Tiene l'impianto generale del procedimento scaturito dall'inchiesta "Crimine" sull'unitarietà della 'ndrangheta. Un quarto di secolo dopo il maxi-processo a Palermo, nel marmo della giustizia si iscrive così anche il nome dell'organizzazione calabrese, ad oggi considerata la più forte.
Nella settimana in cui la Corte d'Appello di Roma dichiara che la mafia di Ostia non esiste, la Cassazione mette il suo bollo sull'esistenza della 'ndrangheta come associazione criminale di stampo mafioso. La 'ndrangheta non potrà più essere considerata un'invenzione giornalistica, ma una mafia con i suoi capi e le sue regole, che da sempre tiene sotto la propria sferza la Calabria.
Il 17 Giugno, giorno della lettura della sentenza, entra quindi nella storia giudiziaria italiana, sia per chi il fenomeno mafioso lo contrasta da una vita, spesso costretto alla scorta ed alla stigmate sociale, sia per coloro i quali lo incarnano, come i boss di Reggio, quelli della Piana di Gioia Tauro e gli altri dell’Aspromonte.
Si è concluso così un processo con più di 100 imputati, nato dall'inchiesta che aveva portato all'arresto di 300 persone tra la Calabria e la Lombardia nel luglio 2010, quando i carabinieri stroncarono i vertici delle famiglie mafiose della provincia reggina.
Con l’inchiesta “Crimine”, il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri (all'epoca procuratore aggiunto di Reggio Calabria) e i sostituti Maria Luisa Miranda, Antonio De Bernardo e Giovanni Musarò erano riusciti a ricostruire l’assetto della ‘ndrangheta.
La Cassazione ha confermato questa ricostruzione. La ‘ndrangheta c’è, "ha una struttura unitaria", è dotata di un governo, nella forma di "un vertice collegiale chiamato 'la Provincia'" composto da rappresentanti delle "organizzazioni che comandano sul territorio" di Reggio Calabria, della costa tirrenica e di quella jonica (le "locali"), e che esercita il proprio potere in tutti i luoghi dove si è diffusa e radicata. Riconosciuto anche il "quarto mandamento", detto "Lombardia", nel quale sono racchiuse le aree controllate nel Nord Italia.
Dopo l'inserimento dell'organizzazione tra le pieghe dell'art.416 bis, questa sentenza ne riconosce finalmente la primaria importanza nell'alveo della criminalità organizzata nazionale, facendola uscire da un cono d'ombra nel quale si è conquistata spazio e ricchezza, espandendosi ben oltre i confini della regione calabrese (salendo nel Nord Italia ed oltre, fino all'Australia), ma senza perdere la propria identità locale.
Un'istantanea che già il gup Minutoli aveva illustrato nelle motivazioni della sentenza di primo grado con rito abbreviato: "La 'ndrangheta, anche quella che importa dal Sudamerica cocaina o che ricicla nei mercati finanziari mondiali ingenti risorse economiche, è quella che ha come substrato imprescindibile rituali e cariche, gerarchie e rapporti che hanno il loro fondamento in una subcultura ancestrale e risalente nel tempo, che la globalizzazione del crimine non ha eliminato ma che, probabilmente, costituisce la forza di quella organizzazione ed il suo 'valore aggiunto'".
Nella settimana in cui la Corte d'Appello di Roma dichiara che la mafia di Ostia non esiste, la Cassazione mette il suo bollo sull'esistenza della 'ndrangheta come associazione criminale di stampo mafioso. La 'ndrangheta non potrà più essere considerata un'invenzione giornalistica, ma una mafia con i suoi capi e le sue regole, che da sempre tiene sotto la propria sferza la Calabria.
Il 17 Giugno, giorno della lettura della sentenza, entra quindi nella storia giudiziaria italiana, sia per chi il fenomeno mafioso lo contrasta da una vita, spesso costretto alla scorta ed alla stigmate sociale, sia per coloro i quali lo incarnano, come i boss di Reggio, quelli della Piana di Gioia Tauro e gli altri dell’Aspromonte.
Si è concluso così un processo con più di 100 imputati, nato dall'inchiesta che aveva portato all'arresto di 300 persone tra la Calabria e la Lombardia nel luglio 2010, quando i carabinieri stroncarono i vertici delle famiglie mafiose della provincia reggina.
Con l’inchiesta “Crimine”, il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri (all'epoca procuratore aggiunto di Reggio Calabria) e i sostituti Maria Luisa Miranda, Antonio De Bernardo e Giovanni Musarò erano riusciti a ricostruire l’assetto della ‘ndrangheta.
La Cassazione ha confermato questa ricostruzione. La ‘ndrangheta c’è, "ha una struttura unitaria", è dotata di un governo, nella forma di "un vertice collegiale chiamato 'la Provincia'" composto da rappresentanti delle "organizzazioni che comandano sul territorio" di Reggio Calabria, della costa tirrenica e di quella jonica (le "locali"), e che esercita il proprio potere in tutti i luoghi dove si è diffusa e radicata. Riconosciuto anche il "quarto mandamento", detto "Lombardia", nel quale sono racchiuse le aree controllate nel Nord Italia.
Dopo l'inserimento dell'organizzazione tra le pieghe dell'art.416 bis, questa sentenza ne riconosce finalmente la primaria importanza nell'alveo della criminalità organizzata nazionale, facendola uscire da un cono d'ombra nel quale si è conquistata spazio e ricchezza, espandendosi ben oltre i confini della regione calabrese (salendo nel Nord Italia ed oltre, fino all'Australia), ma senza perdere la propria identità locale.
Un'istantanea che già il gup Minutoli aveva illustrato nelle motivazioni della sentenza di primo grado con rito abbreviato: "La 'ndrangheta, anche quella che importa dal Sudamerica cocaina o che ricicla nei mercati finanziari mondiali ingenti risorse economiche, è quella che ha come substrato imprescindibile rituali e cariche, gerarchie e rapporti che hanno il loro fondamento in una subcultura ancestrale e risalente nel tempo, che la globalizzazione del crimine non ha eliminato ma che, probabilmente, costituisce la forza di quella organizzazione ed il suo 'valore aggiunto'".
Tweet |
Sono presenti 0 commenti
Inserisci un commento
Gentile lettore, i commenti contententi un linguaggio scorretto e offensivo verranno rimossi.