Siria, l’Arcivescovo Hildo denuncia scontri armati tra curdi e l’esercito siriano. Nuovo conflitto in vista?
Il teatro delle violenze è la città di Qamishli, nella zona nord-orientale di Jazira in Siria. A confermarlo è il Prelato che avverte: “sta aumentando il livello di tensione”.
di Dario Cataldo
La città è un campo minato, un luogo frazionato, in cui le aree controllate dalle coalizioni opposte prospettano nuovi scenari di terrore. Da un lato l’esercito fedele a Bashar Assad e dall’altro, le milizie curde.
Come riferisce Mons. Hindo, a capo dell’Arcieparchia siro-cattolica di Hassakè-Nisibi: “Gli scontri si sono verificati ieri con una violenza che segna un innalzamento del livello di tensione rispetto agli incidenti e alla scaramucce finora registrate tra l'esercito di Assad e i miliziani curdi delle Unità di protezione popolare. Ci sono stati morti – continua l’Arcivescovo – ma il numero preciso non si conosce. Alcuni dicono tre, altri dicono cinque, altri ancora otto. Questa mattina si sono sentite raffiche di kalashnikov anche nel centro della città, vicino alla chiesa siro-cattolica dei Santi Pietro e Paolo. Vuol dire che forse è solo l'inizio di un nuovo fronte di conflitto, destinato a non finire subito”.
Gli scontri in tale regione siriana sembrano prospettare loschi scenari. La zona Nord-orientale della Nazione è a maggioranza curda; di conseguenza, dietro la tragedia in Medio Oriente, potrebbero esserci interessi che vanno oltre lo scontro con i jihadisti dello Stato islamico. Da quanto osserva Hildo: “Qui da noi quelli del Daesh non ci sono. I presidi jihadisti più vicini sono ad almeno sessanta chilometri da Hassakè. Eppure si continua a sparare, e a morire”.
Ecco che dunque il dubbio sorge spontaneo, a testimonianza che dietro la guerra civile in Siria, si muovono poteri forti che prevaricano le rappresaglie religiose. Continuare a destabilizzare un territorio ferito e martoriato, sembra come una partita a scacchi in cui i giocatori di certo fanno i propri interessi.
Gli ignari spettatori siriani pagano invece le conseguenze delle scellerate mosse nello scacchiere geopolitico. Tra morti, sfollati e richiedenti asilo – nel solo 2015 il numero delle richieste è salito a circa 150 mila – si assiste allo smembramento di un popolo.
di Dario Cataldo
La città è un campo minato, un luogo frazionato, in cui le aree controllate dalle coalizioni opposte prospettano nuovi scenari di terrore. Da un lato l’esercito fedele a Bashar Assad e dall’altro, le milizie curde.
Come riferisce Mons. Hindo, a capo dell’Arcieparchia siro-cattolica di Hassakè-Nisibi: “Gli scontri si sono verificati ieri con una violenza che segna un innalzamento del livello di tensione rispetto agli incidenti e alla scaramucce finora registrate tra l'esercito di Assad e i miliziani curdi delle Unità di protezione popolare. Ci sono stati morti – continua l’Arcivescovo – ma il numero preciso non si conosce. Alcuni dicono tre, altri dicono cinque, altri ancora otto. Questa mattina si sono sentite raffiche di kalashnikov anche nel centro della città, vicino alla chiesa siro-cattolica dei Santi Pietro e Paolo. Vuol dire che forse è solo l'inizio di un nuovo fronte di conflitto, destinato a non finire subito”.
Gli scontri in tale regione siriana sembrano prospettare loschi scenari. La zona Nord-orientale della Nazione è a maggioranza curda; di conseguenza, dietro la tragedia in Medio Oriente, potrebbero esserci interessi che vanno oltre lo scontro con i jihadisti dello Stato islamico. Da quanto osserva Hildo: “Qui da noi quelli del Daesh non ci sono. I presidi jihadisti più vicini sono ad almeno sessanta chilometri da Hassakè. Eppure si continua a sparare, e a morire”.
Ecco che dunque il dubbio sorge spontaneo, a testimonianza che dietro la guerra civile in Siria, si muovono poteri forti che prevaricano le rappresaglie religiose. Continuare a destabilizzare un territorio ferito e martoriato, sembra come una partita a scacchi in cui i giocatori di certo fanno i propri interessi.
Gli ignari spettatori siriani pagano invece le conseguenze delle scellerate mosse nello scacchiere geopolitico. Tra morti, sfollati e richiedenti asilo – nel solo 2015 il numero delle richieste è salito a circa 150 mila – si assiste allo smembramento di un popolo.
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