Sierra Club: ora stop anche alle trivellazioni nell’Artico e nel Golfo del Messico
GreenReport - L’amministrazione di Barack Obama ha reso nota la bozza del piano 2017-2022 per le trivellazioni offshore a perforazione in mare aperto, conosciuta come Outer Continental Shelf Oil and Gas Leasing Program e gli ambientalisti e le comunità costiere esultano perché il piano protegge l’Oceano Atlantico al largo degli Stati del sud-est Usa, propone nuovi standard basati sulla lotta al cambiamento climatico e per le concessioni di licenze di prospezione e perforazione nell’Artico, ma sono delusi perché consente ancora di trivellare petrolio e gas nel Golfo del Messico centrale e occidentale.
Sono stati così sconfitti i governatori di Virginia, North Carolina e South Carolina che erano favorevoli alle trivellazioni ed hanno vinto i cittadini e le 110 amministrazioni comunali e di contea che si opponevano, temendo per la pesca, la fauna selvatica e il turismo. Contro le trivellazioni ofshore nell’Atlantico si era addirittura espresso l’esercito statunitense. Un rapporto commissionato nel 2015 dal Southern Environmental Law Center ha rilevato che con le trivellazioni offshore ci sarebbe stato poco o nessun beneficio economico per la East Coast, mettendo invece a rischio gran parte delle attività economiche della regione.
Obama sembra quindi continuare lungo la strada di una transizione per uscire dai combustibili fossili e confermare quanto disse nel discorso sullo stato dell’Unione: «Ora dobbiamo accelerare la transizione per uscire dalle fonti di energia vecchie e sporche. Invece di sovvenzionare il passato, dobbiamo investire nel futuro, soprattutto nelle comunità che si basano sui combustibili fossili». L’esatto contrario di quel che ha fatto il nostro governo e di quel che dice chi vuol far mancare il quorum, incitando all’astensionismo, al Referendum del 17 Aprile sulle trivellazioni entro le 12 miglia.
Nelle prossime settimane, il governo federale Usa organizzerà audizioni pubbliche sul progetto di nuovo Piano in tutti gli Stati Uniti, offrendo così all’opinione pubblica la possibilità di esprimersi in merito alla proposta.
A dire subito qualcosa ci ha pensato Michael Brune, direttore esecutivo di Sierra Club, la più grande e diffusa associazione ambientalista americana, «Applaudiamo l’amministrazione Obama per aver ascoltato le decine di migliaia di cittadini lungo la costa orientale che chiedevano di proteggere l’Oceano Atlantico, salvaguardando le sue spiagge e le economie costiere. Dopo aver guidato il mondo verso lo storico accordo sul clima di Parigi e il patto con il Canada per proteggere l’Artico proprio la settimana scorsa, ci auguriamo che l’amministrazione proseguirà i suoi sforzi e tolga anche l’Oceano Artico e blocchi le nuove trivellazioni nel Golfo del Messico.
Gli accordi sul clima di Parigi e canadese segnano l’inizio, non la fine del lavoro che deve essere fatto. Escludere l’Oceano Artico dalle trivellazioni, insieme all’Atlantico, e mettere fine alle future trivellazioni nel Golfo del Messico è un modo perfetto per continuare un lavoro ben fatto. Come ha fatto notare il presidente Obama quando ha respinto l’oleodotto Keystone XL, se vogliamo realizzare un futuro climatico sicuro per tutti noi, dobbiamo mantenere i combustibili fossili nel terreno. Per fare questo, il presidente Obama dovrebbe escludere l’Oceano Artico e il Golfo del Messico dal piano quinquennale – proprio come lui ha con l’Oceano Atlantico – e continuare la nostra transizione verso un’economia dell’energia pulita».
La decisione di Obama è sicuramente frutto di una instancabile battaglia degli ambientalisti che ha trovato una forte udienza nei due candidati democratici alla presidenza della Repubblica, a partire da Bernie Sanders seguito da Hillary Clinton, ma Sierra Club ed altre associazioni ambientaliste dicono che non si fermeranno fino a quando anche l’Artico e il Golfo del Messico non saranno protetti dalle Big Oil e dalle fuoriuscite di petrolio. Quello che è in ballo – anche solo lungo la costa atlantica Usa – è infinitamente di iù delle poche, ma pericolose, gocce di petrolio che si vorrebbe estrarre nei mari italiani.
In un appello ai suoi sostenitori e a Obama, Sierra Club sottolinea che «Ora più che mai, stiamo assistendo ai crescenti impatti di origine antropica dello sconvolgimento del clima, alimentati dalla nostra continua dipendenza continua da petrolio, gas e carbone. Il presidente Obama ha un’opportunità fondamentale per estendere la sua leadership climatica alla prossima amministrazione – come ha appena fatto con la costa atlantica – utilizzando il prossimo piano quinquennale Outer Continental Shelf (OCS) per mantenere 60 miliardi di tonnellate di dannoso inquinamento da carbonio delle riserve di petrolio e di gas offshore nel sottosuolo dove debbono restare». Brune aggiunge: «Le nostre comunità più vulnerabili sono a rischio, sia per l’innalzamento del livello dei mari che per i veri pericoli posti dalla trivellazioni offshore. Tutti ricordano il catastrofico disastro petrolifero BP nel Golfo, ma dal 1964 ci sono stati 40 grandi sversamenti di petrolio e fuoriuscite più piccole si verificano su base quotidiana. Il Bureau of Ocean Energy Management (Boem) stima che negli ultimi 45 anni siano fuoriusciti più di 500.000 barili di petrolio, non dichiarati, nelle acque americane. Bisogna agire ora per proteggere l’Artico e il Golfo del Messico da anni di pericolosa trivellazione petrolifera offshore. E’ il momento di andare oltre i combustibili sporchi e verso la transizione pulita delle energie rinnovabili! L’industria del petrolio e del gas lotterà duramente per avere altri 5 anni di trivellazione pericolosa al largo delle nostre coste. Se vogliamo fermare i peggiori impatti dellla distruzione climatica, sappiamo che non abbiamo altri 5 anni per mantenere gli investimenti nei combustibili sporchi. Questa decisione è per il nostro futuro, quindi nessuno di noi può tirarsi fuori. Grazie per proteggere il nostro clima, le nostre coste e comunità».
Sono stati così sconfitti i governatori di Virginia, North Carolina e South Carolina che erano favorevoli alle trivellazioni ed hanno vinto i cittadini e le 110 amministrazioni comunali e di contea che si opponevano, temendo per la pesca, la fauna selvatica e il turismo. Contro le trivellazioni ofshore nell’Atlantico si era addirittura espresso l’esercito statunitense. Un rapporto commissionato nel 2015 dal Southern Environmental Law Center ha rilevato che con le trivellazioni offshore ci sarebbe stato poco o nessun beneficio economico per la East Coast, mettendo invece a rischio gran parte delle attività economiche della regione.
Obama sembra quindi continuare lungo la strada di una transizione per uscire dai combustibili fossili e confermare quanto disse nel discorso sullo stato dell’Unione: «Ora dobbiamo accelerare la transizione per uscire dalle fonti di energia vecchie e sporche. Invece di sovvenzionare il passato, dobbiamo investire nel futuro, soprattutto nelle comunità che si basano sui combustibili fossili». L’esatto contrario di quel che ha fatto il nostro governo e di quel che dice chi vuol far mancare il quorum, incitando all’astensionismo, al Referendum del 17 Aprile sulle trivellazioni entro le 12 miglia.
Nelle prossime settimane, il governo federale Usa organizzerà audizioni pubbliche sul progetto di nuovo Piano in tutti gli Stati Uniti, offrendo così all’opinione pubblica la possibilità di esprimersi in merito alla proposta.
A dire subito qualcosa ci ha pensato Michael Brune, direttore esecutivo di Sierra Club, la più grande e diffusa associazione ambientalista americana, «Applaudiamo l’amministrazione Obama per aver ascoltato le decine di migliaia di cittadini lungo la costa orientale che chiedevano di proteggere l’Oceano Atlantico, salvaguardando le sue spiagge e le economie costiere. Dopo aver guidato il mondo verso lo storico accordo sul clima di Parigi e il patto con il Canada per proteggere l’Artico proprio la settimana scorsa, ci auguriamo che l’amministrazione proseguirà i suoi sforzi e tolga anche l’Oceano Artico e blocchi le nuove trivellazioni nel Golfo del Messico.
Gli accordi sul clima di Parigi e canadese segnano l’inizio, non la fine del lavoro che deve essere fatto. Escludere l’Oceano Artico dalle trivellazioni, insieme all’Atlantico, e mettere fine alle future trivellazioni nel Golfo del Messico è un modo perfetto per continuare un lavoro ben fatto. Come ha fatto notare il presidente Obama quando ha respinto l’oleodotto Keystone XL, se vogliamo realizzare un futuro climatico sicuro per tutti noi, dobbiamo mantenere i combustibili fossili nel terreno. Per fare questo, il presidente Obama dovrebbe escludere l’Oceano Artico e il Golfo del Messico dal piano quinquennale – proprio come lui ha con l’Oceano Atlantico – e continuare la nostra transizione verso un’economia dell’energia pulita».
La decisione di Obama è sicuramente frutto di una instancabile battaglia degli ambientalisti che ha trovato una forte udienza nei due candidati democratici alla presidenza della Repubblica, a partire da Bernie Sanders seguito da Hillary Clinton, ma Sierra Club ed altre associazioni ambientaliste dicono che non si fermeranno fino a quando anche l’Artico e il Golfo del Messico non saranno protetti dalle Big Oil e dalle fuoriuscite di petrolio. Quello che è in ballo – anche solo lungo la costa atlantica Usa – è infinitamente di iù delle poche, ma pericolose, gocce di petrolio che si vorrebbe estrarre nei mari italiani.
In un appello ai suoi sostenitori e a Obama, Sierra Club sottolinea che «Ora più che mai, stiamo assistendo ai crescenti impatti di origine antropica dello sconvolgimento del clima, alimentati dalla nostra continua dipendenza continua da petrolio, gas e carbone. Il presidente Obama ha un’opportunità fondamentale per estendere la sua leadership climatica alla prossima amministrazione – come ha appena fatto con la costa atlantica – utilizzando il prossimo piano quinquennale Outer Continental Shelf (OCS) per mantenere 60 miliardi di tonnellate di dannoso inquinamento da carbonio delle riserve di petrolio e di gas offshore nel sottosuolo dove debbono restare». Brune aggiunge: «Le nostre comunità più vulnerabili sono a rischio, sia per l’innalzamento del livello dei mari che per i veri pericoli posti dalla trivellazioni offshore. Tutti ricordano il catastrofico disastro petrolifero BP nel Golfo, ma dal 1964 ci sono stati 40 grandi sversamenti di petrolio e fuoriuscite più piccole si verificano su base quotidiana. Il Bureau of Ocean Energy Management (Boem) stima che negli ultimi 45 anni siano fuoriusciti più di 500.000 barili di petrolio, non dichiarati, nelle acque americane. Bisogna agire ora per proteggere l’Artico e il Golfo del Messico da anni di pericolosa trivellazione petrolifera offshore. E’ il momento di andare oltre i combustibili sporchi e verso la transizione pulita delle energie rinnovabili! L’industria del petrolio e del gas lotterà duramente per avere altri 5 anni di trivellazione pericolosa al largo delle nostre coste. Se vogliamo fermare i peggiori impatti dellla distruzione climatica, sappiamo che non abbiamo altri 5 anni per mantenere gli investimenti nei combustibili sporchi. Questa decisione è per il nostro futuro, quindi nessuno di noi può tirarsi fuori. Grazie per proteggere il nostro clima, le nostre coste e comunità».
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