Nel giorno in cui si ricorda l'assassinio del giudice Paolo Borsellino, operazioni in Calabria, Liguria e Roma. In manette il boss Muto di Cetraro. Coinvolto in altra operazione il senatore Caridi (Gal-Forza Italia).
di Lorenzo Carchini
Sono all'incirca le 17 in un assolato pomeriggio palermitano, quando un boato risuona in tutta la città. Un’autobomba con 50 chili di tritolo esplode in via d’Amelio uccidendo il giudice del pool anti mafia Paolo Borsellino e cinque uomini della scorta: Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina.
Sono passati ventiquattro anni, nei quali l'antimafia è andata avanti, tra processi, arresti e inchieste, ma la ferita non si è mai rimarginata.
"L'assassinio di Borsellino, delle donne e degli uomini della scorta, costituisce una ferita grave inferta nel corpo della democrazia italiana. L'azione e l'esempio di queste personalità costituiscono un'eredità ricca e positiva, a cui hanno potuto attingere tanti altri servitori dello Stato, e, insieme a loro, numerosi cittadini e tanti giovani". A parlare è il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, palermitano e a sua volta vittima di mafia, nella figura del fratello Piersanti, ucciso per strada nel capoluogo siciliano nel 1980.
Proprio in una giornata così piena di significato, acquista un'importanza particolare e simbolica la maxi-operazione antimafia messa in piedi dalle Forze dell'Ordine contro la 'ndrangheta.
Sono infatti 40 le persone, tutte affiliate o vicine ai clan della Piana di Gioia Tauro, radicate perfino in Liguria, ad essere finite in manette per ordine della Dda di Reggio Calabria.
Ad agevolare le attività dei clan ci sarebbero stati anche rappresentanti politici locali, regionali e nazionali originari di Reggio Calabria, fra cui il senatore di Gal-Forza Italia, Antonio Caridi, già coinvolto nell'operazione che ha svelato la cupola massonico-mafiosa che governa la 'ndrangheta.
Coinvolto anche il parlamentare del gruppo misto Giuseppe Galati, verso cui la richiesta di misure è stata però bocciata dal gip, che non ha ritenuto sufficiente il quadro indiziario a carico del parlamentare.
Secondo il procuratore capo della Dda, Federico Cafiero de Raho: "Siamo di fronte a una nuova operazione che dimostra come la 'ndrangheta abbia ormai ramificazioni stabili sul territorio nazionale". Le attività dei clan avrebbero infettato anche l'economia ligure, circa gli appalti per il Terzo Valico: "Abbiamo importanti riscontri riguardo gli appalti che dimostra come i clan fossero attivi sul fronte del Sì Tav", ha concluso il procuratore.
Sotto sequestro sono, invece, finiti beni mobili, immobili, depositi bancari di numerose società riconducibili alle consorterie mafiose per un valore complessivo stimabile in circa 40 milioni di euro.
In un'altra operazione, in Calabria, condotta dai carabinieri del Ros e del comando provinciale di Cosenza, gli arresti sono stati 58, accusati di associazione di tipo mafioso, traffico di stupefacenti, estorsione e rapina.
Tra i fermati anche il boss Francesco Muto di Cetraro, meglio noto come il "re del pesce", già condannato in via definitiva per associazione mafiosa e al vertice di una delle cosche più pericolose e violente che dalla costa tirrenica cosentina fino al Cilento, monopolizzava la commercializzazione dei prodotti ittici, i servizi di lavanderia industriale delle strutture alberghiere e la vigilanza dei locali d'intrattenimento. Manette anche per i figli del boss Luigi e Mary (detta Mara).
di Lorenzo Carchini
Sono all'incirca le 17 in un assolato pomeriggio palermitano, quando un boato risuona in tutta la città. Un’autobomba con 50 chili di tritolo esplode in via d’Amelio uccidendo il giudice del pool anti mafia Paolo Borsellino e cinque uomini della scorta: Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina.
Sono passati ventiquattro anni, nei quali l'antimafia è andata avanti, tra processi, arresti e inchieste, ma la ferita non si è mai rimarginata.
"L'assassinio di Borsellino, delle donne e degli uomini della scorta, costituisce una ferita grave inferta nel corpo della democrazia italiana. L'azione e l'esempio di queste personalità costituiscono un'eredità ricca e positiva, a cui hanno potuto attingere tanti altri servitori dello Stato, e, insieme a loro, numerosi cittadini e tanti giovani". A parlare è il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, palermitano e a sua volta vittima di mafia, nella figura del fratello Piersanti, ucciso per strada nel capoluogo siciliano nel 1980.
Proprio in una giornata così piena di significato, acquista un'importanza particolare e simbolica la maxi-operazione antimafia messa in piedi dalle Forze dell'Ordine contro la 'ndrangheta.
Sono infatti 40 le persone, tutte affiliate o vicine ai clan della Piana di Gioia Tauro, radicate perfino in Liguria, ad essere finite in manette per ordine della Dda di Reggio Calabria.
Ad agevolare le attività dei clan ci sarebbero stati anche rappresentanti politici locali, regionali e nazionali originari di Reggio Calabria, fra cui il senatore di Gal-Forza Italia, Antonio Caridi, già coinvolto nell'operazione che ha svelato la cupola massonico-mafiosa che governa la 'ndrangheta.
Coinvolto anche il parlamentare del gruppo misto Giuseppe Galati, verso cui la richiesta di misure è stata però bocciata dal gip, che non ha ritenuto sufficiente il quadro indiziario a carico del parlamentare.
Secondo il procuratore capo della Dda, Federico Cafiero de Raho: "Siamo di fronte a una nuova operazione che dimostra come la 'ndrangheta abbia ormai ramificazioni stabili sul territorio nazionale". Le attività dei clan avrebbero infettato anche l'economia ligure, circa gli appalti per il Terzo Valico: "Abbiamo importanti riscontri riguardo gli appalti che dimostra come i clan fossero attivi sul fronte del Sì Tav", ha concluso il procuratore.
Sotto sequestro sono, invece, finiti beni mobili, immobili, depositi bancari di numerose società riconducibili alle consorterie mafiose per un valore complessivo stimabile in circa 40 milioni di euro.
In un'altra operazione, in Calabria, condotta dai carabinieri del Ros e del comando provinciale di Cosenza, gli arresti sono stati 58, accusati di associazione di tipo mafioso, traffico di stupefacenti, estorsione e rapina.
Tra i fermati anche il boss Francesco Muto di Cetraro, meglio noto come il "re del pesce", già condannato in via definitiva per associazione mafiosa e al vertice di una delle cosche più pericolose e violente che dalla costa tirrenica cosentina fino al Cilento, monopolizzava la commercializzazione dei prodotti ittici, i servizi di lavanderia industriale delle strutture alberghiere e la vigilanza dei locali d'intrattenimento. Manette anche per i figli del boss Luigi e Mary (detta Mara).
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