Il Presidente Barack Obama ha annunciato in una conferenza stampa ad Hanoi, la prima tappa del viaggio asiatico del Presidente, che gli Stati Uniti hanno deciso di revocare definitivamente l'embargo sulla vendita di armi all'ex nemico vietnamita.
Radio Vaticana - Una decisione che arriva dopo 50 anni e che segna la fine di un graduale disgelo tra i due Paesi iniziato già nel 2014. Nel corso della visita, Obama e il suo omologo vietnamita hanno firmato una serie di accordi commerciali per un valore di 16 miliardi di dollari. "Il disgelo sugli armamenti è dettato dal desiderio di portare a termine il processo di normalizzazione dei rapporti avviato con il Vietnam" ha ribadito Obama, aggiungendo che non si tratta di una scelta tattica in funzione anti-cinese.
Dopo Hanoi, il Presidente americano si sposterà in Giappone per il G7 e ad Hiroshima, tra i fantasmi della prima bomba atomica. Sull'importanza di questa apertura connotata da una forte valenza simbolica, Valentina Onori ha intervistato Luigi Bonanate, docente di relazioni internazionali all'Università di Torino:
R. – Eventi di questo tipo, come un embargo, hanno sempre una portata simbolica positiva. Dal punto di vista dei rapporti Cina-Vietnam penso che la cosa sia molto marginale. La Cina ha ben altri problemi, ben altri interessi. Mi sembra significativo, più che altro, il fatto che vediamo in Obama che sembra stia facendo le valige. Fa le pulizia di casa e prima di andarsene chiude le diverse pratiche che erano ancora aperte. Ha chiarito la situazione con Cuba, quella con il Vietnam, quella – qualche mese fa – con l’Iran sulla questione del nucleare. Rimane però un embargo molto importante – e io suggerirei di togliere anche quello – nei confronti della Russia. Perché questi tipi di embargo vengono pagati essenzialmente dalla società più che dai gerarchi che vivono sempre in modo particolarmente protetto, fortunato, ricco e lussuoso.
D. - Questa revoca è vincolata dal fatto che il Vietnam debba assumere impegni significativi sul fronte dei diritti umani..
R. - Chiudere quella che è una delle pagine più brutte della storia degli Stati Uniti mi sembra che sia comunque una cosa giusta e saggia. Mi sembra una cosa buona perché la guerra del Vietnam per gli Stati Uniti è stato un danno anche interno, non solo sul piano internazionale. Il problema dei diritti umani rimane uno degli aspetti sui quali Obama e chiunque sia il suo successore, tutti noi, dobbiamo continuare a insistere, legando il più possibile questo tipo di contatto, collaborazione, commercio tra le varie parti del mondo proprio al rispetto dei diritti umani.
D. - In questo viaggio ha fatto molto scalpore la dichiarazione di Obama su Hiroshima: non chiederà scusa per le bombe atomiche
R. - È stata un’operazione di guerra; un’operazione sbagliata dal punto di vista strategico. Ma, proviamo a chiederci: sarebbero mai riusciti dei generali, dei comandati o dei politici a chiedere scusa delle tante altre azioni sbagliate compiute nelle guerre del passato? È vero che il caso di Hiroshima è simbolicamente ben diverso dagli altri. Hiroshima e Nagasaki hanno cambiato la storia dell’umanità, però il fatto che lui ci sia andato, secondo me, è già una dimostrazione sufficiente della presa in considerazione dell’importanza e della gravità di quell’evento. Che poi vengano pronunciate le parole sacramentali oppure no mi sembra retorico.
D. - La Cina è contrapposta ad alcuni Paesi del Sud Est asiatico tra cui anche il Vietnam per alcuni atolli ed isole nel Mare Cinese meridionale. Cosa cambierà nei rapporti tra Vietnam e Cina?
R. - Il problema cinese non si può certo limitare ad una questione come quella vietnamita. Tutto quello che viene bagnato dal Mare Cinese - quindi la parte asiatica dell’Oceano Pacifico - è sotto l’attento controllo continuativo della Cina. Non c’è nessun dubbio che dal Giappone in giù fino alla punta della penisola vietnamita e al limite fino alle Filippine, la Cina sia molto attenta a tutto quello che accade e cerchi di avere voce in capitolo e di avere qualche possibilità di intervento. Quindi può darsi che questo avvenga anche nei confronti del Vietnam; non dimentichiamo che ad un certo punto alla fine degli anni ’70, ci fu questa cosa stranissima - allora un po’ sconvolgente - della guerra tra Cina e Vietnam, due storici alleati che ad un certo punto, finita la guerra contro il nemico comune, ebbero degli scontri tra di loro. Credo che anche per loro sia ormai acqua passata.
D. - Gli embarghi dunque non hanno un’efficienza politica rilevante ….
R. - Smettiamola con queste forme che hanno sempre un sapore un po’ ricattatorio o punitivo: chi è sicuro di avere sempre l’autorevolezza e di essere tanto dalla parte del giusto da potersi permettere di punire o di rimproverare gli altri? Gli embarghi di solito vengono subiti dalle popolazioni più che dai leader politici. Obama sta chiudendo tutte le varie pratiche che aveva in corso. Ha chiuso una partita.
Radio Vaticana - Una decisione che arriva dopo 50 anni e che segna la fine di un graduale disgelo tra i due Paesi iniziato già nel 2014. Nel corso della visita, Obama e il suo omologo vietnamita hanno firmato una serie di accordi commerciali per un valore di 16 miliardi di dollari. "Il disgelo sugli armamenti è dettato dal desiderio di portare a termine il processo di normalizzazione dei rapporti avviato con il Vietnam" ha ribadito Obama, aggiungendo che non si tratta di una scelta tattica in funzione anti-cinese.
Dopo Hanoi, il Presidente americano si sposterà in Giappone per il G7 e ad Hiroshima, tra i fantasmi della prima bomba atomica. Sull'importanza di questa apertura connotata da una forte valenza simbolica, Valentina Onori ha intervistato Luigi Bonanate, docente di relazioni internazionali all'Università di Torino:
R. – Eventi di questo tipo, come un embargo, hanno sempre una portata simbolica positiva. Dal punto di vista dei rapporti Cina-Vietnam penso che la cosa sia molto marginale. La Cina ha ben altri problemi, ben altri interessi. Mi sembra significativo, più che altro, il fatto che vediamo in Obama che sembra stia facendo le valige. Fa le pulizia di casa e prima di andarsene chiude le diverse pratiche che erano ancora aperte. Ha chiarito la situazione con Cuba, quella con il Vietnam, quella – qualche mese fa – con l’Iran sulla questione del nucleare. Rimane però un embargo molto importante – e io suggerirei di togliere anche quello – nei confronti della Russia. Perché questi tipi di embargo vengono pagati essenzialmente dalla società più che dai gerarchi che vivono sempre in modo particolarmente protetto, fortunato, ricco e lussuoso.
D. - Questa revoca è vincolata dal fatto che il Vietnam debba assumere impegni significativi sul fronte dei diritti umani..
R. - Chiudere quella che è una delle pagine più brutte della storia degli Stati Uniti mi sembra che sia comunque una cosa giusta e saggia. Mi sembra una cosa buona perché la guerra del Vietnam per gli Stati Uniti è stato un danno anche interno, non solo sul piano internazionale. Il problema dei diritti umani rimane uno degli aspetti sui quali Obama e chiunque sia il suo successore, tutti noi, dobbiamo continuare a insistere, legando il più possibile questo tipo di contatto, collaborazione, commercio tra le varie parti del mondo proprio al rispetto dei diritti umani.
D. - In questo viaggio ha fatto molto scalpore la dichiarazione di Obama su Hiroshima: non chiederà scusa per le bombe atomiche
R. - È stata un’operazione di guerra; un’operazione sbagliata dal punto di vista strategico. Ma, proviamo a chiederci: sarebbero mai riusciti dei generali, dei comandati o dei politici a chiedere scusa delle tante altre azioni sbagliate compiute nelle guerre del passato? È vero che il caso di Hiroshima è simbolicamente ben diverso dagli altri. Hiroshima e Nagasaki hanno cambiato la storia dell’umanità, però il fatto che lui ci sia andato, secondo me, è già una dimostrazione sufficiente della presa in considerazione dell’importanza e della gravità di quell’evento. Che poi vengano pronunciate le parole sacramentali oppure no mi sembra retorico.
D. - La Cina è contrapposta ad alcuni Paesi del Sud Est asiatico tra cui anche il Vietnam per alcuni atolli ed isole nel Mare Cinese meridionale. Cosa cambierà nei rapporti tra Vietnam e Cina?
R. - Il problema cinese non si può certo limitare ad una questione come quella vietnamita. Tutto quello che viene bagnato dal Mare Cinese - quindi la parte asiatica dell’Oceano Pacifico - è sotto l’attento controllo continuativo della Cina. Non c’è nessun dubbio che dal Giappone in giù fino alla punta della penisola vietnamita e al limite fino alle Filippine, la Cina sia molto attenta a tutto quello che accade e cerchi di avere voce in capitolo e di avere qualche possibilità di intervento. Quindi può darsi che questo avvenga anche nei confronti del Vietnam; non dimentichiamo che ad un certo punto alla fine degli anni ’70, ci fu questa cosa stranissima - allora un po’ sconvolgente - della guerra tra Cina e Vietnam, due storici alleati che ad un certo punto, finita la guerra contro il nemico comune, ebbero degli scontri tra di loro. Credo che anche per loro sia ormai acqua passata.
D. - Gli embarghi dunque non hanno un’efficienza politica rilevante ….
R. - Smettiamola con queste forme che hanno sempre un sapore un po’ ricattatorio o punitivo: chi è sicuro di avere sempre l’autorevolezza e di essere tanto dalla parte del giusto da potersi permettere di punire o di rimproverare gli altri? Gli embarghi di solito vengono subiti dalle popolazioni più che dai leader politici. Obama sta chiudendo tutte le varie pratiche che aveva in corso. Ha chiuso una partita.
Tweet |
Sono presenti 0 commenti
Inserisci un commento
Gentile lettore, i commenti contententi un linguaggio scorretto e offensivo verranno rimossi.