sabato, luglio 30, 2016
Nessun discorso, solo silenzio e preghiera.

Radio Vaticana - Così Papa Francesco svolgerà domani mattina l’attesa visita al campo di stermino di Auschwitz-Birkenau, luogo simbolo del dolore dell’umanità, dove furono uccisi un milione e mezzo di innocenti, di cui il 90% di religione ebraica. Su questa visita, la terza di un Pontefice al lager nazista, il nostro inviato a Cracovia, Alessandro Gisotti, ha intervistato Shulim Vogelman, ebreo di origine polacca, editore della Giuntina, la casa editrice specializzata in cultura ebraica: ascolta

R. – Credo che sia una visita naturale, nel senso che ad Auschwitz abbiamo visto l’umanità calpestata e credo che sia naturale che un Papa - in quanto figura spirituale del mondo cattolico, ma alla fine anche di tutta l’umanità – si fermi in quel luogo.

D. – Papa Francesco vuole consegnare al silenzio la sua presenza…

R. – Credo che questa sia la scelta significativa e la trovo molto, molto bella e molto giusta. Perché credo che oggi la memoria della Shoah abbia proprio bisogno, più che di commemorazioni, di preghiera e di silenzio: di parole ne sono state dette tante e forse anche troppe… E poi è anche un modo – secondo me – per ricondurre ad un discorso più generale di umanità calpestata: come la preghiera è valida sempre nel tempo, una preghiera che si può – come dire - anche propagare nel tempo e nello spazio. E oggi vediamo che il mondo è pieno di sofferenze e di umanità calpestata e quindi credo che questa scelta di semplicemente pregare in quel luogo sia simbolicamente importante.

D. – Papa Francesco tiene molto proprio alla memoria: lo abbiamo visto in altre visite, anche recentemente – per esempio – in Armenia…

R. – Sì, la mia impressione è che via sia un percorso non solo di memoria, ma anche di verità: non c’è via di fuga dall’affermare chiaramente quella che è la verità. Mi sembra che Papa Francesco abbia il coraggio delle persone che intimamente sanno che alla base di qualsiasi sviluppo positivo, per una società, c’è la verità: riconoscere ciò che è stato, riconoscere le responsabilità di ognuno. Il genocidio armeno, per esempio, è proprio un momento fondamentale del Novecento, che è rimasto un punto vuoto di non riconoscimento. Due anni fa abbiamo scelto di pubblicare un libro, che si chiama “Pro Armenia” che sono quattro testimonianze di ebrei del genocidio armeno. L’idea qual è? Se non ti prendi la responsabilità di denunciare tutti i genocidi, tutti i momenti di prevaricazione, allora non c’è possibilità di rendere la memoria utile, veramente utile. E mi sembra che Papa Francesco sia vicino a questa concezione della memoria.


Sono presenti 0 commenti

Inserisci un commento

Gentile lettore, i commenti contententi un linguaggio scorretto e offensivo verranno rimossi.



___________________________________________________________________________________________
Testata giornalistica iscritta al n. 5/11 del Registro della Stampa del Tribunale di Pisa
Proprietario ed Editore: Fabio Gioffrè
Sede della Direzione: via Socci 15, Pisa