Il Leicester di Claudio Ranieri vince la Premier League con due giornate d' anticipo sulla fine del torneo. Una città in festa. La rivincita del Mister: "Ho sempre pensato che, prima o poi, avrei vinto lo scudetto".
Per i bookmakers inglesi a inizio stagione era più facile che Bono diventasse Papa, che la squadra Nordirlandese vincesse il Mondiale 2018, che una donna diventasse il prossimo Doctor Who e che il prossimo James Bond fosse di colore, piuttosto che vedere il Leicester City diventare campione d'Inghilterra. 5000/1 erano le possibilità che gli scommettitori britannici assegnavano al trionfo dei "Foxes".
Un sogno che diventa realtà. E' il finale più giusto, oltre che il più adatto a entrare nel libro delle favole sportive: non c'è appassionato di calcio, in Inghilterra e fuori, che non riconosca i meriti di questo piccolo grande club, e del suo saggio condottiero italiano. Partita dopo partita, il club è stato capace di acquistare solidità e continuità, spinto dal sostegno di una città innamorata e da fan dell'ultima ora, dislocati in tutto il mondo.
Ha messo al tappeto il "vecchio nemico" José Mourinho e i campioni del Chelsea, ha sconfitto giganti sportivi ed economici come Manchester City e Liverpool, ha vinto anche in casa del Tottenham, tenace e valida controparte fino alla fine. C'è riuscita puntando su un blocco ben definito di titolari, con appena due-tre alternative in grado di dar loro respiro.
Un calcio estremamente concreto, che ha visto in Jamie Vardy (ex-operaio, non immune da guai con la giustizia) il suo simbolo e bomber, capace di infilare per ben 22 volte le difese avversarie e di concretizzare i sogni di un gruppo di giocatori pressoché sconosciuti ma capaci di remare nella stessa direzione, difendendo il campo centimetro per centimetro e di applicare l'italianissimo contropiede ogniqualvolta fosse possibile.
Una città in festa. La città aveva sonnecchiato per tutta a giornata di lunedì, del resto era anche un giorno di festa. Ma appena è finita la partita tra Chelsea e Tottenham, il popolo si è gettato in strada. Cortei a piedi e di auto in una lunga striscia Blue fino al "tempio": il King Power Stadium, dove i tifosi avevano fissato il punto d'incontro.
Gli attivissimi pub e le voci urbane risuonano il multiculturalismo di una città universitaria, non particolarmente bella, ma nella quale si contano una sessantina di paesi rappresentati. La fiumana di gente si è dispersa soltanto con le prime luci dell'alba.
Miracoli sportivi. Dalla Danimarca del 1992 ai Celtics del 2008, passando per il Giappone di rugby, il trionfo del Leicester entra di diritto nella categoria dei grandi miracoli sportivi. La grandezza di un'impresa è, infatti, data dalla sua potenziale irripetibilità e la storia del club inglese è quasi irripetibile: mai si era visto una squadra passare, nel giro di un anno, dalla lotta per non retrocedere al trionfo.
Difficile trovare un paragone anche nella lunga storia della Serie A. Il Cagliari, l'anno prima di vincere lo Scudetto, era arrivato secondo ed aveva disputato una finale di Coppa Italia. La Lazio di Maestrelli era addirittura prima in classifica a pari merito a 5 minuti dalla fine del campionato precedente. Il Verona di Bagnoli era reduce da due finali di Coppa Italia consecutive e da un 4° ed un 6° posto in campionato. Infine la Sampdoria, si era già guadagnata 3 Coppe Italia, 1 Coppa delle Coppe e svariati piazzamenti di alta classifica prima di arrivare alla vittoria del campionato.
Complimenti a Mister Ranieri, l'artefice di questo miracolo, che ha saputo sapientemente gestire il gruppo ed inculcare un'intelligenza tattica tipicamente nostrana, alla quale i calciatori inglesi sembrano storicamente refrattari. Adesso la parola passerà al ricchissimo thailandese dal nome impronunciabile, Vichai Srivaddhanaprabha, padrone non troppo proletario di queste volpi operaie.
Di Lorenzo Carchini
Per i bookmakers inglesi a inizio stagione era più facile che Bono diventasse Papa, che la squadra Nordirlandese vincesse il Mondiale 2018, che una donna diventasse il prossimo Doctor Who e che il prossimo James Bond fosse di colore, piuttosto che vedere il Leicester City diventare campione d'Inghilterra. 5000/1 erano le possibilità che gli scommettitori britannici assegnavano al trionfo dei "Foxes".
Un sogno che diventa realtà. E' il finale più giusto, oltre che il più adatto a entrare nel libro delle favole sportive: non c'è appassionato di calcio, in Inghilterra e fuori, che non riconosca i meriti di questo piccolo grande club, e del suo saggio condottiero italiano. Partita dopo partita, il club è stato capace di acquistare solidità e continuità, spinto dal sostegno di una città innamorata e da fan dell'ultima ora, dislocati in tutto il mondo.
Ha messo al tappeto il "vecchio nemico" José Mourinho e i campioni del Chelsea, ha sconfitto giganti sportivi ed economici come Manchester City e Liverpool, ha vinto anche in casa del Tottenham, tenace e valida controparte fino alla fine. C'è riuscita puntando su un blocco ben definito di titolari, con appena due-tre alternative in grado di dar loro respiro.
Un calcio estremamente concreto, che ha visto in Jamie Vardy (ex-operaio, non immune da guai con la giustizia) il suo simbolo e bomber, capace di infilare per ben 22 volte le difese avversarie e di concretizzare i sogni di un gruppo di giocatori pressoché sconosciuti ma capaci di remare nella stessa direzione, difendendo il campo centimetro per centimetro e di applicare l'italianissimo contropiede ogniqualvolta fosse possibile.
Una città in festa. La città aveva sonnecchiato per tutta a giornata di lunedì, del resto era anche un giorno di festa. Ma appena è finita la partita tra Chelsea e Tottenham, il popolo si è gettato in strada. Cortei a piedi e di auto in una lunga striscia Blue fino al "tempio": il King Power Stadium, dove i tifosi avevano fissato il punto d'incontro.
Gli attivissimi pub e le voci urbane risuonano il multiculturalismo di una città universitaria, non particolarmente bella, ma nella quale si contano una sessantina di paesi rappresentati. La fiumana di gente si è dispersa soltanto con le prime luci dell'alba.
Miracoli sportivi. Dalla Danimarca del 1992 ai Celtics del 2008, passando per il Giappone di rugby, il trionfo del Leicester entra di diritto nella categoria dei grandi miracoli sportivi. La grandezza di un'impresa è, infatti, data dalla sua potenziale irripetibilità e la storia del club inglese è quasi irripetibile: mai si era visto una squadra passare, nel giro di un anno, dalla lotta per non retrocedere al trionfo.
Difficile trovare un paragone anche nella lunga storia della Serie A. Il Cagliari, l'anno prima di vincere lo Scudetto, era arrivato secondo ed aveva disputato una finale di Coppa Italia. La Lazio di Maestrelli era addirittura prima in classifica a pari merito a 5 minuti dalla fine del campionato precedente. Il Verona di Bagnoli era reduce da due finali di Coppa Italia consecutive e da un 4° ed un 6° posto in campionato. Infine la Sampdoria, si era già guadagnata 3 Coppe Italia, 1 Coppa delle Coppe e svariati piazzamenti di alta classifica prima di arrivare alla vittoria del campionato.
Complimenti a Mister Ranieri, l'artefice di questo miracolo, che ha saputo sapientemente gestire il gruppo ed inculcare un'intelligenza tattica tipicamente nostrana, alla quale i calciatori inglesi sembrano storicamente refrattari. Adesso la parola passerà al ricchissimo thailandese dal nome impronunciabile, Vichai Srivaddhanaprabha, padrone non troppo proletario di queste volpi operaie.
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