Assalto nella notte ad una scuola di polizia in Pakistan: 60 morti e 123 feriti il bilancio, al momento, delle vittime. Ad attaccare militanti di un gruppo legato ad Al Qaida, ma non mancano altre ipotesi. Il servizio di Adriana Masotti: ascolta
Radio Vaticana - L'attacco è avvenuto ieri sera dopo le 23 ora locale. Obiettivo un centro di addestramento della polizia alla periferia di Quetta, capoluogo della provincia pachistana sudoccidentale del Balucistan, In azione un commando di tre kamikaze che hanno fatto irruzione nel compound della polizia quando circa 700 cadetti, agenti ed ufficiali stavano dormendo. La maggior parte delle vittime sono state causate dall'attivazione dei giubbetti esplosivi di due degli attaccanti, mentre il terzo è stato ucciso dalle forze di sicurezza che hanno circondato l’Accademia.
Lo scontro a fuoco con i militanti armati di kalashnikov sarebbe durato 5 ore. Gli attaccanti avevano preso alcuni ostaggi. Sia i talebani pakistani che il gruppo jihadista sunnita Lashker-e-Jhangvi, affiliato con al Qaida, hanno rivendicato l’attacco. Secondo il capo delle forze paramilitari locali, gli attentatori erano in contatto telefonico con l’Afghanistan. L’organizzazione che ha le sue radici nella provincia del Punjab, aveva già effettuato diversi attacchi in passato in particolare contro la minoranza sciita degli hazara che vive in Pakistan. Il centro di addestramento di Quetta era già stato attaccato nel 2006 e nel 2008.
Ad attaccare a Queta, dunque, sarebbero stati militanti del gruppo Lashker-i-Jhangvi legato ad Al Qaida, ma rivendicazioni sono arrivate anche dai talebani pakistani e perfino dall’Is. Adriana Masotti ne ha parlato con Francesca Marino, direttore del periodico Stringer Asia: ascolta
R. – Daesh a questo punto non è credibile, ormai rivendica di tutto. La Lashkar-i Jhangvi è una cellula di Sipah-e-Sahaba, cioè sono tutti gruppi, i cosiddetti “terroristi cattivi”, che il governo pakistano non sponsorizza ma che però attaccano di prevalenza sciiti. Il Ttp è possibile … poi, ognuno ha la sua agenda e in questo momento il Belucistan è più che mai al centro dell’attenzione.
D. – In quale contesto è avvenuto l’attacco di questa notte?
R. – Ci sono in ballo un po’ di cose. Primo, i separatisti beluci che combattono contro Islamabad: è un po’ di tempo che il Pakistan accusa l’India di finanziare il Ttp (Tehrik-i Taliban), cioè i talebani pakistani, i talebani afghani e i guerriglieri baluchi. L’altro motivo è che è agli sgoccioli la conclusione – e quindi l’avvio – del cosiddetto corridoio economico tra Cina e Pakistan, di cui il Belucistan è la parte focale. I beluci non vogliono, metà del Pakistan non vuole questo accordo: la Cina ha in mano tre quarti del Paese. L’altra cosa è che sono ripresi i colloqui a Doha tra talebani, governo afghani e gli Stati Uniti. I pakistani non sono stati invitati percui è in corso un braccio di ferro.
D.- Ecco: ma perché colpire una scuola di polizia?
R. – Perché è un simbolo, ed è un soft-target. E’ quello che succede da anni: si colpiscono scuole, ospedali, obiettivi civili, i cosiddetti soft-target.
D. – Tanti i gruppi separatisti, gruppi terroristici, ma chi comanda, alla fine, in Pakistan?
R. – Chi comanda è chi ha sempre comandato: l’esercito.
D. – Il Pakistan rappresenta un rischio per la comunità internazionale, per la pace?
R. – Se calcoliamo che negli ultimi anni in qualche modo tutti gli attacchi terroristici sono riconducibili a gente addestrata in Pakistan, a gruppi nati in Pakistan; che i talebani stessi li ha pensati il Pakistan … due conti sono semplici. Anche negli attentati ultimi negli Stati Uniti c’è una connessione con il Pakistan: sempre.
D. – E l’obiettivo, di tutto questo?
R. – Innanzitutto, da quando è nato il Pakistan è stato in mano all’esercito. Nel momento in cui non c’è più il nemico – vedi l’India – i militari non hanno più motivo di esistere, non hanno più potere. L’altra cosa: la famosa, quella che chiamano profondità strategica, cioè: il Pakistan è uno Stato affogato in mezzo a potenze, in mezzo all’India, la Cina, la Russia e l’agenda dei servizi pakistani e anche di alcuni dei più grossi gruppi terroristici locali, è la stessa: la creazione di un califfato islamico che arrivi fino al Mediterraneo. Se lei legge il manifesto di un gruppo che si chiama Lashkar-i Taiba, quello che ha portato a termine l’attacco a Bombay nel 2008 e che combatte dappertutto, nel manifesto c’è scritto chiaramente fin dagli anni Novanta: “la creazione di uno Stato islamico che vada dal Pakistan fino alla Sicilia e alla Spagna”.
Radio Vaticana - L'attacco è avvenuto ieri sera dopo le 23 ora locale. Obiettivo un centro di addestramento della polizia alla periferia di Quetta, capoluogo della provincia pachistana sudoccidentale del Balucistan, In azione un commando di tre kamikaze che hanno fatto irruzione nel compound della polizia quando circa 700 cadetti, agenti ed ufficiali stavano dormendo. La maggior parte delle vittime sono state causate dall'attivazione dei giubbetti esplosivi di due degli attaccanti, mentre il terzo è stato ucciso dalle forze di sicurezza che hanno circondato l’Accademia.
Lo scontro a fuoco con i militanti armati di kalashnikov sarebbe durato 5 ore. Gli attaccanti avevano preso alcuni ostaggi. Sia i talebani pakistani che il gruppo jihadista sunnita Lashker-e-Jhangvi, affiliato con al Qaida, hanno rivendicato l’attacco. Secondo il capo delle forze paramilitari locali, gli attentatori erano in contatto telefonico con l’Afghanistan. L’organizzazione che ha le sue radici nella provincia del Punjab, aveva già effettuato diversi attacchi in passato in particolare contro la minoranza sciita degli hazara che vive in Pakistan. Il centro di addestramento di Quetta era già stato attaccato nel 2006 e nel 2008.
Ad attaccare a Queta, dunque, sarebbero stati militanti del gruppo Lashker-i-Jhangvi legato ad Al Qaida, ma rivendicazioni sono arrivate anche dai talebani pakistani e perfino dall’Is. Adriana Masotti ne ha parlato con Francesca Marino, direttore del periodico Stringer Asia: ascolta
R. – Daesh a questo punto non è credibile, ormai rivendica di tutto. La Lashkar-i Jhangvi è una cellula di Sipah-e-Sahaba, cioè sono tutti gruppi, i cosiddetti “terroristi cattivi”, che il governo pakistano non sponsorizza ma che però attaccano di prevalenza sciiti. Il Ttp è possibile … poi, ognuno ha la sua agenda e in questo momento il Belucistan è più che mai al centro dell’attenzione.
D. – In quale contesto è avvenuto l’attacco di questa notte?
R. – Ci sono in ballo un po’ di cose. Primo, i separatisti beluci che combattono contro Islamabad: è un po’ di tempo che il Pakistan accusa l’India di finanziare il Ttp (Tehrik-i Taliban), cioè i talebani pakistani, i talebani afghani e i guerriglieri baluchi. L’altro motivo è che è agli sgoccioli la conclusione – e quindi l’avvio – del cosiddetto corridoio economico tra Cina e Pakistan, di cui il Belucistan è la parte focale. I beluci non vogliono, metà del Pakistan non vuole questo accordo: la Cina ha in mano tre quarti del Paese. L’altra cosa è che sono ripresi i colloqui a Doha tra talebani, governo afghani e gli Stati Uniti. I pakistani non sono stati invitati percui è in corso un braccio di ferro.
D.- Ecco: ma perché colpire una scuola di polizia?
R. – Perché è un simbolo, ed è un soft-target. E’ quello che succede da anni: si colpiscono scuole, ospedali, obiettivi civili, i cosiddetti soft-target.
D. – Tanti i gruppi separatisti, gruppi terroristici, ma chi comanda, alla fine, in Pakistan?
R. – Chi comanda è chi ha sempre comandato: l’esercito.
D. – Il Pakistan rappresenta un rischio per la comunità internazionale, per la pace?
R. – Se calcoliamo che negli ultimi anni in qualche modo tutti gli attacchi terroristici sono riconducibili a gente addestrata in Pakistan, a gruppi nati in Pakistan; che i talebani stessi li ha pensati il Pakistan … due conti sono semplici. Anche negli attentati ultimi negli Stati Uniti c’è una connessione con il Pakistan: sempre.
D. – E l’obiettivo, di tutto questo?
R. – Innanzitutto, da quando è nato il Pakistan è stato in mano all’esercito. Nel momento in cui non c’è più il nemico – vedi l’India – i militari non hanno più motivo di esistere, non hanno più potere. L’altra cosa: la famosa, quella che chiamano profondità strategica, cioè: il Pakistan è uno Stato affogato in mezzo a potenze, in mezzo all’India, la Cina, la Russia e l’agenda dei servizi pakistani e anche di alcuni dei più grossi gruppi terroristici locali, è la stessa: la creazione di un califfato islamico che arrivi fino al Mediterraneo. Se lei legge il manifesto di un gruppo che si chiama Lashkar-i Taiba, quello che ha portato a termine l’attacco a Bombay nel 2008 e che combatte dappertutto, nel manifesto c’è scritto chiaramente fin dagli anni Novanta: “la creazione di uno Stato islamico che vada dal Pakistan fino alla Sicilia e alla Spagna”.
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