Lo scontro in tv condotto da Mentana non ha lesinato di momenti aspri e battute al veleno. Secondo il costituzionalista si andrebbe verso l'oligarchia, il premier: "Un'offesa agli italiani".
di Lorenzo Carchini
La mancanza di rispetto, ognuno la esprime a modo suo. Chi da politico, chi da membro di un consiglio di facoltà. Qualora due persone, provenienti da contesti completamente diversi, venissero messe una di fronte all'altra, non potrebbe che uscire un risultato simile a quello di ieri sera, nello speciale "Sì o No" diretto da Enrico Mentana, su La7.
Matteo Renzi e Gustavo Zagrebelsky non si amano, e fin qui non serviva un incontro in diretta televisiva per scoprirlo. Piuttosto, ciò che maggiormente rimarrà di ieri sera, saranno le battutine aspre e velenose di cui il pubblico è da sempre ghiotto. In cerca del retroscena, della frecciata, del fuori-onda, presto saranno dimenticati i passaggi soporiferi "nel merito", mentre rimarrà l'immediato riferimento del professore alla ministra Boschi e lo show preparato dal premier, che davanti alle telecamere riscopre l'"antica forza" del provocatore e manipolatore del mezzo.
Renzi con la tv ci sa fare, ribalta spesso la frittata, tende a cambiare argomento. Ha una capacità narrativa avvincente, che talvolta riesce persino a contenere un'abissale mancanza di contenuti. Questo innato talento, e la promessa (unico elemento prossimo alla concretezza nel dibattito di ieri) di cambiare l'Italicum, basteranno per rimettere in carreggiata un carrozzone, quello del Sì, che investe in una campagna pubblicitaria letteralmente "affamata" di consensi, aggressiva perché sa che deve rincorrere nei sondaggi?
"Lei mi ha deluso come rottamatore", incalza l'uno. "Sa quanta gente che mi odia, voterà sì? Ma non parli di me, parli della Costituzione!", ribatte l'altro. Eccolo presentarsi, il vecchio errore, sui passi del premier. Quel referendum interpretato come plebiscito personale, con un'opinione pubblica che pezzo per pezzo si è frammentata, impaludando il dibattito sul grande problema di fondo: quanto può interessare il contenuto della riforma agli italiani?
Al di là dei tecnicismi, il tema richiamato nella serata di ieri è il seguente: "Questa riforma porterà all'oligarchia", la tesi di Zagrebelsky ed in generale dei comitati del No. Un'accusa di rischio autoritario cui il premier ribatte con un "è offensivo nei confronti degli italiani". Perfino il rispetto con cui il premier si rivolge al "caro" professore mal cela la profonda distanza tra i due, tra un vecchio che aiuterebbe non troppo volentieri ad attraversare la strada, ed il sé rampante, aggressivo, apparentemente la persona più moderna del nostro paese.
Zagrebelsky è stato bravissimo/normale/pessimo nell'esporre i contenuti della riforma, fornendo il punto di vista di uno dei più importanti costituzionalisti italiani. Renzi, da par suo, è stato bravissimo/normale/pessimo nell'entrare anche nei contenuti, quando necessario, ma senza troppo impegno, con qualche frecciatina qua e là, sempre bucando lo schermo.
Chi avrà vinto? Dipende da chi ascolta: il voto di dicembre sarà anche sul premier, che lo si voglia o no, e chi ha deciso di votare No, lo farà a prescindere da ieri, chi voterà Sì lo stesso. Il gioco è tutto su quella parte d'Italia indecisa, magari disinteressata e che vive altri problemi. Molti di loro fra qualche settimana neanche si recheranno alle urne, facilmente chi invece lo farà risulterà decisivo nella contesa: auguriamoci che la trasmissione l'abbiano vista.
di Lorenzo Carchini
La mancanza di rispetto, ognuno la esprime a modo suo. Chi da politico, chi da membro di un consiglio di facoltà. Qualora due persone, provenienti da contesti completamente diversi, venissero messe una di fronte all'altra, non potrebbe che uscire un risultato simile a quello di ieri sera, nello speciale "Sì o No" diretto da Enrico Mentana, su La7.
Matteo Renzi e Gustavo Zagrebelsky non si amano, e fin qui non serviva un incontro in diretta televisiva per scoprirlo. Piuttosto, ciò che maggiormente rimarrà di ieri sera, saranno le battutine aspre e velenose di cui il pubblico è da sempre ghiotto. In cerca del retroscena, della frecciata, del fuori-onda, presto saranno dimenticati i passaggi soporiferi "nel merito", mentre rimarrà l'immediato riferimento del professore alla ministra Boschi e lo show preparato dal premier, che davanti alle telecamere riscopre l'"antica forza" del provocatore e manipolatore del mezzo.
Renzi con la tv ci sa fare, ribalta spesso la frittata, tende a cambiare argomento. Ha una capacità narrativa avvincente, che talvolta riesce persino a contenere un'abissale mancanza di contenuti. Questo innato talento, e la promessa (unico elemento prossimo alla concretezza nel dibattito di ieri) di cambiare l'Italicum, basteranno per rimettere in carreggiata un carrozzone, quello del Sì, che investe in una campagna pubblicitaria letteralmente "affamata" di consensi, aggressiva perché sa che deve rincorrere nei sondaggi?
"Lei mi ha deluso come rottamatore", incalza l'uno. "Sa quanta gente che mi odia, voterà sì? Ma non parli di me, parli della Costituzione!", ribatte l'altro. Eccolo presentarsi, il vecchio errore, sui passi del premier. Quel referendum interpretato come plebiscito personale, con un'opinione pubblica che pezzo per pezzo si è frammentata, impaludando il dibattito sul grande problema di fondo: quanto può interessare il contenuto della riforma agli italiani?
Al di là dei tecnicismi, il tema richiamato nella serata di ieri è il seguente: "Questa riforma porterà all'oligarchia", la tesi di Zagrebelsky ed in generale dei comitati del No. Un'accusa di rischio autoritario cui il premier ribatte con un "è offensivo nei confronti degli italiani". Perfino il rispetto con cui il premier si rivolge al "caro" professore mal cela la profonda distanza tra i due, tra un vecchio che aiuterebbe non troppo volentieri ad attraversare la strada, ed il sé rampante, aggressivo, apparentemente la persona più moderna del nostro paese.
Zagrebelsky è stato bravissimo/normale/pessimo nell'esporre i contenuti della riforma, fornendo il punto di vista di uno dei più importanti costituzionalisti italiani. Renzi, da par suo, è stato bravissimo/normale/pessimo nell'entrare anche nei contenuti, quando necessario, ma senza troppo impegno, con qualche frecciatina qua e là, sempre bucando lo schermo.
Chi avrà vinto? Dipende da chi ascolta: il voto di dicembre sarà anche sul premier, che lo si voglia o no, e chi ha deciso di votare No, lo farà a prescindere da ieri, chi voterà Sì lo stesso. Il gioco è tutto su quella parte d'Italia indecisa, magari disinteressata e che vive altri problemi. Molti di loro fra qualche settimana neanche si recheranno alle urne, facilmente chi invece lo farà risulterà decisivo nella contesa: auguriamoci che la trasmissione l'abbiano vista.
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