Dopo aver elogiato le riforme di Renzi, un editoriale del quotidiano della City londinese fa dietrofront: "Una follia anteporre la sopravvivenza del governo alla democrazia".
"Un ponte verso il nulla". Il Financial Times riconsidera e boccia la riforma costituzionale promossa dal Governo. Con un editoriale firmato da Tony Barber, il quotidiano della City di Londra critica la legge che sarà sottoposta al referendum il prossimo 4 dicembre. In particolare, le riforme "faranno poco per migliorare la qualità della governance, della legislazione e della politica". In Italia, infatti, "non ha bisogno di leggi da approvare rapidamente, ma di meno leggi e migliori".
Sin dal titolo, l'editoriale critica in maniera non troppo velata le ultime mosse del premier italiano, dalla promessa del Ponte sullo Stretto, all'occhiolino strizzato a destra, considerato un tentativo di togliere il terreno sotto i piedi a Silvio Berlusconi, domandandosi: "Vale la pena un simile progetto?".
Nel merito, secondo Barber, la riforma costituzionale sarebbe destinata ad avere scarsi effetti. Forte la critica all'idea di una maggiore stabilità data da un sistema istituzionale più rapido. A confutare la tesi del premier, infatti, è proprio la storia legislativa italiana: dal dopoguerra il Parlamento italiano ha approvato più leggi di Stati Uniti, Francia, Germania e Regno Unito. Spesso senza neppure avere una vera maggioranza, proprio come nel caso dell'attuale governo, capace di far passare la riforma del mercato del lavoro nonostante non i numeri ridotti in Senato.
Lo scenario è quello di un Parlamento che rischia di essere soffocato da un numero di leggi già esorbitante, spesso contraddittorie e affatto chiare. Una "cattiva riforma", affonda il Financial Times, a cui si aggiunge una legge elettorale che "consegnerebbe il potere alla maggioranza per cinque anni". Così, la vittoria del Sì costituirebbe "la follia di voler anteporre l’obiettivo tattico della sopravvivenza del governo alla necessità strategica di una democrazia sana".
L'articolo è una vera e propria inversione a U da parte del quotidiano britannico. Soltanto lo scorso Luglio, proprio Barber scriveva che la vittoria del No, avrebbe rischiato di "gettare l'Italia in uno stato di prolungata instabilità economica e politica". Qualcosa è evidentemente cambiato, sebbene ad oggi, secondo l'editoriale, "Renzi meriti di essere sostenuto", soprattutto in vista di avversari politici (i 5 Stelle) del tutto inesperti a livello nazionale ed internazionale.
"Un ponte verso il nulla". Il Financial Times riconsidera e boccia la riforma costituzionale promossa dal Governo. Con un editoriale firmato da Tony Barber, il quotidiano della City di Londra critica la legge che sarà sottoposta al referendum il prossimo 4 dicembre. In particolare, le riforme "faranno poco per migliorare la qualità della governance, della legislazione e della politica". In Italia, infatti, "non ha bisogno di leggi da approvare rapidamente, ma di meno leggi e migliori".
Sin dal titolo, l'editoriale critica in maniera non troppo velata le ultime mosse del premier italiano, dalla promessa del Ponte sullo Stretto, all'occhiolino strizzato a destra, considerato un tentativo di togliere il terreno sotto i piedi a Silvio Berlusconi, domandandosi: "Vale la pena un simile progetto?".
Nel merito, secondo Barber, la riforma costituzionale sarebbe destinata ad avere scarsi effetti. Forte la critica all'idea di una maggiore stabilità data da un sistema istituzionale più rapido. A confutare la tesi del premier, infatti, è proprio la storia legislativa italiana: dal dopoguerra il Parlamento italiano ha approvato più leggi di Stati Uniti, Francia, Germania e Regno Unito. Spesso senza neppure avere una vera maggioranza, proprio come nel caso dell'attuale governo, capace di far passare la riforma del mercato del lavoro nonostante non i numeri ridotti in Senato.
Lo scenario è quello di un Parlamento che rischia di essere soffocato da un numero di leggi già esorbitante, spesso contraddittorie e affatto chiare. Una "cattiva riforma", affonda il Financial Times, a cui si aggiunge una legge elettorale che "consegnerebbe il potere alla maggioranza per cinque anni". Così, la vittoria del Sì costituirebbe "la follia di voler anteporre l’obiettivo tattico della sopravvivenza del governo alla necessità strategica di una democrazia sana".
L'articolo è una vera e propria inversione a U da parte del quotidiano britannico. Soltanto lo scorso Luglio, proprio Barber scriveva che la vittoria del No, avrebbe rischiato di "gettare l'Italia in uno stato di prolungata instabilità economica e politica". Qualcosa è evidentemente cambiato, sebbene ad oggi, secondo l'editoriale, "Renzi meriti di essere sostenuto", soprattutto in vista di avversari politici (i 5 Stelle) del tutto inesperti a livello nazionale ed internazionale.
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