Il Canton Ticino dice sì ai limiti per i lavoratori frontalieri. Passata la linea della destra nazionalista. Restano forti dubbi sulla sua applicazione. L'ira dell'Italia, Gentiloni: "Senza libera circolazione rapporti a rischio", Maroni: "Difenderemo i nostri concittadini".
Gli elettori del Canton Ticino hanno approvato con una maggioranza del 58% l'iniziativa popolare "Prima i nostri" per frenare il flusso degli oltre 60mila frontalieri italiani che ogni giorno attraversano il confine per recarsi a lavorare in Ticino. Il testo, promosso dal partito di destra Udc e sostenuto dalla Lega dei Ticinesi, intende ancorare nella Costituzione ticinese la "preferenza indigena" al momento dell'assunzione e chiede alle autorità del Cantone di garantire che sul mercato del lavoro ticinese "venga privilegiato a pari qualifiche professionali chi vive sul suo territorio".
L'affluenza, tuttavia, si è fermata al 45%, ma, come spiega il presidente dell'Associazione Frontalieri Ticino, Eros Sebastiani: "Ce l’aspettavamo, anzi è già tanto che la percentuale non sia stata più alta", al contempo, però, la sua difficile applicazione "non cambierà l'orientamento del mercato del lavoro cantonale". Resta un forte sentimento di disagio che conferma quello emerso per il voto "Contro l'immigrazione di massa", approvata il 9 febbraio 2014 dalla maggioranza degli svizzeri con il 50,3% dei voti: in Ticino aveva incassato il 68,2 % di Sì.
Per i promotori di 'Prima i nostri', che parlano di "vittoria storica", il trionfo di ieri rappresenta un chiaro messaggio al governo e al parlamento federali, ma le conseguenze non saranno affatto immediate. La modifica costituzionale dovrà essere avallata dall’Assemblea federale di Berna, che valuta la conformità al diritto nazionale, ma anche il voto di quasi 2 anni fa ancora non ha trovato alcuna applicazione.
La questione non sembra, però, preoccupare più di tanto la destra nazionalista, tesa a sottolinearne la portata politica: "La libera circolazione va limitata, solo in questo modo si potranno combattere fenomeni deleteri quali la sostituzione di lavoratori ticinesi con frontalieri e il dumping salariale". Il Consiglio di Stato Ticinese ha annunciato che verrà "costituito un gruppo di lavoro per elaborare un testo di legge che applichi il nuovo articolo costituzionale", ma l'applicazione del referendum appare quantomeno improbabile all'interno del sistema di accordi bilaterali tra Svizzera e Unione Europea.
"Il referendum anti-frontalieri non ha per ora effetti pratici, ma senza la libera circolazione delle persone i rapporti tra la Svizzera e l'Ue sono a rischio" ha reso noto attraverso Twitter il Ministro degli Esteri Paolo Gentiloni. "Da domani, la Regione Lombardia predisporrà le adeguate contromisure per difendere i diritti dei nostri concittadini lavoratori" ha promesso il Presidente della Regione Lombardia Roberto Maroni.
Sulla vicenda sono intervenuti anche i principali quotidiani locali. Secondo Aldo Bertagni de La Regione:Quella di ieri è prova provata che la paura è ormai piattaforma di lotta e di governo per chi - come la destra ticinese - intende gestire il potere indisturbato grazie ai consensi generati da una falsa percezione". Secondo Alessandra Zumthor, Giornale del Popolo, a favore dell'iniziativa hanno giocato pure "il titolo accattivante" e "il clima perennemente negativo" sul tema del lavoro in Ticino. Infine, Fabio Pontiggia, Corriere del Ticino, sottolinea il dilemma politico intorno al voto di ieri e del 9 Febbraio 2014: "Attuare pienamente e fedelmente quanto voluto dalla maggioranza dei votanti priverebbe il Ticino di un motore di sviluppo e di crescita (un'economia più aperta grazie ai Bilaterali); ma non dare seguito alla volontà popolare getterebbe benzina sul fuoco del disagio e dell'insofferenza".
Gli elettori del Canton Ticino hanno approvato con una maggioranza del 58% l'iniziativa popolare "Prima i nostri" per frenare il flusso degli oltre 60mila frontalieri italiani che ogni giorno attraversano il confine per recarsi a lavorare in Ticino. Il testo, promosso dal partito di destra Udc e sostenuto dalla Lega dei Ticinesi, intende ancorare nella Costituzione ticinese la "preferenza indigena" al momento dell'assunzione e chiede alle autorità del Cantone di garantire che sul mercato del lavoro ticinese "venga privilegiato a pari qualifiche professionali chi vive sul suo territorio".
L'affluenza, tuttavia, si è fermata al 45%, ma, come spiega il presidente dell'Associazione Frontalieri Ticino, Eros Sebastiani: "Ce l’aspettavamo, anzi è già tanto che la percentuale non sia stata più alta", al contempo, però, la sua difficile applicazione "non cambierà l'orientamento del mercato del lavoro cantonale". Resta un forte sentimento di disagio che conferma quello emerso per il voto "Contro l'immigrazione di massa", approvata il 9 febbraio 2014 dalla maggioranza degli svizzeri con il 50,3% dei voti: in Ticino aveva incassato il 68,2 % di Sì.
Per i promotori di 'Prima i nostri', che parlano di "vittoria storica", il trionfo di ieri rappresenta un chiaro messaggio al governo e al parlamento federali, ma le conseguenze non saranno affatto immediate. La modifica costituzionale dovrà essere avallata dall’Assemblea federale di Berna, che valuta la conformità al diritto nazionale, ma anche il voto di quasi 2 anni fa ancora non ha trovato alcuna applicazione.
La questione non sembra, però, preoccupare più di tanto la destra nazionalista, tesa a sottolinearne la portata politica: "La libera circolazione va limitata, solo in questo modo si potranno combattere fenomeni deleteri quali la sostituzione di lavoratori ticinesi con frontalieri e il dumping salariale". Il Consiglio di Stato Ticinese ha annunciato che verrà "costituito un gruppo di lavoro per elaborare un testo di legge che applichi il nuovo articolo costituzionale", ma l'applicazione del referendum appare quantomeno improbabile all'interno del sistema di accordi bilaterali tra Svizzera e Unione Europea.
"Il referendum anti-frontalieri non ha per ora effetti pratici, ma senza la libera circolazione delle persone i rapporti tra la Svizzera e l'Ue sono a rischio" ha reso noto attraverso Twitter il Ministro degli Esteri Paolo Gentiloni. "Da domani, la Regione Lombardia predisporrà le adeguate contromisure per difendere i diritti dei nostri concittadini lavoratori" ha promesso il Presidente della Regione Lombardia Roberto Maroni.
Sulla vicenda sono intervenuti anche i principali quotidiani locali. Secondo Aldo Bertagni de La Regione:Quella di ieri è prova provata che la paura è ormai piattaforma di lotta e di governo per chi - come la destra ticinese - intende gestire il potere indisturbato grazie ai consensi generati da una falsa percezione". Secondo Alessandra Zumthor, Giornale del Popolo, a favore dell'iniziativa hanno giocato pure "il titolo accattivante" e "il clima perennemente negativo" sul tema del lavoro in Ticino. Infine, Fabio Pontiggia, Corriere del Ticino, sottolinea il dilemma politico intorno al voto di ieri e del 9 Febbraio 2014: "Attuare pienamente e fedelmente quanto voluto dalla maggioranza dei votanti priverebbe il Ticino di un motore di sviluppo e di crescita (un'economia più aperta grazie ai Bilaterali); ma non dare seguito alla volontà popolare getterebbe benzina sul fuoco del disagio e dell'insofferenza".
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