sabato, maggio 14, 2016
Non solo banche, i contribuenti potrebbero essere chiamati ben presto a sborsare soldi per salvare i fondi pensione. 

di Laura Naka Antonelli 

Roma (WSI) - A dispetto del bail in – che comunque tende sempre a salvare le banche, facendo pagare il salvataggio di un istituto in crisi ad azionisti, detentori di obbligazioni subordinate, fino a ‘sequestrare’ infine i conti correnti – il bail out è ancora vivo e vegeto. Lo è soprattutto negli Usa, dove sta andando in scena il dramma del Central States Pension Fund, tra i fondi pensione più importanti degli States, in crisi conclamata di liquidità.

In realtà, i membri iscritti al fondo pensione hanno appena tirato un sospiro di sollievo, in quanto il rappresentante del Tesoro Usa chiamato a gestire il caso, Kenneth Feinberg, ha detto no al piano di salvataggio presentato dal fondo che, se approvato, avrebbe tagliato i benefit pensionisti a più di 250.000 tra membri che tuttora lavorano e iscritti che sono andati invece in pensione.

Il piano di salvataggio si sarebbe tradotto in un bagno di sangue per le pensioni di diversi lavoratori e pensionati, con ben due terzi dei 400.000 iscritti che avrebbero visto gli assegni pensionistici decurtati del 50% o anche peggio.

Central States ritiene tuttavia che, senza i tagli agli assegni, diventerà insolvente entro il 2026, dal momento che paga attualmente $3,46 per ogni $1 che riceve. Il fondo ha anche ammesso che, anche in caso di approvazione del suo piano di salvataggio, la probabilità di sopravvivere oltre il 2064 non sarebbe stata superiore al 50%.

Diversi sono i fondi pensione in difficoltà, così come diversi sistemi pensionistici vacillano in Europa. La ragione è semplice: con i baby boomers che vanno in pensione e i pochi contribuiti che vanno a confluire nelle loro casse, a causa della crisi globale che ha lasciato per strada eserciti di disoccupati ovunque, i fondi – o i sistemi pensionistici – non riescono più a finanziarsi come un tempo. La situazione è peggiorata negli Usa sulla scia dei casi di bancarotta di diverse aziende, che hanno provocato un boom di pensionati cosiddetti orfani.


Secondo il Wall Street Journal il fondo – che ogni anno versa benefit pensionistici per un totale di $2,8 miliardi – dispone al momento di asset per un valore di $16,8 miliardi a fronte di passività per $35 miliardi.

Chi salverà Central States Pension Fund (che conta tra gli iscritti anche i dipendenti di UPS?) ? Senza tagli ai benefit e alle pensioni, e senza finanziamenti, l’unica soluzione è proprio quella che gli Stati Uniti speravano ormai di aver adottato ‘solo’ per il sistema bancario: quella del bailout.

I contribuenti potrebbero essere ben presto chiamati a versare nuovi soldi per salvare, oltre alle banche, anche i fondi pensione. Ed è difficile che il caso si confermi solo una eccezione degli Stati Uniti.

Un recente articolo de La Stampa ha già decretato che l’anno in cui il sistema pensionistico italiano potrebbe implodere è il 2030.

“Il 2030 non è una data a caso: è l’anno in cui andranno in pensione i figli del baby boom, cioè i nati nel meraviglioso biennio 1964-65, quando l’Italia nel pieno miracolo economico partorì oltre un milione di bambini. Quei bambini, al compimento dei 66-67 anni, busseranno alla porta dell’Inps. Un picco di richieste che si tradurrà in uno choc, soprattutto se la crescita economica rimarrà modesta”.


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