Un funzionario del governo di Seoul rivela: “La popolazione del regime esprime scontentezza nei confronti della leadership, e alcuni segnali fanno pensare che l’ansia stia salendo anche ai vertici”. I generi alimentari salgono di prezzo e si rischia una nuova carestia.
Seoul (AsiaNews) - Le sanzioni economiche varate dalla comunità internazionale contro la Corea del Nord “iniziano a fare effetto. La popolazione del regime esprime scontentezza nei confronti della leadership, e alcuni segnali fanno pensare che l’ansia stia salendo anche ai vertici”. Lo ha detto un funzionario del ministero sudcoreano per l’Unificazione, sottolineando l’importanza che la Cina continui ad applicare le sanzioni.
Queste sono state varate lo scorso 2 marzo dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Definite “le più dure da decenni”, sono in effetti molto particolareggiate. La cosa più importante però, sottolineano gli analisti, è che per la prima volta Pechino sembra determinata a mantenerle in vigore. Unico partner rimasto a Pyongyang, il dragone cinese era sempre stato una sorta di valvola di sfogo per “aggirare” i diktat Onu. Ora però sembra che le cose siano cambiate.
Non è chiaro come le informazioni sul malcontento popolare siano giunte a Seoul: “Il regime ha usato tantissima propaganda per presentare i test nucleari e quelli missilistici come ‘grandi risultati’ del leader Kim Jong-un. Ma alcuni nordcoreani iniziano a capire che questi esperimenti non migliorano il loro stile di vita, che anzi ne subisce tutte le conseguenze”.
Di certo la propaganda di Pyongyang sta insistendo molto su una futura “marcia ardua” che il popolo “dovrà affrontare insieme ai suoi leader”. L’ultima volta che venne usato questo termine si verificò nel Paese una devastante carestia, che negli anni Novanta provocò centinaia di migliaia di morti: “Il prezzo dei generi alimentari cresce – conclude il funzionario del Sud – soprattutto al confine sino-coreano. Ma il vero peggioramento arriverà fra poco. E allora vedremo cosa succederà”.
Queste sono state varate lo scorso 2 marzo dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Definite “le più dure da decenni”, sono in effetti molto particolareggiate. La cosa più importante però, sottolineano gli analisti, è che per la prima volta Pechino sembra determinata a mantenerle in vigore. Unico partner rimasto a Pyongyang, il dragone cinese era sempre stato una sorta di valvola di sfogo per “aggirare” i diktat Onu. Ora però sembra che le cose siano cambiate.
Non è chiaro come le informazioni sul malcontento popolare siano giunte a Seoul: “Il regime ha usato tantissima propaganda per presentare i test nucleari e quelli missilistici come ‘grandi risultati’ del leader Kim Jong-un. Ma alcuni nordcoreani iniziano a capire che questi esperimenti non migliorano il loro stile di vita, che anzi ne subisce tutte le conseguenze”.
Di certo la propaganda di Pyongyang sta insistendo molto su una futura “marcia ardua” che il popolo “dovrà affrontare insieme ai suoi leader”. L’ultima volta che venne usato questo termine si verificò nel Paese una devastante carestia, che negli anni Novanta provocò centinaia di migliaia di morti: “Il prezzo dei generi alimentari cresce – conclude il funzionario del Sud – soprattutto al confine sino-coreano. Ma il vero peggioramento arriverà fra poco. E allora vedremo cosa succederà”.
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