A riferirlo è Padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa vaticana, durante la presentazione dell'itinerario sull'isola greca. Niente Politica, è questione di solidarietà cristiana.
Così come accadde per Lampedusa, anche Lesbo è in gravi condizioni sociali. I profughi sono trattenuti in una sorta di limbo in attesa di giudizio. La presenza del Papa può solo che fare bene perché permette di accendere i riflettori su un luogo dimenticato dalle dinamiche politiche ed economiche. Come afferma Padre Lombardi: “Questa visita nasce dalla preoccupazione del Papa per la situazione dei migranti e dei rifugiati. Preoccupazione condivisa, come sappiamo, dal Patriarca Bartolomeo, con cui c’è una profonda sintonia, e condivisa dalla Chiesa ortodossa greca, che vive evidentemente nel suo Paese la situazione gravissima che conosciamo".
Ad accoglierlo in aeroporto, sabato intorno alle 10.20 del mattino, il premier greco Tsipras, insieme al già citato Patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo e all’arcivescovo di Atene e di tutta la Grecia Ieronymos.
Il punto cruciale dell'itinerario sarà però la tappa del campo profughi di Mòria, che ospita 2500 migranti in attesa di asilo. Il luogo, a detta di Mari Stella Tsamatroupoulou responsabile della Caritas Hellas, non è più un centro di accoglienza bensì di reclusione. Qui, Bergoglio pranzerà con i migranti.
Per noi – dichiara la Responsabile – il Papa è una fonte di ispirazione fortissima, il fatto che venga qui a mostrare la sua unità con i profughi ci dà la forza di andare avanti nel nostro lavoro di aiuto alle persone”.
Anche Amnesty International accoglie positivamente l'iniziativa del Pontefice auspicando che “egli possa anche denunciare le violazioni, la paura e l'incertezza di migliaia di migranti e rifugiati intrappolati in un limbo, a Lesbo come in altre parti della Grecia”.
Certe scelte – come quella di Mòria – sono frutto dell'egoismo, dello scarica barile per delegare ad altri responsabilità e oneri. Le problematiche di Lesbo sono la diretta conseguenza del devastante impatto che l'accordo tra l'Unione Europea e la Turchia sta producendo nei confronti di donne, uomini e bambini trattati come carne da macello.
L'’arcivescovo Ivan Jurkovič, nuovo osservatore permanente della Santa Sede presso l'Ufficio Onu di Ginevra, dopo un incontro privato con il Santo Padre in merito al viaggio greco, afferma: “Credo che la prima impressione del Papa fosse questa terribile sorpresa negli ultimi anni di avere la guerra così vicina e così vicine anche tutte le conseguenze della guerra.
Dice che gli è venuta spontanea la decisione di fare qualcosa e che ha avuto subito un’accoglienza positiva anche da parte della Chiesa ortodossa greca. L’urgenza della situazione – continua il Prelato – ci porta alla più stretta collaborazione e anche a vedute più simili. Il Papa mi ha detto, poi, che ciò che lo sorprende sempre di più sono queste dinamiche nello sviluppo dell’economia mondiale, che non producono lavoro. Si produce anche il bene, il bene nominale, anche grandi ricchezze, ma tanta gente rimane senza lavoro”.
Da più parti dunque, il desiderio che il Successore di Pietro possa svegliare le coscienze, affinché si capisca l'esistenza di un disagio e di conseguenza di possibili soluzioni, è il filo conduttore dell'itinerario in terra greca.
Bisogna agire, e anche in fretta. Lo spazio di accoglienza è inaccettabile, troppo risicato per contenere la mole di persone rifugiate. Il cibo non è sufficiente, così come i servizi sanitari e il sostegno psicologico. Le informazioni all'interno del campo sono esili per non dire carenti.
Questa è in estrema sintesi la fotografia scattata da Medici senza frontiere, che dopo l'accordo tra l'Ue ed Ankara, ha deciso di abbandonare le proprie attività all'interno dell'hotspot per non essere complice di logiche “disumane”, come ha ribadito Michele Telaro, capo progetto dell'Organizzazione a Lesbo.
Il Vicario di Cristo ha chiesto che si costruissero “ponti, non muri”. Che dunque il viaggio papale possa essere l'inizio di un lieto fine per le migliaia di persone coinvolte, specie bambini, affinché siano garantite loro condizioni più umane.
Così come accadde per Lampedusa, anche Lesbo è in gravi condizioni sociali. I profughi sono trattenuti in una sorta di limbo in attesa di giudizio. La presenza del Papa può solo che fare bene perché permette di accendere i riflettori su un luogo dimenticato dalle dinamiche politiche ed economiche. Come afferma Padre Lombardi: “Questa visita nasce dalla preoccupazione del Papa per la situazione dei migranti e dei rifugiati. Preoccupazione condivisa, come sappiamo, dal Patriarca Bartolomeo, con cui c’è una profonda sintonia, e condivisa dalla Chiesa ortodossa greca, che vive evidentemente nel suo Paese la situazione gravissima che conosciamo".
Ad accoglierlo in aeroporto, sabato intorno alle 10.20 del mattino, il premier greco Tsipras, insieme al già citato Patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo e all’arcivescovo di Atene e di tutta la Grecia Ieronymos.
Il punto cruciale dell'itinerario sarà però la tappa del campo profughi di Mòria, che ospita 2500 migranti in attesa di asilo. Il luogo, a detta di Mari Stella Tsamatroupoulou responsabile della Caritas Hellas, non è più un centro di accoglienza bensì di reclusione. Qui, Bergoglio pranzerà con i migranti.
Per noi – dichiara la Responsabile – il Papa è una fonte di ispirazione fortissima, il fatto che venga qui a mostrare la sua unità con i profughi ci dà la forza di andare avanti nel nostro lavoro di aiuto alle persone”.
Anche Amnesty International accoglie positivamente l'iniziativa del Pontefice auspicando che “egli possa anche denunciare le violazioni, la paura e l'incertezza di migliaia di migranti e rifugiati intrappolati in un limbo, a Lesbo come in altre parti della Grecia”.
Certe scelte – come quella di Mòria – sono frutto dell'egoismo, dello scarica barile per delegare ad altri responsabilità e oneri. Le problematiche di Lesbo sono la diretta conseguenza del devastante impatto che l'accordo tra l'Unione Europea e la Turchia sta producendo nei confronti di donne, uomini e bambini trattati come carne da macello.
L'’arcivescovo Ivan Jurkovič, nuovo osservatore permanente della Santa Sede presso l'Ufficio Onu di Ginevra, dopo un incontro privato con il Santo Padre in merito al viaggio greco, afferma: “Credo che la prima impressione del Papa fosse questa terribile sorpresa negli ultimi anni di avere la guerra così vicina e così vicine anche tutte le conseguenze della guerra.
Dice che gli è venuta spontanea la decisione di fare qualcosa e che ha avuto subito un’accoglienza positiva anche da parte della Chiesa ortodossa greca. L’urgenza della situazione – continua il Prelato – ci porta alla più stretta collaborazione e anche a vedute più simili. Il Papa mi ha detto, poi, che ciò che lo sorprende sempre di più sono queste dinamiche nello sviluppo dell’economia mondiale, che non producono lavoro. Si produce anche il bene, il bene nominale, anche grandi ricchezze, ma tanta gente rimane senza lavoro”.
Da più parti dunque, il desiderio che il Successore di Pietro possa svegliare le coscienze, affinché si capisca l'esistenza di un disagio e di conseguenza di possibili soluzioni, è il filo conduttore dell'itinerario in terra greca.
Bisogna agire, e anche in fretta. Lo spazio di accoglienza è inaccettabile, troppo risicato per contenere la mole di persone rifugiate. Il cibo non è sufficiente, così come i servizi sanitari e il sostegno psicologico. Le informazioni all'interno del campo sono esili per non dire carenti.
Questa è in estrema sintesi la fotografia scattata da Medici senza frontiere, che dopo l'accordo tra l'Ue ed Ankara, ha deciso di abbandonare le proprie attività all'interno dell'hotspot per non essere complice di logiche “disumane”, come ha ribadito Michele Telaro, capo progetto dell'Organizzazione a Lesbo.
Il Vicario di Cristo ha chiesto che si costruissero “ponti, non muri”. Che dunque il viaggio papale possa essere l'inizio di un lieto fine per le migliaia di persone coinvolte, specie bambini, affinché siano garantite loro condizioni più umane.
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