Ieri pomeriggio, nello Yemen un raid aereo ha colpito l'ospedale di Abs sostenuto da Medici senza frontiere.
Radio Vaticana - Unidici le vittime, tra le quali anche un membro della ong, e una ventina i feriti. Il bombardamento è avvenuto nel nord del Paese, in una zona controllata dai ribelli Houti, che accusano del raid la coalizione araba a guida saudita intervenuta nel Paese a sostegno delle forze presidenziali. Per Msf si tratta di un attacco inaccettabile. Questa, ricordano, è la quarta struttura dell'Organizzazione medica colpita in Yemen negli ultimi 12 mesi. Nell'Abs Hospital al momento del bombardamento c'erano circa cento pazienti. Elvira Ragosta ha intervistato Federica Nogarotto, direttrice del Supporto alle operazioni per Medici senza frontiere: ascolta
R. – Stiamo parlando di un ospedale che era il principale centro sanitario in funzione in tutta l’area occidentale del governatorato di Hajjah. Medici senza frontiere è presente in quell’ospedale da luglio 2015 e quest’anno abbiamo curato più di 4.500 pazienti. I pazienti erano aumentati, soprattutto nelle ultime 48 ore: abbiamo ricevuto infatti dalla scuola che è stata bombardata qualche giorno fa 28 pazienti tra i 6 e i 15 anni – stiamo parlando di bambini – di cui 10 sono arrivati in ospedale che erano già morti e 28 erano feriti.
D. – I ribelli houthi che controllano la regione di Hajjah hanno attribuito la responsabilità del raid alla coalizione a guida saudita, che nel frattempo ha annunciato l’apertura di un’inchiesta indipendente. Voi come ong avevate più volte condiviso con le parti in conflitto le coordinate gps dell’ospedale…
R. – Avevamo e continuiamo a condividere sempre tutte le coordinate gps di tutti gli ospedali in cui lavoriamo. Inoltre, a maggio c’era stata una risoluzione delle Nazioni Unite che chiedeva di porre fine agli attacchi contro le strutture mediche che dovrebbero essere – in teoria – protette dal diritto internazionale umanitario. In meno di 12 mesi, solo in Yemen, questo è il quarto ospedale! Quindi, vediamo quali sono le tragiche conseguenze del bombardamento di un ospedale, perché un ospedale che è in funzione, che è pieno di pazienti, dove abbiamo staff sia nazionale sia internazionale, è stato bombardato in una guerra che non mostra, appunto, nessun rispetto per le strutture mediche e per i pazienti.
D. – Quante sono le strutture sanitarie che supportate nel Paese?
R. – Nel governatorato di Hajjah, quello dove siamo stati colpiti ieri, aiutiamo anche in altri 11 ospedali e centri sanitari. E poi abbiamo altri 18 ospedali nel resto del Paese.
D. – Com’è la situazione umanitaria?
R. – Questa ultima ondata di guerra, in questi ultimi due anni, ha reso la popolazione molto debole e molto vulnerabile. Dal punto di vista sanitario, lo Yemen non era – neanche prima di quest’ultima ondata di guerra – tra i Paesi con la maggiore capacità di risposta sanitaria, e parliamo proprio di aspetti basilari, come la malnutrizione, le vaccinazioni… Chiaramente, nel momento in cui le strutture sanitarie, gli ospedali, sono nel mirino degli attacchi, tutto ciò si indebolisce ancora di più. Tra l’altro, questa è una popolazione che vive in un mondo abbastanza moderno, quindi con le malattie del mondo moderno e quindi, per esempio, con le malattie croniche, quelle che abbiamo anche noi – disfunzioni cardiache, diabete – che quindi dipendono da medicinali che dovrebbero essere presi tutti i giorni perché sono malattie croniche per tutta la vita. Ora, manca tutto l’approvvigionamento di questi medicinali, che già si stava limitando prima e ora sta diventando sempre meno perché non possono entrare i medicinali all’interno del Paese.
D. – C’è difficoltà a reperire, oltre a medicinali e attrezzature, anche aiuti di tipo medico?
R. – Certo, ci sono moltissime difficoltà. Sono poche le organizzazioni internazionali che possono e hanno degli accordi con il governo e a cui e permesso importare questo tipo di medicinali. Altrimenti, non è possibile…
D. – Al momento, l’ospedale di Abs è stato evacuato. Cosa accadrà ora al personale, ai pazienti, alle attrezzature e ai materiali?
R. – I pazienti sono stati evacuati e stiamo cercando di trasportarli negli ospedali più vicini della zona, che possano attenderli. Il personale – sia internazionale sia locale – lo stiamo evacuando, chiaramente. Prima sulla capitale e poi fuori dal Paese, a seconda delle loro nazionalità. L’ospedale verrà – si spera – rimesso nelle condizioni di poter, pian piano, con il tempo, operare. E’ chiaro che qua non stiamo parlando di un piccolo danneggiamento, ma si tratta di danni abbastanza consistenti, per cui si tratta praticamente di doverlo ricostruire.
D. – La speranza e l’appello di Medici senza frontiere…
R. – L’appello è di smettere tutti gli attacchi contro i civili e contro gli ospedali. Il fatto che diventi una forma l’attacco a infrastrutture civili è assolutamente intollerabile.
Radio Vaticana - Unidici le vittime, tra le quali anche un membro della ong, e una ventina i feriti. Il bombardamento è avvenuto nel nord del Paese, in una zona controllata dai ribelli Houti, che accusano del raid la coalizione araba a guida saudita intervenuta nel Paese a sostegno delle forze presidenziali. Per Msf si tratta di un attacco inaccettabile. Questa, ricordano, è la quarta struttura dell'Organizzazione medica colpita in Yemen negli ultimi 12 mesi. Nell'Abs Hospital al momento del bombardamento c'erano circa cento pazienti. Elvira Ragosta ha intervistato Federica Nogarotto, direttrice del Supporto alle operazioni per Medici senza frontiere: ascolta
R. – Stiamo parlando di un ospedale che era il principale centro sanitario in funzione in tutta l’area occidentale del governatorato di Hajjah. Medici senza frontiere è presente in quell’ospedale da luglio 2015 e quest’anno abbiamo curato più di 4.500 pazienti. I pazienti erano aumentati, soprattutto nelle ultime 48 ore: abbiamo ricevuto infatti dalla scuola che è stata bombardata qualche giorno fa 28 pazienti tra i 6 e i 15 anni – stiamo parlando di bambini – di cui 10 sono arrivati in ospedale che erano già morti e 28 erano feriti.
D. – I ribelli houthi che controllano la regione di Hajjah hanno attribuito la responsabilità del raid alla coalizione a guida saudita, che nel frattempo ha annunciato l’apertura di un’inchiesta indipendente. Voi come ong avevate più volte condiviso con le parti in conflitto le coordinate gps dell’ospedale…
R. – Avevamo e continuiamo a condividere sempre tutte le coordinate gps di tutti gli ospedali in cui lavoriamo. Inoltre, a maggio c’era stata una risoluzione delle Nazioni Unite che chiedeva di porre fine agli attacchi contro le strutture mediche che dovrebbero essere – in teoria – protette dal diritto internazionale umanitario. In meno di 12 mesi, solo in Yemen, questo è il quarto ospedale! Quindi, vediamo quali sono le tragiche conseguenze del bombardamento di un ospedale, perché un ospedale che è in funzione, che è pieno di pazienti, dove abbiamo staff sia nazionale sia internazionale, è stato bombardato in una guerra che non mostra, appunto, nessun rispetto per le strutture mediche e per i pazienti.
D. – Quante sono le strutture sanitarie che supportate nel Paese?
R. – Nel governatorato di Hajjah, quello dove siamo stati colpiti ieri, aiutiamo anche in altri 11 ospedali e centri sanitari. E poi abbiamo altri 18 ospedali nel resto del Paese.
D. – Com’è la situazione umanitaria?
R. – Questa ultima ondata di guerra, in questi ultimi due anni, ha reso la popolazione molto debole e molto vulnerabile. Dal punto di vista sanitario, lo Yemen non era – neanche prima di quest’ultima ondata di guerra – tra i Paesi con la maggiore capacità di risposta sanitaria, e parliamo proprio di aspetti basilari, come la malnutrizione, le vaccinazioni… Chiaramente, nel momento in cui le strutture sanitarie, gli ospedali, sono nel mirino degli attacchi, tutto ciò si indebolisce ancora di più. Tra l’altro, questa è una popolazione che vive in un mondo abbastanza moderno, quindi con le malattie del mondo moderno e quindi, per esempio, con le malattie croniche, quelle che abbiamo anche noi – disfunzioni cardiache, diabete – che quindi dipendono da medicinali che dovrebbero essere presi tutti i giorni perché sono malattie croniche per tutta la vita. Ora, manca tutto l’approvvigionamento di questi medicinali, che già si stava limitando prima e ora sta diventando sempre meno perché non possono entrare i medicinali all’interno del Paese.
D. – C’è difficoltà a reperire, oltre a medicinali e attrezzature, anche aiuti di tipo medico?
R. – Certo, ci sono moltissime difficoltà. Sono poche le organizzazioni internazionali che possono e hanno degli accordi con il governo e a cui e permesso importare questo tipo di medicinali. Altrimenti, non è possibile…
D. – Al momento, l’ospedale di Abs è stato evacuato. Cosa accadrà ora al personale, ai pazienti, alle attrezzature e ai materiali?
R. – I pazienti sono stati evacuati e stiamo cercando di trasportarli negli ospedali più vicini della zona, che possano attenderli. Il personale – sia internazionale sia locale – lo stiamo evacuando, chiaramente. Prima sulla capitale e poi fuori dal Paese, a seconda delle loro nazionalità. L’ospedale verrà – si spera – rimesso nelle condizioni di poter, pian piano, con il tempo, operare. E’ chiaro che qua non stiamo parlando di un piccolo danneggiamento, ma si tratta di danni abbastanza consistenti, per cui si tratta praticamente di doverlo ricostruire.
D. – La speranza e l’appello di Medici senza frontiere…
R. – L’appello è di smettere tutti gli attacchi contro i civili e contro gli ospedali. Il fatto che diventi una forma l’attacco a infrastrutture civili è assolutamente intollerabile.
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