Aperte ieri in Siria le elezioni governative in concomitanza con il
secondo round dei negoziati di Ginevra. Da Radiovaticana il parere del
prof. Daniele De Luca, esperto di relazioni internazionali.
Radiovaticana - In Siria le forze lealiste sono tornate all'attacco nei pressi di Aleppo nel tentativo di riconquistare una località strategica sulla strada che collega la città del nord di Damasco. Oggi, nelle regioni sotto il controllo governativo, si svolgono le elezioni legislative. Nelle stesse ore, la ripresa dei negoziati a Ginevra. Secondo l’inviato dell’Onu, De Mistura, a questo punto si tratta di affrontare concretamente il nodo cruciale della "transizione" politica a Damasco. Delle sfide del negoziato e del voto, Fausta Speranza ha parlato con Daniele De Luca, docente di Storia delle relazioni internazionali all’Università del Salento:
R. – E’ sicuramente il nodo centrale, ma è anche sicuramente l’ostacolo più grande. Di che tipo di transizione politica parliamo? Dipende. Dipende, infatti, da quale punto di vista lo andiamo ad osservare. Gli Stati Uniti vorrebbero l’eliminazione politica del Presidente Assad; i russi e gli iraniani, sicuramente no. E’ per questo che, per esempio, Staffan de Mistura ha utilizzato un termine preciso: ha definito i colloqui di pace come “flessibili”. In questo momento, infatti, ci vuole una grande flessibilità, soprattutto dopo le vittorie sul terreno da parte dei russi e, quindi, dell’esercito di Assad.
D. – L’inviato Onu, de Mistura, ha fatto tappa a Teheran, alla vigilia di questa ripresa dei negoziati. Che dire?
R. – Il ruolo di Teheran è centrale, ma è un’aquila bicipite: c’è la testa iraniana e c’è la testa russa. Il ruolo dei due Paesi è assolutamente centrale: dall’esterno, l’Iran, come supporto politico al governo di Assad; all’interno, un appoggio e un intervento diretto militare da parte dei russi, nella riconquista di zone che fino a poco tempo fa erano nelle mani o del presunto Califfato oppure delle forze di opposizione. Non dimentichiamo il ruolo della grande vittoria, da un punto di vista propagandistico, per la conquista di Palmira e anche l’annuncio da parte del governo siriano di un possibile intervento per la riconquista di Aleppo.
D. – Dopo cinque anni di conflitto, le elezioni legislative. Davvero è possibile, nelle zone sotto controllo di Assad ovviamente, esprimersi per il popolo siriano?
R. – Le elezioni si tengono in un territorio che, in questo momento, è controllato di nuovo dal governo di Damasco, dal governo di Assad. Bisogna, però, considerare alcune cose. Primo, fino a pochi anni fa, cioè fino al 2011, inizio della guerra civile, in queste zone si trovavano 24 milioni e mezzo di persone e, oggi come oggi, ce ne sono quasi otto milioni. Le ragioni sono facilmente intuibili: la fuga, la guerra, l’intervento dell’Is e così via. Quindi sono elezioni particolarmente delicate e difficili da interpretare. Sono elezioni in cui, per esempio – e questa cosa è stata voluta – non compare tantissimo il nome del presidente Assad, ma in quasi tutti i manifesti e la propaganda si parla di unità della Siria, di ruolo centrale della Siria. Questo non vuol dire che Assad abbia fatto un piccolo passo indietro o un grande passo indietro; questo vuol dire che, in questo momento, da un punto di vista propagandistico, è centrale sottolineare come stia “vincendo la Siria”: naturalmente, è la Siria del governo Assad.
Radiovaticana - In Siria le forze lealiste sono tornate all'attacco nei pressi di Aleppo nel tentativo di riconquistare una località strategica sulla strada che collega la città del nord di Damasco. Oggi, nelle regioni sotto il controllo governativo, si svolgono le elezioni legislative. Nelle stesse ore, la ripresa dei negoziati a Ginevra. Secondo l’inviato dell’Onu, De Mistura, a questo punto si tratta di affrontare concretamente il nodo cruciale della "transizione" politica a Damasco. Delle sfide del negoziato e del voto, Fausta Speranza ha parlato con Daniele De Luca, docente di Storia delle relazioni internazionali all’Università del Salento:
R. – E’ sicuramente il nodo centrale, ma è anche sicuramente l’ostacolo più grande. Di che tipo di transizione politica parliamo? Dipende. Dipende, infatti, da quale punto di vista lo andiamo ad osservare. Gli Stati Uniti vorrebbero l’eliminazione politica del Presidente Assad; i russi e gli iraniani, sicuramente no. E’ per questo che, per esempio, Staffan de Mistura ha utilizzato un termine preciso: ha definito i colloqui di pace come “flessibili”. In questo momento, infatti, ci vuole una grande flessibilità, soprattutto dopo le vittorie sul terreno da parte dei russi e, quindi, dell’esercito di Assad.
D. – L’inviato Onu, de Mistura, ha fatto tappa a Teheran, alla vigilia di questa ripresa dei negoziati. Che dire?
R. – Il ruolo di Teheran è centrale, ma è un’aquila bicipite: c’è la testa iraniana e c’è la testa russa. Il ruolo dei due Paesi è assolutamente centrale: dall’esterno, l’Iran, come supporto politico al governo di Assad; all’interno, un appoggio e un intervento diretto militare da parte dei russi, nella riconquista di zone che fino a poco tempo fa erano nelle mani o del presunto Califfato oppure delle forze di opposizione. Non dimentichiamo il ruolo della grande vittoria, da un punto di vista propagandistico, per la conquista di Palmira e anche l’annuncio da parte del governo siriano di un possibile intervento per la riconquista di Aleppo.
D. – Dopo cinque anni di conflitto, le elezioni legislative. Davvero è possibile, nelle zone sotto controllo di Assad ovviamente, esprimersi per il popolo siriano?
R. – Le elezioni si tengono in un territorio che, in questo momento, è controllato di nuovo dal governo di Damasco, dal governo di Assad. Bisogna, però, considerare alcune cose. Primo, fino a pochi anni fa, cioè fino al 2011, inizio della guerra civile, in queste zone si trovavano 24 milioni e mezzo di persone e, oggi come oggi, ce ne sono quasi otto milioni. Le ragioni sono facilmente intuibili: la fuga, la guerra, l’intervento dell’Is e così via. Quindi sono elezioni particolarmente delicate e difficili da interpretare. Sono elezioni in cui, per esempio – e questa cosa è stata voluta – non compare tantissimo il nome del presidente Assad, ma in quasi tutti i manifesti e la propaganda si parla di unità della Siria, di ruolo centrale della Siria. Questo non vuol dire che Assad abbia fatto un piccolo passo indietro o un grande passo indietro; questo vuol dire che, in questo momento, da un punto di vista propagandistico, è centrale sottolineare come stia “vincendo la Siria”: naturalmente, è la Siria del governo Assad.
Tweet |
Sono presenti 0 commenti
Inserisci un commento
Gentile lettore, i commenti contententi un linguaggio scorretto e offensivo verranno rimossi.