Sul corpo del ricercatore italiano ucciso in Egitto incise cinque lettere, segni evidenti delle torture subite. I genitori: "Non rinunceremo mai alla verità". Oggi nuovo vertice a Roma con le autorità egiziane.
Quattro o cinque lettere, tracciate da una lama in cinque punti diversi documentano senza dare adito ad ulteriori dubbi quello che a tutti era apparso evidente dall'inizio. Non può essersi trattato di un incidente. Questo il responso dell'autopsia di Giulio Regeni, che dimostra come il ricercatore italiano in Egitto, trovato morto nel Febbraio scorso, sia stato ripetutamente seviziato, marchiato ed infine ucciso col collo spezzato.
Il corpo e le fotografie contenute nelle 221 pagine di relazione del professor Vittorio Fineschi, da mesi a disposizione anche delle autorità del Cairo, torneranno oggi sul tavolo su cui magistrati italiani ed egiziani torneranno a sedersi, nel vertice a Roma a cui parteciperanno il procuratore capo, Giuseppe Pignatone, e il sostituto Sergio Colaiocco. Per gli egiziani presenti il procuratore generale, Nabil Ahmed Sadek, e il team di quattro magistrati che si occupano del caso.
Dopo il nulla di fatto dell'ultimo incontro, magistrati italiani attendo risposte dai collegi del Cairo e fondamentale sarà lo scambio di atti legato alle richieste arrivate tramite rogatoria a cominciare dai dati sulle celle telefoniche, tema che era stato all'origine del fallimento del precedente vertice, dal momento che le autorità egiziane hanno voluto mettervi il segreto adducendo "motivi di sicurezza".
I magistrati italiani, invece, consegneranno ai loro omologhi egiziani le ultime verifiche tecniche effettuate sul contenuto del pc di Giulio Regeni e alcune informazioni relative alle sue frequentazioni e ad aspetti della sua vita privata.
Secondo i genitori del giovane ricercatore, però, è lo stesso corpo straziato del figlio, "riconoscibile solo dalla punta del naso", a parlare, respingendo con forza qualsiasi tentativo di accreditarne la morte a droga o incidenti stradali. Un corpo che mostra, nelle foto del professor Fineschi i segni della tortura: "Sulla regione dorsale, a sinistra della linea si trovano un complesso di soluzioni disposte a confermare una lettera". Non ci sono solo le lettere. Cinque i denti fratturati. Rotte anche le scapole, l'omero destro, il polso, le dita di mani e piedi, i peroni ridotti in poltiglia. Tagli e bruciature che rivelano giorni e giorni di patimenti: "Alcune lesioni cutanee hanno caratteristiche che depongono per una differente epoca di produzione avendo un timing differenziato".
Professionisti della tortura, questa l'accusa dei genitori di Regeni: "È evidente che non possiamo parlare di incidente ma non riusciamo ancora a capire come si possa dubitare che Giulio sia stato torturato", mentre il Cairo continua a declinare qualsivoglia responsabilità.
Quattro o cinque lettere, tracciate da una lama in cinque punti diversi documentano senza dare adito ad ulteriori dubbi quello che a tutti era apparso evidente dall'inizio. Non può essersi trattato di un incidente. Questo il responso dell'autopsia di Giulio Regeni, che dimostra come il ricercatore italiano in Egitto, trovato morto nel Febbraio scorso, sia stato ripetutamente seviziato, marchiato ed infine ucciso col collo spezzato.
Il corpo e le fotografie contenute nelle 221 pagine di relazione del professor Vittorio Fineschi, da mesi a disposizione anche delle autorità del Cairo, torneranno oggi sul tavolo su cui magistrati italiani ed egiziani torneranno a sedersi, nel vertice a Roma a cui parteciperanno il procuratore capo, Giuseppe Pignatone, e il sostituto Sergio Colaiocco. Per gli egiziani presenti il procuratore generale, Nabil Ahmed Sadek, e il team di quattro magistrati che si occupano del caso.
Dopo il nulla di fatto dell'ultimo incontro, magistrati italiani attendo risposte dai collegi del Cairo e fondamentale sarà lo scambio di atti legato alle richieste arrivate tramite rogatoria a cominciare dai dati sulle celle telefoniche, tema che era stato all'origine del fallimento del precedente vertice, dal momento che le autorità egiziane hanno voluto mettervi il segreto adducendo "motivi di sicurezza".
I magistrati italiani, invece, consegneranno ai loro omologhi egiziani le ultime verifiche tecniche effettuate sul contenuto del pc di Giulio Regeni e alcune informazioni relative alle sue frequentazioni e ad aspetti della sua vita privata.
Secondo i genitori del giovane ricercatore, però, è lo stesso corpo straziato del figlio, "riconoscibile solo dalla punta del naso", a parlare, respingendo con forza qualsiasi tentativo di accreditarne la morte a droga o incidenti stradali. Un corpo che mostra, nelle foto del professor Fineschi i segni della tortura: "Sulla regione dorsale, a sinistra della linea si trovano un complesso di soluzioni disposte a confermare una lettera". Non ci sono solo le lettere. Cinque i denti fratturati. Rotte anche le scapole, l'omero destro, il polso, le dita di mani e piedi, i peroni ridotti in poltiglia. Tagli e bruciature che rivelano giorni e giorni di patimenti: "Alcune lesioni cutanee hanno caratteristiche che depongono per una differente epoca di produzione avendo un timing differenziato".
Professionisti della tortura, questa l'accusa dei genitori di Regeni: "È evidente che non possiamo parlare di incidente ma non riusciamo ancora a capire come si possa dubitare che Giulio sia stato torturato", mentre il Cairo continua a declinare qualsivoglia responsabilità.
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