Podemos si ferma, a Rajoy la maggioranza relativa, Psoe ancora secondo partito, arretra Ciudadanos. Confindustria spagnola, Chiesa, Europa e Germania chiedono un governo di larga coalizione: qualcosa che non esiste nella cultura politica spagnola.
La Spagna è ancora senza governo. I popolari migliorano decisamente rispetto ai sondaggi, così come i socialisti, che evitano il sorpasso di Podemos, annunciato alla vigilia ma smentito dai fatti. A due giorni dal terremoto britannico, ancora una volta i sondaggi sono stati smentiti: gli elettori spagnoli hanno scelto "l'usato sicuro" dei partiti tradizionali, mentre il partito di Iglesias arresta la sua avanzata.
In una gara elettorale tra le meno partecipate nella storia del paese, il Partito Popolare ha acquisito 14 seggi in più rispetto alle elezioni di dicembre, a discapito di Ciutadanos (-8) e del partito Socialista (-5). Mariano Rajoy è così il vincitore "virtuale" delle elezioni: il suo PP cresce sia in termini di seggi, che percentuali (oggi 33%, sei mesi fa 28,7%) più di quanto non perda il più piccolo e centrista dei due nuovi schieramenti politici spagnoli, Ciudadanos.
Nessuno può festeggiare. Dopo mesi e mesi di inutili trattative, resta il ritratto di un paese profondamente diviso. I popolari non hanno la maggioranza assoluta per la seconda volta. La fine del bipolarismo spagnolo della Transizione post-franchista è stato ulteriormente sancito. E così, a loro dispetto, anche i governi spagnoli dovranno abituarsi a negoziare le decisioni, compendiando istanze diverse.
Niente di nuovo sotto il sole, vista dall'Italia. In qualsiasi altro Paese apparirebbe logica l'unica soluzione di una grande coalizione guidata dai popolari. Qualcosa, però, che però non fa parte della cultura politica di Madrid. Troppo grande la distanza storica tra un partito nato dalle ceneri del franchismo ed il partito socialista operaio spagnolo. Tuttavia, i tempi recenti hanno anche definito l'impossibilità di un governo "popolare" tra Psoe e Podemos, a fronte dei pessimi rapporti tra le due anime della sinistra.
Le reazioni. "Non sono buoni risultati, né quel che ci aspettavamo", ha detto alla stampa il direttore della campagna di Podemos Íñigo Errejon. Non cadranno, però, le alleanze con la sinistra di Izquierda Unida, o i movimenti indipendentisti catalani, a confermarlo sarebbe stato lo stesso leader viole Iglesias.
Alleanze che avrebbero, nelle accuse del socialista Sanchez, ostacolato le possibilità di un accordo tra Psoe e Podemos:"Potevano votare un governo progressista, che mandasse a casa Rajoy, non lo ha fatto per ambizioni personali".
Rivera, intanto, riflette sul calo di consensi di Ciudadanos: "il centro è vivo ed esiste, ma dobbiamo ragionare sul perché non siamo riusciti a portare i nuovi elettori di nuovo a votare", ma allo stesso tempo non chiude la porta a possibili accordi su vasta scala tra PP e Psoe.
Il paese intanto vive ancora la morsa del deficit e delle diseguaglianze sociali, via via acuitesi anche per mancanza di un governo capace, in primis di esistere, dopodiché di intervenire in materia di welfare.
In una gara elettorale tra le meno partecipate nella storia del paese, il Partito Popolare ha acquisito 14 seggi in più rispetto alle elezioni di dicembre, a discapito di Ciutadanos (-8) e del partito Socialista (-5). Mariano Rajoy è così il vincitore "virtuale" delle elezioni: il suo PP cresce sia in termini di seggi, che percentuali (oggi 33%, sei mesi fa 28,7%) più di quanto non perda il più piccolo e centrista dei due nuovi schieramenti politici spagnoli, Ciudadanos.
Nessuno può festeggiare. Dopo mesi e mesi di inutili trattative, resta il ritratto di un paese profondamente diviso. I popolari non hanno la maggioranza assoluta per la seconda volta. La fine del bipolarismo spagnolo della Transizione post-franchista è stato ulteriormente sancito. E così, a loro dispetto, anche i governi spagnoli dovranno abituarsi a negoziare le decisioni, compendiando istanze diverse.
Niente di nuovo sotto il sole, vista dall'Italia. In qualsiasi altro Paese apparirebbe logica l'unica soluzione di una grande coalizione guidata dai popolari. Qualcosa, però, che però non fa parte della cultura politica di Madrid. Troppo grande la distanza storica tra un partito nato dalle ceneri del franchismo ed il partito socialista operaio spagnolo. Tuttavia, i tempi recenti hanno anche definito l'impossibilità di un governo "popolare" tra Psoe e Podemos, a fronte dei pessimi rapporti tra le due anime della sinistra.
Le reazioni. "Non sono buoni risultati, né quel che ci aspettavamo", ha detto alla stampa il direttore della campagna di Podemos Íñigo Errejon. Non cadranno, però, le alleanze con la sinistra di Izquierda Unida, o i movimenti indipendentisti catalani, a confermarlo sarebbe stato lo stesso leader viole Iglesias.
Alleanze che avrebbero, nelle accuse del socialista Sanchez, ostacolato le possibilità di un accordo tra Psoe e Podemos:"Potevano votare un governo progressista, che mandasse a casa Rajoy, non lo ha fatto per ambizioni personali".
Rivera, intanto, riflette sul calo di consensi di Ciudadanos: "il centro è vivo ed esiste, ma dobbiamo ragionare sul perché non siamo riusciti a portare i nuovi elettori di nuovo a votare", ma allo stesso tempo non chiude la porta a possibili accordi su vasta scala tra PP e Psoe.
Il paese intanto vive ancora la morsa del deficit e delle diseguaglianze sociali, via via acuitesi anche per mancanza di un governo capace, in primis di esistere, dopodiché di intervenire in materia di welfare.
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