Marea nera di Genova: «Delocalizzare impianti petroliferi, fondamentale per evitare altri incidenti»
Toti: «La quantità sversata è enorme, valutiamo lo stato di emergenza».Indagini per disastro ambientale colposo. Wwf: «Ci costituiremo parte civile».
GreenReport - La marea nera che ha colpito Genova la sera del 17 aprile, proprio mentre si votava al referendum contro le trivelle, sembra aver superato la fase dell’emergenza più acuta e, come scrive Il Secolo XIX, «ora si lavora alla ricostruzione degli eventi che hanno portato al maxi sversamento di petrolio nel torrente Polcevera e nei suoi affluenti».
Il pubblico ministero Alberto Landolfi ipotizzato il reato di disastro ambientale colposo e ha chiesto alla squadra giudiziaria dei vigili del fuoco e dell’Arpal di chiarire diversi aspetti di questa vicenda, in particolare per quanto riguarda la manutenzione dell’oleodotto dell’Iplom e il tempo che cui è voluto alla compagnia petrolifera per arginare la fuoriuscita di petrolio. Si sta verificando anche una segnalazione dei comitati secondo la quale una frana prodotta dai lavori dei cantieri del Terzo Valico potrebbe aver influito sul danneggiamento dell’oleodotto.
Al momento, dai dati noti e diffusi dalla Regione Liguria risulta che circa 500 metri cubi di petrolio hanno inquinato 4 chilometri di corsi d’acqua. «Le barriere che abbiamo costruito stanno limitando molto i problemi – ha dichiarato il presidente Giovanni Toti nel corso del sopralluogo sul Polcevera – il che non vuol dire che il danno non sia ingente: la quantità sversata è enorme. È un petrolio molto pesante, non provoca esalazioni velenose ma si sta depositando sul fondo e necessiterà di una lunga bonifica. Valutiamo lo stato di emergenza: a livello regionale è certo, probabile che ci siano le condizioni per chiederla anche a livello nazionale».
Purtroppo l’incidente del Polcevera – sottolineano dal Wwf nazionale – dimostra la fragilità ambientale di Genova dove i corsi d’acqua sono ormai al collasso: dopo le recenti e tragiche alluvioni del Ferreggiano (2011, 2014) costretto in un alveo sempre più ridotto da un consumo di suolo fuori controllo, ora è la volta del Polcevera ora devastato dallo sversamento di 5/600 mc di idrocarburi (circa 700 tonnellate) fuoriusciti a causa della rottura di un oleodotto irresponsabilmente collocato a ridosso del fiume. «Per lo sversamento di petrolio nel Polcevera – dichiarano dunque dal Panda – ci costituiremo parte civile, nel processo che presumibilmente si aprirà per “disastro colposo”, così come abbiamo fatto per il fiume Lambro dove lo scorso 4 aprile è arrivata la sentenza di condanna. Si tratta, infatti di un incidente molto simile a quello del 2010 dove furono sversate circa 2800 tonnellate di idrocarburi nel Lambro, che poi le riversò direttamente nel Po».
Secondo Santo Grammatico, presidente di Legambiente Liguria, «questo incidente per la quantità di greggio fuoriuscita dall’oleodotto e che ha interessato il rio Penego prima, poi il Fegino e il Torrente Polcevera, risulta tra i più gravi di questi ultimi anni. Ancora una volta in primo piano il problema della convivenza tra gli stabilimenti a rischio di incidente rilevante, come i depositi di oli minerali Iplom di Fegino, e la popolazione locale. Spesso sono i gas e vapori emessi da questi che colpiscono e preoccupano chi vive, lavora, studia nel comprensorio. Oltre il danno ambientale, che dovrà essere quantificato ci auguriamo che le operazioni di messa in sicurezza evitino una prolungata esposizione dei cittadini residenti ai miasmi insalubri che possono avere effetti sulla salute. Infine dovrà avvenire celermente, da parte dell’Azienda, la bonifica e il ripristino dei luoghi interessati dalla dispersione di petrolio».
Alessandro Smeraldi, presidente del circolo Legambiente Amici a Ponente, conferma: «E’ l’ennesimo episodio di una convivenza tra popolazione locale e le attività di Iplom che non sembra compatibile Ancora ad inizio del 2015 si erano verificati problemi riguardo alla produzione di miasmi, dovuti all’attività di trasporto di prodotti petroliferi nell’area di stoccaggio Iplom a Fegino, che rendevano l’aria irrespirabile per gli abitanti del quartiere e in particolare della succursale del’Ist. Comp. Di Borzoli, oggi chiusa in via precauzionale a causa dell’emergenza per lo sversamento. Convivenza che sembra influire anche sulle opere di messa in sicurezza del torrente Fegino da parte del Comune, visto il passaggio in alcuni tratti sotto il letto del rio delle tubazioni dell’oleodotto, presenza che comporta rallentamenti nei lavori e aumento dei costi a carico della Pubblica Amministrazione. Necessaria ora una valutazione, da parte delle autorità, dell’impatto ambientale e sanitario conseguente allo sversamento, anche in termini di modalità e tempistiche di ripristino delle aree colpite e una riflessione seria sulla delocalizzazione degli impianti per evitare il ripetersi di questi gravi episodi».
GreenReport - La marea nera che ha colpito Genova la sera del 17 aprile, proprio mentre si votava al referendum contro le trivelle, sembra aver superato la fase dell’emergenza più acuta e, come scrive Il Secolo XIX, «ora si lavora alla ricostruzione degli eventi che hanno portato al maxi sversamento di petrolio nel torrente Polcevera e nei suoi affluenti».
Il pubblico ministero Alberto Landolfi ipotizzato il reato di disastro ambientale colposo e ha chiesto alla squadra giudiziaria dei vigili del fuoco e dell’Arpal di chiarire diversi aspetti di questa vicenda, in particolare per quanto riguarda la manutenzione dell’oleodotto dell’Iplom e il tempo che cui è voluto alla compagnia petrolifera per arginare la fuoriuscita di petrolio. Si sta verificando anche una segnalazione dei comitati secondo la quale una frana prodotta dai lavori dei cantieri del Terzo Valico potrebbe aver influito sul danneggiamento dell’oleodotto.
Al momento, dai dati noti e diffusi dalla Regione Liguria risulta che circa 500 metri cubi di petrolio hanno inquinato 4 chilometri di corsi d’acqua. «Le barriere che abbiamo costruito stanno limitando molto i problemi – ha dichiarato il presidente Giovanni Toti nel corso del sopralluogo sul Polcevera – il che non vuol dire che il danno non sia ingente: la quantità sversata è enorme. È un petrolio molto pesante, non provoca esalazioni velenose ma si sta depositando sul fondo e necessiterà di una lunga bonifica. Valutiamo lo stato di emergenza: a livello regionale è certo, probabile che ci siano le condizioni per chiederla anche a livello nazionale».
Purtroppo l’incidente del Polcevera – sottolineano dal Wwf nazionale – dimostra la fragilità ambientale di Genova dove i corsi d’acqua sono ormai al collasso: dopo le recenti e tragiche alluvioni del Ferreggiano (2011, 2014) costretto in un alveo sempre più ridotto da un consumo di suolo fuori controllo, ora è la volta del Polcevera ora devastato dallo sversamento di 5/600 mc di idrocarburi (circa 700 tonnellate) fuoriusciti a causa della rottura di un oleodotto irresponsabilmente collocato a ridosso del fiume. «Per lo sversamento di petrolio nel Polcevera – dichiarano dunque dal Panda – ci costituiremo parte civile, nel processo che presumibilmente si aprirà per “disastro colposo”, così come abbiamo fatto per il fiume Lambro dove lo scorso 4 aprile è arrivata la sentenza di condanna. Si tratta, infatti di un incidente molto simile a quello del 2010 dove furono sversate circa 2800 tonnellate di idrocarburi nel Lambro, che poi le riversò direttamente nel Po».
Secondo Santo Grammatico, presidente di Legambiente Liguria, «questo incidente per la quantità di greggio fuoriuscita dall’oleodotto e che ha interessato il rio Penego prima, poi il Fegino e il Torrente Polcevera, risulta tra i più gravi di questi ultimi anni. Ancora una volta in primo piano il problema della convivenza tra gli stabilimenti a rischio di incidente rilevante, come i depositi di oli minerali Iplom di Fegino, e la popolazione locale. Spesso sono i gas e vapori emessi da questi che colpiscono e preoccupano chi vive, lavora, studia nel comprensorio. Oltre il danno ambientale, che dovrà essere quantificato ci auguriamo che le operazioni di messa in sicurezza evitino una prolungata esposizione dei cittadini residenti ai miasmi insalubri che possono avere effetti sulla salute. Infine dovrà avvenire celermente, da parte dell’Azienda, la bonifica e il ripristino dei luoghi interessati dalla dispersione di petrolio».
Alessandro Smeraldi, presidente del circolo Legambiente Amici a Ponente, conferma: «E’ l’ennesimo episodio di una convivenza tra popolazione locale e le attività di Iplom che non sembra compatibile Ancora ad inizio del 2015 si erano verificati problemi riguardo alla produzione di miasmi, dovuti all’attività di trasporto di prodotti petroliferi nell’area di stoccaggio Iplom a Fegino, che rendevano l’aria irrespirabile per gli abitanti del quartiere e in particolare della succursale del’Ist. Comp. Di Borzoli, oggi chiusa in via precauzionale a causa dell’emergenza per lo sversamento. Convivenza che sembra influire anche sulle opere di messa in sicurezza del torrente Fegino da parte del Comune, visto il passaggio in alcuni tratti sotto il letto del rio delle tubazioni dell’oleodotto, presenza che comporta rallentamenti nei lavori e aumento dei costi a carico della Pubblica Amministrazione. Necessaria ora una valutazione, da parte delle autorità, dell’impatto ambientale e sanitario conseguente allo sversamento, anche in termini di modalità e tempistiche di ripristino delle aree colpite e una riflessione seria sulla delocalizzazione degli impianti per evitare il ripetersi di questi gravi episodi».
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