possa guardare il tuo cuore. Ma guardare sempre negli occhi”.
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