La vita terrestre è prematura? Sì, se vista da una prospettiva cosmica
GreenReport - L’universo ha 13,8 miliardi di anni, mentre la Terra si è formata solo 4,5 miliardi di anni fa, per questo alcuni scienziati pensano che pensano che su altri pianeti la vita potrebbe essere nata miliardi di anni prima che su un pianeta giovane come il nostro. Ma una nuova teoria suggerisce che la vita sulla Terra, vista in una prospettiva cosmica, sia addirittura prematura. Il principale autore di questa tesi, Avi Loeb dell’Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics, spiega: «Se si chiede:”Quando è più probabile che emerga la vita”? si potrebbe ingenuamente dire “ora”. Ma abbiamo scoperto che la possibilità di vita cresca è molto più elevata in un lontano futuro».
All’Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics sottolineano che «La vita come noi la conosciamo è diventata possibile per la prima volta circa 30 milioni di anni dopo il Big Bang, quando le prime stelle hanno inseminato il cosmo con gli elementi necessari come il carbonio e l’ossigeno. La vita si concluderà tra 10 miliardi di anni, quando le ultime stelle svaniranno e moriranno».
Lo studio “Relative Likelihood for Life as a Function of Cosmic Time”, pubblicato da Loeb e da Rafael A. Batista e David Sloan dell’Università di Oxford sul Journal of Cosmology and Astroparticle Physics, prende in considerazione la probabilità relativa della nascita della vita entro questi due vertiginosi limiti temporali e dicono che «Il fattore dominante si è rivelata la vita delle di stelle. Più grande è la massa di una stella, più breve è la durata. Le stelle più grandi di circa tre volte la massa del sole deperiranno prima che la vita abbia la possibilità di evolversi. Viceversa, le stelle più piccole che pesano meno del 10% del sole illumineranno per 10 miliardi di anni, dando vita a un ampio margine di tempo per farla emergere su tutti i pianeti che ospitano. Come risultato, è probabile che la vita cresca nel tempo. In realtà, le possibilità per la vita sono 1.000 volte più elevate in un lontano futuro che adesso».
«Allora ci si può chiedere, perché in futuro non vivremo accanto a una stella con una piccola massa? – aggiunge Loeb – Una possibilità è che sia prematuro. Un’altra possibilità è che l’ambiente intorno a una stella con una piccola massa sia pericoloso per la vita».
Infatti, anche se di piccola massa, le stelle nane rosse vivono a lungo, ma rappresentano anche minacce uniche. Nella loro giovinezza emettono forti fiammare e radiazioni ultraviolette che potrebbero strappare via l’atmosfera da qualsiasi mondo roccioso nella zona abitabile.
Per determinare quale possibilità sia corretta – la nostra esistenza prematuro o il pericolo delle stelle con piccola massa – Loeb consiglia di studiare le stelle nane rosse e vicino i loro pianeti per cercare segnali di abitabilità. Le future missioni spaziali, come il Transiting Exoplanet Survey Satellite and James Webb Space Telescope dovrebbero contribuire a rispondere a queste domande.
GreenReport - L’universo ha 13,8 miliardi di anni, mentre la Terra si è formata solo 4,5 miliardi di anni fa, per questo alcuni scienziati pensano che pensano che su altri pianeti la vita potrebbe essere nata miliardi di anni prima che su un pianeta giovane come il nostro. Ma una nuova teoria suggerisce che la vita sulla Terra, vista in una prospettiva cosmica, sia addirittura prematura. Il principale autore di questa tesi, Avi Loeb dell’Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics, spiega: «Se si chiede:”Quando è più probabile che emerga la vita”? si potrebbe ingenuamente dire “ora”. Ma abbiamo scoperto che la possibilità di vita cresca è molto più elevata in un lontano futuro».
All’Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics sottolineano che «La vita come noi la conosciamo è diventata possibile per la prima volta circa 30 milioni di anni dopo il Big Bang, quando le prime stelle hanno inseminato il cosmo con gli elementi necessari come il carbonio e l’ossigeno. La vita si concluderà tra 10 miliardi di anni, quando le ultime stelle svaniranno e moriranno».
Lo studio “Relative Likelihood for Life as a Function of Cosmic Time”, pubblicato da Loeb e da Rafael A. Batista e David Sloan dell’Università di Oxford sul Journal of Cosmology and Astroparticle Physics, prende in considerazione la probabilità relativa della nascita della vita entro questi due vertiginosi limiti temporali e dicono che «Il fattore dominante si è rivelata la vita delle di stelle. Più grande è la massa di una stella, più breve è la durata. Le stelle più grandi di circa tre volte la massa del sole deperiranno prima che la vita abbia la possibilità di evolversi. Viceversa, le stelle più piccole che pesano meno del 10% del sole illumineranno per 10 miliardi di anni, dando vita a un ampio margine di tempo per farla emergere su tutti i pianeti che ospitano. Come risultato, è probabile che la vita cresca nel tempo. In realtà, le possibilità per la vita sono 1.000 volte più elevate in un lontano futuro che adesso».
«Allora ci si può chiedere, perché in futuro non vivremo accanto a una stella con una piccola massa? – aggiunge Loeb – Una possibilità è che sia prematuro. Un’altra possibilità è che l’ambiente intorno a una stella con una piccola massa sia pericoloso per la vita».
Infatti, anche se di piccola massa, le stelle nane rosse vivono a lungo, ma rappresentano anche minacce uniche. Nella loro giovinezza emettono forti fiammare e radiazioni ultraviolette che potrebbero strappare via l’atmosfera da qualsiasi mondo roccioso nella zona abitabile.
Per determinare quale possibilità sia corretta – la nostra esistenza prematuro o il pericolo delle stelle con piccola massa – Loeb consiglia di studiare le stelle nane rosse e vicino i loro pianeti per cercare segnali di abitabilità. Le future missioni spaziali, come il Transiting Exoplanet Survey Satellite and James Webb Space Telescope dovrebbero contribuire a rispondere a queste domande.
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