Gli scienziati propongono una soluzione biologica all’esigenza sempre più crescente di immagazzinare dati.
di Paolo Antonio Magrì
La nostra è l’era dell’informazione e l’informazione va “stoccata” e richiede spazio. Ogni giorno computer, hard disk, cloud, cellulari, banche dati varie strabordano di dati: le ultime statistiche parlano di 2500 miliardi di gigabyte al giorno, senza considerare la mole di byte accumulati da centri scientifici e sperimentatori di tutto il mondo. Come spesso accade, l’idea per una possibile soluzione è arrivata dalla natura. Karin Ljubic e il marito Iztok Fister, ricercatori dell’Università di Maribor (Slovenia) hanno pensato di “infilare” le informazioni nel genoma dei vegetali.
L’idea di tradurre dati in Dna (in pochi grammi di Dna c’è spazio per miliardi di gigabyte) non è nuova. Ci aveva provato nel 2012 George Church, chimico e genetista statunitense, che aveva convertito parole e immagini in sequenza di Dna: ebbe, però, problemi di decodifica in fase di rilettura. L’incoveniente è stato poi superato da esperimenti successivi di Nick Goldman, dell’European Bioinformatics Institute, che è riuscito convertire in Dna e rileggere tutti i 154 sonetti di Shakespeare e 26 secondi del celebre discorso “I have a dream” di Martin Luther King.
Risolti i problemi di scrittura e rilettura, rimaneva ancora quello di “dove mettere tutto questo Dna ricco di informazioni”. L’idea de coniugi-scienziati sloveni è stata di utilizzare, appunto, il genoma delle piante per immagazzinare i dati. Dopo aver convertito l’informazione in Dna attraverso un sistema di codifica simile a quello di Goldman, Karina e Iztoc hanno veicolato il Dna nel genoma vegetale servendosi del batterio Agrobacterium tumefaciens. La tecnica ha già avuto successo con la Nicotiana benthamiana, un parente del tabacco, che oltre a contenere il proprio patrimonio genetico, quindi, si “è fatta carico” di custodire anche una ricchissima libreria “a forma” di Dna.
I due ricercatori promettono adesso di ripetere l’esperimento con l’intera wikipedia inglese. La prossima frontiera (necessaria per non vanificare gli sforzi finora profusi) sarà la facilità di estrazione e di leggibilità delle informazioni. I metodi per estrarre dalla sequenza del Dna le informazioni immagazzinate sono tantissimi, ma relegati ai laboratori scientifici. La sfida sarà sviluppare un sistema semplice ed immediato proprio “come leggere un odierno DVD”. Siamo già nella fantascienza?
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Paolo Antonio Magrì sul blog fritturadiparanza
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La nostra è l’era dell’informazione e l’informazione va “stoccata” e richiede spazio. Ogni giorno computer, hard disk, cloud, cellulari, banche dati varie strabordano di dati: le ultime statistiche parlano di 2500 miliardi di gigabyte al giorno, senza considerare la mole di byte accumulati da centri scientifici e sperimentatori di tutto il mondo. Come spesso accade, l’idea per una possibile soluzione è arrivata dalla natura. Karin Ljubic e il marito Iztok Fister, ricercatori dell’Università di Maribor (Slovenia) hanno pensato di “infilare” le informazioni nel genoma dei vegetali.
L’idea di tradurre dati in Dna (in pochi grammi di Dna c’è spazio per miliardi di gigabyte) non è nuova. Ci aveva provato nel 2012 George Church, chimico e genetista statunitense, che aveva convertito parole e immagini in sequenza di Dna: ebbe, però, problemi di decodifica in fase di rilettura. L’incoveniente è stato poi superato da esperimenti successivi di Nick Goldman, dell’European Bioinformatics Institute, che è riuscito convertire in Dna e rileggere tutti i 154 sonetti di Shakespeare e 26 secondi del celebre discorso “I have a dream” di Martin Luther King.
Risolti i problemi di scrittura e rilettura, rimaneva ancora quello di “dove mettere tutto questo Dna ricco di informazioni”. L’idea de coniugi-scienziati sloveni è stata di utilizzare, appunto, il genoma delle piante per immagazzinare i dati. Dopo aver convertito l’informazione in Dna attraverso un sistema di codifica simile a quello di Goldman, Karina e Iztoc hanno veicolato il Dna nel genoma vegetale servendosi del batterio Agrobacterium tumefaciens. La tecnica ha già avuto successo con la Nicotiana benthamiana, un parente del tabacco, che oltre a contenere il proprio patrimonio genetico, quindi, si “è fatta carico” di custodire anche una ricchissima libreria “a forma” di Dna.
I due ricercatori promettono adesso di ripetere l’esperimento con l’intera wikipedia inglese. La prossima frontiera (necessaria per non vanificare gli sforzi finora profusi) sarà la facilità di estrazione e di leggibilità delle informazioni. I metodi per estrarre dalla sequenza del Dna le informazioni immagazzinate sono tantissimi, ma relegati ai laboratori scientifici. La sfida sarà sviluppare un sistema semplice ed immediato proprio “come leggere un odierno DVD”. Siamo già nella fantascienza?
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