Respinto il ricorso della poetessa egiziana contro la sentenza per “oltragio” emessa lo scorso gennaio per le critiche contro pratiche islamiche.
Con una sentenza del Tribunale per reati minori del Cairo, è confermata la condanna a tre anni di reclusione e al pagamento di un'ammenda di 20 mila sterline egiziane, pari a 2.550 dollari, per la scrittrice e blogger egiziana Fatima Naoot. Alla base della disputa, le critiche mosse dalla Naoot sulla sua pagina facebook, in merito alle pratiche islamiche di olocausti con uccisioni di agnelli, vitelli e montoni per la “festa del sacrificio”, meglio conosciuta in patria come “Eid al Adha”.
Più nel dettaglio, l'espressione incriminata sarebbe “felice massacro” rivolta all'uccisione degli animali per scopi sacrificali.
La festa in questione è la più importante del calendario islamico e ricorda il passo biblico del sacrificio del figlio di Abramo, Isacco, poi ripreso dal Corano.
I montoni uccisi in tale ricorrenza sono migliaia, così come per la Pasqua cristiana si intensifica il consumo di carne d'agnello per il menù domenicale.
Gli animalisti criticano ambedue le modalità, con la differenza che in ambito cristiano non è prevista nessuna repressione o bavaglio coatto, al contrario di altri ambienti più intransigenti che si rifanno alla dottrina islamica.
Dopo quasi un anno dall'apertura del processo dunque, la condanna di oltraggio resta immutata, aggravata dall'incentivo del “disturbo della quiete pubblica” e della “diffusione dell'odio confessionale”.
Verrebbe da dibattere sul fatto che l'odio confessionale” non è fomentato da espressioni che in normali contesti civili fanno parte delle “opinioni personali” e come tali rispettate.
Purtroppo, si moltiplicano i casi di accuse nei confronti di chi si discosta da una visione islamizzata della società. Si pensi al ricercatore Islam Beheri, che lo scorso dicembre è stato accusato di aver emesso “giudizi offensivi nei confronti della religione musulmana” durante la trasmissione televisiva da lui condotta presso il canale di “Al Qahera Wal-Nas”.
C'è chi magari si becca “soltanto” un'accusa di blasfemia e con qualche anno di prigione “sconta i propri peccati”, chi invece è meno fortunato e perde la vita in spedizioni punitive “ad personam” o in attentati e stragi di massa.
Con una sentenza del Tribunale per reati minori del Cairo, è confermata la condanna a tre anni di reclusione e al pagamento di un'ammenda di 20 mila sterline egiziane, pari a 2.550 dollari, per la scrittrice e blogger egiziana Fatima Naoot. Alla base della disputa, le critiche mosse dalla Naoot sulla sua pagina facebook, in merito alle pratiche islamiche di olocausti con uccisioni di agnelli, vitelli e montoni per la “festa del sacrificio”, meglio conosciuta in patria come “Eid al Adha”.
Più nel dettaglio, l'espressione incriminata sarebbe “felice massacro” rivolta all'uccisione degli animali per scopi sacrificali.
La festa in questione è la più importante del calendario islamico e ricorda il passo biblico del sacrificio del figlio di Abramo, Isacco, poi ripreso dal Corano.
I montoni uccisi in tale ricorrenza sono migliaia, così come per la Pasqua cristiana si intensifica il consumo di carne d'agnello per il menù domenicale.
Gli animalisti criticano ambedue le modalità, con la differenza che in ambito cristiano non è prevista nessuna repressione o bavaglio coatto, al contrario di altri ambienti più intransigenti che si rifanno alla dottrina islamica.
Dopo quasi un anno dall'apertura del processo dunque, la condanna di oltraggio resta immutata, aggravata dall'incentivo del “disturbo della quiete pubblica” e della “diffusione dell'odio confessionale”.
Verrebbe da dibattere sul fatto che l'odio confessionale” non è fomentato da espressioni che in normali contesti civili fanno parte delle “opinioni personali” e come tali rispettate.
Purtroppo, si moltiplicano i casi di accuse nei confronti di chi si discosta da una visione islamizzata della società. Si pensi al ricercatore Islam Beheri, che lo scorso dicembre è stato accusato di aver emesso “giudizi offensivi nei confronti della religione musulmana” durante la trasmissione televisiva da lui condotta presso il canale di “Al Qahera Wal-Nas”.
C'è chi magari si becca “soltanto” un'accusa di blasfemia e con qualche anno di prigione “sconta i propri peccati”, chi invece è meno fortunato e perde la vita in spedizioni punitive “ad personam” o in attentati e stragi di massa.
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