Aiuto alla Chiesa che Soffre esprime soddisfazione per la decisione del governo degli Stati Uniti d’America di chiamare, come già deciso dal Parlamento europeo in una risoluzione del 4 febbraio scorso, con il proprio nome, genocidio, quanto accade ai cristiani e alle altre minoranze religiose nelle terre sotto il controllo dello Stato Islamico.
«Genocidio, non vi è altro modo per definire la barbarie subita dai nostri fratelli nella fede – commentano Alfredo Mantovano e Alessandro Monteduro, rispettivamente presidente e direttore di Aiuto alla Chiesa che Soffre Italia – un termine che le Chiese locali nelle persone del Patriarca caldeo, Mar Louis Raphael I Sako, e del Patriarca siro-cattolico Ignace Youssif III Younan, hanno avuto il coraggio di pronunciare sin dal principio. Non è solo una questione terminologica. Che la comunità internazionale parli finalmente di pulizia etnica e di crimini contro l’umanità, per descrivere le violenze dello Stato Islamico, è fondamentale. Si accende una speranza che va alimentata affinché il mondo non lasci sole le Chiese locali, solitarie protagoniste nell’aiuto a chi fugge dalla persecuzione».
Aiuto alla Chiesa che Soffre sostiene da diversi decenni le comunità cristiane in Iraq, dove la persecuzione anticristiana è iniziata ben prima dell’avanzata di Isis nel giugno 2014. «I numeri parlano chiaramente – continuano Mantovano e Monteduro - nel 2002 i cristiani in Iraq erano un milione e 250mila, mentre quando lo Stato Islamico ha preso il controllo di Mosul e di numerosi villaggi cristiani della Piana di Ninive il loro numero era già sceso drasticamente a 300mila». Oggi ne restano appena 250mila, la metà dei quali vive in condizione di rifugiato nel Kurdistan iracheno, dopo essere stata costretta dall’Isis ad abbandonare le proprie case.
«Se non si fermeranno le violenze e la persecuzione ai danni dei cristiani, la secolare comunità di fedeli rischia di scomparire in pochi anni per sempre dall’Iraq – affermano il presidente e il direttore di ACS-Italia - E allo stesso modo la Siria, di cui ricorre in questi giorni il triste quinto anniversario dell’inizio della guerra, si sta drammaticamente svuotando della presenza cristiana. Una città simbolo della Cristianità come Aleppo ha visto il numero di fedeli diminuire drasticamente da 150mila ad appena 35mila in soli cinque anni».
ACS riconosce quanto sia sì importante chiamare il genocidio commesso dallo Stato Islamico con il proprio nome, ma sia altrettanto essenziale porre in essere azioni fattive per arrestare i crimini commessi dagli uomini di al-Baghdadi. «I cristiani di Iraq e Siria, così come le altre minoranze religiose vittime di Isis, chiedono oggi un sostegno concreto da parte dell’Occidente. Per troppo tempo la Chiesa è stata lasciata sola a fronteggiare questa immane tragedia, sostenendo nella maggior parte dei casi non soltanto la comunità cristiana ma l’intera popolazione. Per troppo tempo quella di Papa Francesco è stata l’unica voce a levarsi per denunciare questi crimini contro l’umanità. Ora è il momento che la comunità internazionale dia alle affermazioni un seguito tangibile».
Dall’inizio della crisi siriana nel marzo 2011, Aiuto alla Chiesa che Soffre ha sostenuto le Chiese di Iraq e Siria realizzando progetti per un totale di oltre 27 milioni di euro.
“Aiuto alla Chiesa che Soffre” (ACS), Fondazione di diritto pontificio fondata nel 1947 da padre Werenfried van Straaten, si contraddistingue come l’unica organizzazione che realizza progetti per sostenere la pastorale della Chiesa laddove essa è perseguitata o priva di mezzi per adempiere la sua missione. Nel 2014 ha raccolto oltre 105 milioni di euro nei 21 Paesi dove è presente con Sedi Nazionali e ha realizzato 5.614 progetti in 145 nazioni.
«Genocidio, non vi è altro modo per definire la barbarie subita dai nostri fratelli nella fede – commentano Alfredo Mantovano e Alessandro Monteduro, rispettivamente presidente e direttore di Aiuto alla Chiesa che Soffre Italia – un termine che le Chiese locali nelle persone del Patriarca caldeo, Mar Louis Raphael I Sako, e del Patriarca siro-cattolico Ignace Youssif III Younan, hanno avuto il coraggio di pronunciare sin dal principio. Non è solo una questione terminologica. Che la comunità internazionale parli finalmente di pulizia etnica e di crimini contro l’umanità, per descrivere le violenze dello Stato Islamico, è fondamentale. Si accende una speranza che va alimentata affinché il mondo non lasci sole le Chiese locali, solitarie protagoniste nell’aiuto a chi fugge dalla persecuzione».
Aiuto alla Chiesa che Soffre sostiene da diversi decenni le comunità cristiane in Iraq, dove la persecuzione anticristiana è iniziata ben prima dell’avanzata di Isis nel giugno 2014. «I numeri parlano chiaramente – continuano Mantovano e Monteduro - nel 2002 i cristiani in Iraq erano un milione e 250mila, mentre quando lo Stato Islamico ha preso il controllo di Mosul e di numerosi villaggi cristiani della Piana di Ninive il loro numero era già sceso drasticamente a 300mila». Oggi ne restano appena 250mila, la metà dei quali vive in condizione di rifugiato nel Kurdistan iracheno, dopo essere stata costretta dall’Isis ad abbandonare le proprie case.
«Se non si fermeranno le violenze e la persecuzione ai danni dei cristiani, la secolare comunità di fedeli rischia di scomparire in pochi anni per sempre dall’Iraq – affermano il presidente e il direttore di ACS-Italia - E allo stesso modo la Siria, di cui ricorre in questi giorni il triste quinto anniversario dell’inizio della guerra, si sta drammaticamente svuotando della presenza cristiana. Una città simbolo della Cristianità come Aleppo ha visto il numero di fedeli diminuire drasticamente da 150mila ad appena 35mila in soli cinque anni».
ACS riconosce quanto sia sì importante chiamare il genocidio commesso dallo Stato Islamico con il proprio nome, ma sia altrettanto essenziale porre in essere azioni fattive per arrestare i crimini commessi dagli uomini di al-Baghdadi. «I cristiani di Iraq e Siria, così come le altre minoranze religiose vittime di Isis, chiedono oggi un sostegno concreto da parte dell’Occidente. Per troppo tempo la Chiesa è stata lasciata sola a fronteggiare questa immane tragedia, sostenendo nella maggior parte dei casi non soltanto la comunità cristiana ma l’intera popolazione. Per troppo tempo quella di Papa Francesco è stata l’unica voce a levarsi per denunciare questi crimini contro l’umanità. Ora è il momento che la comunità internazionale dia alle affermazioni un seguito tangibile».
Dall’inizio della crisi siriana nel marzo 2011, Aiuto alla Chiesa che Soffre ha sostenuto le Chiese di Iraq e Siria realizzando progetti per un totale di oltre 27 milioni di euro.
“Aiuto alla Chiesa che Soffre” (ACS), Fondazione di diritto pontificio fondata nel 1947 da padre Werenfried van Straaten, si contraddistingue come l’unica organizzazione che realizza progetti per sostenere la pastorale della Chiesa laddove essa è perseguitata o priva di mezzi per adempiere la sua missione. Nel 2014 ha raccolto oltre 105 milioni di euro nei 21 Paesi dove è presente con Sedi Nazionali e ha realizzato 5.614 progetti in 145 nazioni.
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