La Chiesa sappia “farsi da parte” perché nel suo annuncio faccia brillare sempre il volto di Dio e non se stessa.
Radio Vaticana - Lo ha affermato padre Ermes Ronchi nella quarta meditazione degli esercizi spirituali che il religioso sta predicando a Papa Francesco e alla Curia Romana, nella casa “Divin Maestro di Ariccia”. Lo spunto di riflessione della mattinata è stato tratto dal brano del Vangelo in cui Pietro fa la sua professione di fede su Cristo. Il servizio di Alessandro De Carolis:
La domanda che Gesù rivolge ai discepoli risuona al riparo del “luogo appartato” dove il Maestro li ha condotti. Per qualche momento niente assembramenti e il vociare della calca, ma solo “silenzio, solitudine, preghiera”. Solo un momento di intimità “tra loro e tra loro e Dio”. E in questo silenzio, quella domanda di Gesù che somiglia a un “sondaggio d’opinione”: “La gente chi dice che io sia?”.
L’affare migliore della mia vita Nel silenzio analogo del ritiro di Ariccia, padre Ermes Ronchi, mette Papa Francesco e i suoi collaboratori di Curia di fronte alla stessa sollecitazione. E soprattutto a quel “ma” che Gesù soggiunge, che scava nell’anima: “Ma voi chi dite che io sia?”. Un modo per dire ai suoi, osserva padre Ronchi, di non accontentarsi di quello che dice la gente, perché “la fede non avanza per sentito dire”:
“La risposta che Gesù cerca non sono parole. Lui cerca persone. Non definizioni ma coinvolgimenti: che cosa ti è successo, quando mi hai incontrato? Gesù è il maestro del cuore, Gesù non dà lezioni, non suggerisce risposte, ti conduce con delicatezza a cercare dentro di te. E io vorrei poter rispondere: incontrare te è stato l’affare migliore della mia vita! Tu sei stato la cosa migliore che mi sia capitata”.
La fede si muove
“Chi sono io per te?” è una domanda da “innamorati”, dice il predicatore degli esercizi. E ciò che colpisce è che Gesù “non indottrina nessuno”. I discepoli non devono temere di dover dare risposte preconfezionate a quella domanda, “non c’è nessun Credo da comporre” , afferma padre Ronchi. A Gesù interessa sapere se i suoi hanno aperto il cuore. Affermare, come fa Pietro, che Cristo è “il figlio di Dio Vivente” è una verità che ha senso se Cristo “è vivo dentro di noi”. “Il nostro cuore – soggiunge padre Ronchi – può essere la culla o la tomba di Dio”:
“Volete sapere davvero qualcosa di me, dice Gesù, e al tempo stesso qualcosa di voi? Vi dò un appuntamento: un uomo in croce. Uno che è posto in alto. Prima ancora, giovedì, l’appuntamento di Cristo sarà un altro: uno che è posto in basso. Che cinge un asciugamano e si china a lavare i piedi ai suoi (...) Ha ragione Paolo: il cristianesimo è scandalo e follia. Adesso capiamo chi è Gesù: è bacio a chi lo tradisce. Non spezza nessuno, spezza se stesso. Non versa il sangue di nessuno, versa il suo sangue. Non sacrifica nessuno, sacrifica se stesso”.
“Riflettori” su Cristo
Fino al momento di quella domanda fatta nel silenzio, i discepoli non hanno ancora compreso cosa stia per accadere al loro Maestro. Per questo Gesù è netto nell’imporre loro di non dire nulla alla gente. “Un ordine severo” che “raggiunge la Chiesa tutta”, sottolinea il predicatore, “perché talvolta abbiamo predicato un volto deformato di Dio”. Noi ecclesiastici, nota padre Ronchi, “sembriamo tutti uguali” – stessi gesti, parole, vestiti. Ma la gente ci chiede: “Dimmi la tua esperienza di Dio”. E Cristo, prosegue, “non è ciò che dico di Lui ma ciò che vivo di Lui”. “Non siamo noi i mediatori tra Dio e l’umanità, il vero mediatore è Gesù”, conclude padre Ronchi. Come Giovanni Battista, dobbiamo preparare la strada e poi “farci da parte”:
“Pensate la bellezza di una chiesa che non accende i riflettori su di sé – come in questi giorni qua raccolti – ma su di un Altro. Ne abbiamo ancora di strada da fare! Diminuire (…) Gesù non dice ‘prenda la mia croce’, ma la sua, ciascuno la sua (…) Il sogno di Dio non è uno sterminato corteo di uomini donne e bambini ciascuno con la sua croce sulla spalla. Ma di gente incamminata verso una vita buona, lieta e creativa. Una vita che costa un prezzo tenace di impegno e di perseveranza. Ma anche un prezzo dolce, di luce: Il terzo giorno risorgerà!”.
Radio Vaticana - Lo ha affermato padre Ermes Ronchi nella quarta meditazione degli esercizi spirituali che il religioso sta predicando a Papa Francesco e alla Curia Romana, nella casa “Divin Maestro di Ariccia”. Lo spunto di riflessione della mattinata è stato tratto dal brano del Vangelo in cui Pietro fa la sua professione di fede su Cristo. Il servizio di Alessandro De Carolis:
La domanda che Gesù rivolge ai discepoli risuona al riparo del “luogo appartato” dove il Maestro li ha condotti. Per qualche momento niente assembramenti e il vociare della calca, ma solo “silenzio, solitudine, preghiera”. Solo un momento di intimità “tra loro e tra loro e Dio”. E in questo silenzio, quella domanda di Gesù che somiglia a un “sondaggio d’opinione”: “La gente chi dice che io sia?”.
L’affare migliore della mia vita Nel silenzio analogo del ritiro di Ariccia, padre Ermes Ronchi, mette Papa Francesco e i suoi collaboratori di Curia di fronte alla stessa sollecitazione. E soprattutto a quel “ma” che Gesù soggiunge, che scava nell’anima: “Ma voi chi dite che io sia?”. Un modo per dire ai suoi, osserva padre Ronchi, di non accontentarsi di quello che dice la gente, perché “la fede non avanza per sentito dire”:
“La risposta che Gesù cerca non sono parole. Lui cerca persone. Non definizioni ma coinvolgimenti: che cosa ti è successo, quando mi hai incontrato? Gesù è il maestro del cuore, Gesù non dà lezioni, non suggerisce risposte, ti conduce con delicatezza a cercare dentro di te. E io vorrei poter rispondere: incontrare te è stato l’affare migliore della mia vita! Tu sei stato la cosa migliore che mi sia capitata”.
La fede si muove
“Chi sono io per te?” è una domanda da “innamorati”, dice il predicatore degli esercizi. E ciò che colpisce è che Gesù “non indottrina nessuno”. I discepoli non devono temere di dover dare risposte preconfezionate a quella domanda, “non c’è nessun Credo da comporre” , afferma padre Ronchi. A Gesù interessa sapere se i suoi hanno aperto il cuore. Affermare, come fa Pietro, che Cristo è “il figlio di Dio Vivente” è una verità che ha senso se Cristo “è vivo dentro di noi”. “Il nostro cuore – soggiunge padre Ronchi – può essere la culla o la tomba di Dio”:
“Volete sapere davvero qualcosa di me, dice Gesù, e al tempo stesso qualcosa di voi? Vi dò un appuntamento: un uomo in croce. Uno che è posto in alto. Prima ancora, giovedì, l’appuntamento di Cristo sarà un altro: uno che è posto in basso. Che cinge un asciugamano e si china a lavare i piedi ai suoi (...) Ha ragione Paolo: il cristianesimo è scandalo e follia. Adesso capiamo chi è Gesù: è bacio a chi lo tradisce. Non spezza nessuno, spezza se stesso. Non versa il sangue di nessuno, versa il suo sangue. Non sacrifica nessuno, sacrifica se stesso”.
“Riflettori” su Cristo
Fino al momento di quella domanda fatta nel silenzio, i discepoli non hanno ancora compreso cosa stia per accadere al loro Maestro. Per questo Gesù è netto nell’imporre loro di non dire nulla alla gente. “Un ordine severo” che “raggiunge la Chiesa tutta”, sottolinea il predicatore, “perché talvolta abbiamo predicato un volto deformato di Dio”. Noi ecclesiastici, nota padre Ronchi, “sembriamo tutti uguali” – stessi gesti, parole, vestiti. Ma la gente ci chiede: “Dimmi la tua esperienza di Dio”. E Cristo, prosegue, “non è ciò che dico di Lui ma ciò che vivo di Lui”. “Non siamo noi i mediatori tra Dio e l’umanità, il vero mediatore è Gesù”, conclude padre Ronchi. Come Giovanni Battista, dobbiamo preparare la strada e poi “farci da parte”:
“Pensate la bellezza di una chiesa che non accende i riflettori su di sé – come in questi giorni qua raccolti – ma su di un Altro. Ne abbiamo ancora di strada da fare! Diminuire (…) Gesù non dice ‘prenda la mia croce’, ma la sua, ciascuno la sua (…) Il sogno di Dio non è uno sterminato corteo di uomini donne e bambini ciascuno con la sua croce sulla spalla. Ma di gente incamminata verso una vita buona, lieta e creativa. Una vita che costa un prezzo tenace di impegno e di perseveranza. Ma anche un prezzo dolce, di luce: Il terzo giorno risorgerà!”.
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