Profonda commozione oggi ad Ascoli dove stamani si sono tenuti i funerali di 35 delle vittime marchigiane, giunte a 50 proprio mentre si celebrava la Messa, del terremoto che ha scosso il Centro Italia.
Radio Vaticana - Alle esequie, in forma solenne, presiedute dal vescovo locale, mons. Giovanni D’Ercole, nella palestra della città, hanno preso parte le più alte cariche dello Stato: il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il premier Matteo Renzi, i presidenti di Camera e Senato, Boldrini e Grasso. La Messa è stata concelebrata da mons. Domenico Pompili, vescovo di Rieti, l’area maggiormente devastata dal sisma di mercoledì scorso. Dal canto suo, il cardinale Pietro Parolin, in visita a Pordenone, ha affermato che Papa Francesco continua a pregare ogni giorno per le vittime del terremoto. Il servizio di Alessandro Gisotti: ascolta
Le foto dei bambini accanto alle loro bare sono l’immagine più commovente dei funerali di 35 delle quasi 300 vittime del terribile terremoto che ha ferito il cuore dell’Italia. Un dolore che, sottolinea anche il vescovo D’Ercole, non sembra aver risposta. Dolore, dunque, commozione, ma anche compostezza, una testimonianza di dignità che colpisce. Significativo il luogo dei funerali: la palestra di Ascoli, uno spazio che richiama immediatamente l’allegria di ragazzi che giocano e che, invece, oggi è il luogo del dolore, dell’ultimo commosso saluto ad una madre, un padre, un figlio.
D’Ercole: e adesso che si fa? La domanda che rivolgiamo anche a Dio Dolore e sgomento.
Anche un vescovo, ammette mons. D’Ercole durante l’omelia, si pone angosciato delle domande di fronte ad una tragedia simile, domande che non può non rivolgere al Signore:
“Questa notte, preparandomi a parlare a voi e a tutte le persone convenute, ho rivolto questa domanda a Dio: ‘E adesso che si fa?’. Gli ho presentato l’angoscia di tante persone, e gli ho detto: ‘Signore, ma queste persone che hanno perso tutto, che sono state strappate alla loro famiglia, che sono state sventrate dal terremoto, ora che fai? Che fai?”.
Abbiamo perso tutto, ma non il coraggio della fede
Anche Giobbe, prosegue il vescovo, richiamando la Prima Lettura, era un uomo giusto che sembra abbandonato da Dio, ma anche nel momento più duro non smette di rivolgersi a Lui:
“Se appena voi guardate oltre le lacrime, voi scorgerete qualcosa di più profondo. Anche voi con me oggi, potete testimoniare che il terremoto, con la sua violenza, può togliere tutto – tutto! – eccetto una cosa: il coraggio della fede”.
Il vescovo, sottolinea, è un padre e per questo deve stare in mezzo alla gente, soprattutto quando soffre. Un’esperienza, ricorda, che ha già vissuto nel dopo terremoto dell’Aquila quando era vescovo ausiliare. Oggi anche mons. Petrocchi, pastore del capoluogo abruzzese, devastato dal terremoto del 2009 è presente come anche il sindaco della città, Cialente. La fede, sottolinea ancora mons. D’Ercole, è la scialuppa di salvataggio in un mare in tempesta.
Le nostre campane torneranno a suonare, Dio non ci abbandona
Racconta dunque del Crocifisso presente nella palestra, recuperato proprio da mons. D’Ercole in una chiesa distrutta ad Arquata. Proprio poco distante da quella chiesa, racconta commosso il vescovo, i vigili del fuoco ritrovano due bambine abbracciate tra loro, due sorelle: una ce l’ha fatta, l’altra è morta stringendo a sé la sorella, come a farle da scudo dalla morte che l’ha strappata via:
“Amici, le torri campanarie dei nostri paesi, che hanno dettato i ritmi dei giorni e delle stagioni, sono crollate, non suonano più. Ma un giorno, esse continueranno a suonare, riprenderanno a suonare; e sarà il giorno della Pasqua. ‘Al tuo Dio, don Giovanni, importa nulla se noi moriamo?’, mi ha detto un giorno. Dio – sì, è vero – pare tacere. Le nostre sembrano delle chiamate che non hanno risposta. Dio però – lo so, lo sento – è un padre; e un padre non può mai rinnegare la sua paternità”.
La fede ci aiuterà a superare il terremoto
Mons. D’Ercole si rivolge in particolare ai giovani, li esorta a non avere paura, ad avere speranza nella ricostruzione:
“I sismologi tentano in tutti i modi di prevedere il terremoto, ma solo la fede ci insegna come superarlo. La fede, la nostra difficile fede, ci indica come riprendere il cammino. E io ve lo indico con due immagini: con i piedi per terra e il volto rivolto verso il Cielo”.
Ora non abbandonateci, noi non perderemo il coraggio
Il vescovo di Ascoli ha quindi ringraziato il Papa, i vescovi, le istituzioni, i volontari, tutti coloro che hanno stretto in un abbraccio le comunità sconvolte dal terremoto. Ha invitato le istituzioni a non abbandonare i terremotati. Un impegno che lui stesso prende come pastore del suo gregge:
“Diversi di voi mi hanno detto: ‘Non ci abbandonare’.
Per quanto mi riguarda, finché vivrò, non vi abbandono. Non abbiate paura. Non abbiate paura di creare la vostra sofferenza. Ne ho vista tanta, ma mi raccomando: non perdete il coraggio, perché solo insieme potremo ricostruire le nostre case e le nostre chiese!”.
L’abbraccio di Mattarella ai familiari delle vittime In un silenzio colmo di commozione, è stata poi la volta del toccante momento della lettura dei nomi delle vittime. Una lettura che è parsa interminabile. Conclusa la Messa, dunque, un altro momento commovente: il vescovo e il presidente della Repubblica hanno abbracciato uno per uno i familiari delle vittime presenti. Un abbraccio prolungato, spesso rotto dalle lacrime che, attraverso Sergio Mattarella e Giovanni D’Ercole, è diventato il segno di una fraternità che neppure il più terribile dei terremoti può spezzare.
Nella palestra di Ascoli piceno si sono raccolte migliaia di persone per l’ultimo saluto alle vittime marchigiane. Tristezza, incredulità e commozione per i morti sotto le macerie arrivano dagli abitanti che si sono salvati ad Arquata e Pescara del Tronto ma anche da Roma e da tutta Italia per portare solidarietà alle zone terremotate. Ascoltiamo alcune delle voci raccolte da Veronica Di Benedetto Montaccini: ascolta
R. – Quello che possiamo vedere è che tutte le persone vogliono starci vicino oggi, in questa giornata, anche se non sono di qui. La palestra è piena.
R. – Io e la mia famiglia ci siamo salvati anche se abbiamo perso tutto. Però stando qui e ricordare amici e parenti … non riesco più a parlare.
R. – Vengo da Roma e siamo venuti qui perché siamo parenti della piccola Giulia.
R. – Sono di Ancora e sono venuto per testimoniare la gravità di questo momento e per dare solidarietà alle famiglie e alla popolazione di questi luoghi che avranno sicuramente di fronte a loro un periodo lungo e difficile. Oggi è il momento della commozione.
R. - Noi siamo gli scout della zona picena ed oltre; siamo qui a prestare il nostro servizio in questa situazione veramente devastante per noi anche perché noi conosciamo un po’ tutte le persone rimaste coinvolte in questa tragedia.
Radio Vaticana - Alle esequie, in forma solenne, presiedute dal vescovo locale, mons. Giovanni D’Ercole, nella palestra della città, hanno preso parte le più alte cariche dello Stato: il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il premier Matteo Renzi, i presidenti di Camera e Senato, Boldrini e Grasso. La Messa è stata concelebrata da mons. Domenico Pompili, vescovo di Rieti, l’area maggiormente devastata dal sisma di mercoledì scorso. Dal canto suo, il cardinale Pietro Parolin, in visita a Pordenone, ha affermato che Papa Francesco continua a pregare ogni giorno per le vittime del terremoto. Il servizio di Alessandro Gisotti: ascolta
Le foto dei bambini accanto alle loro bare sono l’immagine più commovente dei funerali di 35 delle quasi 300 vittime del terribile terremoto che ha ferito il cuore dell’Italia. Un dolore che, sottolinea anche il vescovo D’Ercole, non sembra aver risposta. Dolore, dunque, commozione, ma anche compostezza, una testimonianza di dignità che colpisce. Significativo il luogo dei funerali: la palestra di Ascoli, uno spazio che richiama immediatamente l’allegria di ragazzi che giocano e che, invece, oggi è il luogo del dolore, dell’ultimo commosso saluto ad una madre, un padre, un figlio.
D’Ercole: e adesso che si fa? La domanda che rivolgiamo anche a Dio Dolore e sgomento.
Anche un vescovo, ammette mons. D’Ercole durante l’omelia, si pone angosciato delle domande di fronte ad una tragedia simile, domande che non può non rivolgere al Signore:
“Questa notte, preparandomi a parlare a voi e a tutte le persone convenute, ho rivolto questa domanda a Dio: ‘E adesso che si fa?’. Gli ho presentato l’angoscia di tante persone, e gli ho detto: ‘Signore, ma queste persone che hanno perso tutto, che sono state strappate alla loro famiglia, che sono state sventrate dal terremoto, ora che fai? Che fai?”.
Abbiamo perso tutto, ma non il coraggio della fede
Anche Giobbe, prosegue il vescovo, richiamando la Prima Lettura, era un uomo giusto che sembra abbandonato da Dio, ma anche nel momento più duro non smette di rivolgersi a Lui:
“Se appena voi guardate oltre le lacrime, voi scorgerete qualcosa di più profondo. Anche voi con me oggi, potete testimoniare che il terremoto, con la sua violenza, può togliere tutto – tutto! – eccetto una cosa: il coraggio della fede”.
Il vescovo, sottolinea, è un padre e per questo deve stare in mezzo alla gente, soprattutto quando soffre. Un’esperienza, ricorda, che ha già vissuto nel dopo terremoto dell’Aquila quando era vescovo ausiliare. Oggi anche mons. Petrocchi, pastore del capoluogo abruzzese, devastato dal terremoto del 2009 è presente come anche il sindaco della città, Cialente. La fede, sottolinea ancora mons. D’Ercole, è la scialuppa di salvataggio in un mare in tempesta.
Le nostre campane torneranno a suonare, Dio non ci abbandona
Racconta dunque del Crocifisso presente nella palestra, recuperato proprio da mons. D’Ercole in una chiesa distrutta ad Arquata. Proprio poco distante da quella chiesa, racconta commosso il vescovo, i vigili del fuoco ritrovano due bambine abbracciate tra loro, due sorelle: una ce l’ha fatta, l’altra è morta stringendo a sé la sorella, come a farle da scudo dalla morte che l’ha strappata via:
“Amici, le torri campanarie dei nostri paesi, che hanno dettato i ritmi dei giorni e delle stagioni, sono crollate, non suonano più. Ma un giorno, esse continueranno a suonare, riprenderanno a suonare; e sarà il giorno della Pasqua. ‘Al tuo Dio, don Giovanni, importa nulla se noi moriamo?’, mi ha detto un giorno. Dio – sì, è vero – pare tacere. Le nostre sembrano delle chiamate che non hanno risposta. Dio però – lo so, lo sento – è un padre; e un padre non può mai rinnegare la sua paternità”.
La fede ci aiuterà a superare il terremoto
Mons. D’Ercole si rivolge in particolare ai giovani, li esorta a non avere paura, ad avere speranza nella ricostruzione:
“I sismologi tentano in tutti i modi di prevedere il terremoto, ma solo la fede ci insegna come superarlo. La fede, la nostra difficile fede, ci indica come riprendere il cammino. E io ve lo indico con due immagini: con i piedi per terra e il volto rivolto verso il Cielo”.
Ora non abbandonateci, noi non perderemo il coraggio
Il vescovo di Ascoli ha quindi ringraziato il Papa, i vescovi, le istituzioni, i volontari, tutti coloro che hanno stretto in un abbraccio le comunità sconvolte dal terremoto. Ha invitato le istituzioni a non abbandonare i terremotati. Un impegno che lui stesso prende come pastore del suo gregge:
“Diversi di voi mi hanno detto: ‘Non ci abbandonare’.
Per quanto mi riguarda, finché vivrò, non vi abbandono. Non abbiate paura. Non abbiate paura di creare la vostra sofferenza. Ne ho vista tanta, ma mi raccomando: non perdete il coraggio, perché solo insieme potremo ricostruire le nostre case e le nostre chiese!”.
L’abbraccio di Mattarella ai familiari delle vittime In un silenzio colmo di commozione, è stata poi la volta del toccante momento della lettura dei nomi delle vittime. Una lettura che è parsa interminabile. Conclusa la Messa, dunque, un altro momento commovente: il vescovo e il presidente della Repubblica hanno abbracciato uno per uno i familiari delle vittime presenti. Un abbraccio prolungato, spesso rotto dalle lacrime che, attraverso Sergio Mattarella e Giovanni D’Ercole, è diventato il segno di una fraternità che neppure il più terribile dei terremoti può spezzare.
Nella palestra di Ascoli piceno si sono raccolte migliaia di persone per l’ultimo saluto alle vittime marchigiane. Tristezza, incredulità e commozione per i morti sotto le macerie arrivano dagli abitanti che si sono salvati ad Arquata e Pescara del Tronto ma anche da Roma e da tutta Italia per portare solidarietà alle zone terremotate. Ascoltiamo alcune delle voci raccolte da Veronica Di Benedetto Montaccini: ascolta
R. – Quello che possiamo vedere è che tutte le persone vogliono starci vicino oggi, in questa giornata, anche se non sono di qui. La palestra è piena.
R. – Io e la mia famiglia ci siamo salvati anche se abbiamo perso tutto. Però stando qui e ricordare amici e parenti … non riesco più a parlare.
R. – Vengo da Roma e siamo venuti qui perché siamo parenti della piccola Giulia.
R. – Sono di Ancora e sono venuto per testimoniare la gravità di questo momento e per dare solidarietà alle famiglie e alla popolazione di questi luoghi che avranno sicuramente di fronte a loro un periodo lungo e difficile. Oggi è il momento della commozione.
R. - Noi siamo gli scout della zona picena ed oltre; siamo qui a prestare il nostro servizio in questa situazione veramente devastante per noi anche perché noi conosciamo un po’ tutte le persone rimaste coinvolte in questa tragedia.
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