mercoledì, ottobre 19, 2016
Cristiani fuggiti nel 2014 da Qaraqosh oggi in festa per la liberazione del villaggio dalle angherie del sedicente Stato Islamico. Anche il Patriarca caldeo adesso spera nella liberazione di Mosul in nome della pace

di Dario Cataldo

Due anni di sofferenze lontano da casa; un destino che ormai sembrava segnato dalle prepotenze dei jihadisti. A due anni di distanza dalla fuga di tanti cristiani spaventati dalle violenze islamiche, a Qaraqosh, si esulta per la liberazione avvenuta ieri grazie alla coalizione di 30 mila uomini, fra soldati irakeni e milizie Peshmerga curde, uniti per liberare Mosul.

La roccaforte jihadista in Iraq sta dunque per essere liberata dall'oppressione dell'Isis, che per ripicca, starebbe usando i civili come "scudi umani". Un metro di misura che rappresenta il livello di ferocia di un gruppo di fondamentalisti disposti a tutto.

Sarebbero circa 700 mila persone intrappolate a Mosul, ostaggio di 5 mila fanatici islamici ad attendere con ansia l'evoluzione dell'attacco di liberazione. Il patriarca caldeo Louis Raphael Sako, rinnova l’appello all’unità nazionale affinché la risoluzione militare abbia successo. “Noi irakeni siamo un’unica famiglia a dispetto delle diverse affiliazioni. Che l’offensiva sia il viatico per la nascita di una democrazia genuina e civile che sia rispettosa di tutti".


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