Dalla vicenda mail al video della scorsa settimana, i due candidati si scambiano accuse per tutto il corso del 90 minuti. Secondo la Cnn, vittoria per Hillary Clinton "ai punti".
Novanta minuti di delegittimazione totale e reciproca. In queste poche parole si potrebbe riassumere il secondo dibattito tra Donald Trump e Hillary Clinton, ieri sera a St. Louis. Protagonista, stavolta, è stata la quantità di veleno sparsa per tutto l'auditorium. Il dibattito è da subito sceso nell'animosità, nel disprezzo, nella minaccia e nell'insulto. Qualcosa che forse ci dice molto sullo stato della più grande democrazia al mondo.
Certo, il faccia a faccia per la corsa alla Casa Bianca non è roba da ragazzini, ma una tale mancanza di rispetto tra i due, capace di superare ogni regola di galateo, non si era mai vista prima d'ora.
Appena una stretta di mano. Trump ha interrotto continuamente l'avversaria, cercando di sommergerla di critiche riguardo la politica estera ed interna, fino ad attaccarla per il suo carattere e la sua stessa persona. Una serata passata costantemente all'attacco, superando le "timidezze" del primo dibattito, che hanno fatto sembrare il repubblicano molto più a suo agio in questa veste. Ma è bastato? Anzitutto i primi instant poll della Cnn danno ancora una volta vincitrice Hillary (57% a 34%), ma soprattutto raramente prima d'oggi si è arrivati ad un dibattito con un candidato completamente isolato nel partito, colpito da uno scandalo esploso a meno di un mese dal voto e con sondaggi in costante calo da due settimane.
Anche nel momento in cui avrebbe dovuto far partire l'affondo sui documenti pubblicati recentemente da Wikileaks riguardanti i discorsi della Clinton a Wall Street, Trump è stato energetico ma confuso. Dall'altra parte la Clinton, di fronte all'accusa di un doppia faccia fra il conversazioni private e figura pubblica, ha richiamato addirittura le capacità di compromesso di Abraham Lincoln - ma non quello vero, bensì quello di Spielberg, ovvero quello "pop", che tutti hanno visto.
Talvolta rischiando di annaspare nei vari "taliking points", alla ricerca di parole d'effetto (così Hillary diventa "the Devil"), il miliardario newyorkese talvolta è parso, al contrario, prestare il fianco agli annunci dell'avversaria. Accusa la politica "verde", permette alla Clinton di parlare di "prima superpotenza verde del XXI secolo", si parla di musulmani e si prende l'accusa di demagogia. Infine la "grande ombra" della Russia, che Hillary astutamente fa calare sul dibattito. Tutti così finisce nel medesimo calderone: le mail per colpa degli hacker russi, il rapporto di Trump con Putin, rispetto al quale si è limitato a dire di non conoscerlo, la possibilità di un intervento in Siria per limitare Mosca, a cui ha accennato anche il candidato vicepresidente repubblicano Pence.
Se è stata la Clinton ha spuntarla, forse definitivamente, lo deve soprattutto alle ultime parole di Trump, quando alla domanda su cosa apprezzi dell'avversaria, le dà atto di essere "una combattente, che non si arrende mai". In sostanza la caratteristica principale per un presidente. Gioco, partita e incontro.
Novanta minuti di delegittimazione totale e reciproca. In queste poche parole si potrebbe riassumere il secondo dibattito tra Donald Trump e Hillary Clinton, ieri sera a St. Louis. Protagonista, stavolta, è stata la quantità di veleno sparsa per tutto l'auditorium. Il dibattito è da subito sceso nell'animosità, nel disprezzo, nella minaccia e nell'insulto. Qualcosa che forse ci dice molto sullo stato della più grande democrazia al mondo.
Certo, il faccia a faccia per la corsa alla Casa Bianca non è roba da ragazzini, ma una tale mancanza di rispetto tra i due, capace di superare ogni regola di galateo, non si era mai vista prima d'ora.
Appena una stretta di mano. Trump ha interrotto continuamente l'avversaria, cercando di sommergerla di critiche riguardo la politica estera ed interna, fino ad attaccarla per il suo carattere e la sua stessa persona. Una serata passata costantemente all'attacco, superando le "timidezze" del primo dibattito, che hanno fatto sembrare il repubblicano molto più a suo agio in questa veste. Ma è bastato? Anzitutto i primi instant poll della Cnn danno ancora una volta vincitrice Hillary (57% a 34%), ma soprattutto raramente prima d'oggi si è arrivati ad un dibattito con un candidato completamente isolato nel partito, colpito da uno scandalo esploso a meno di un mese dal voto e con sondaggi in costante calo da due settimane.
Anche nel momento in cui avrebbe dovuto far partire l'affondo sui documenti pubblicati recentemente da Wikileaks riguardanti i discorsi della Clinton a Wall Street, Trump è stato energetico ma confuso. Dall'altra parte la Clinton, di fronte all'accusa di un doppia faccia fra il conversazioni private e figura pubblica, ha richiamato addirittura le capacità di compromesso di Abraham Lincoln - ma non quello vero, bensì quello di Spielberg, ovvero quello "pop", che tutti hanno visto.
Talvolta rischiando di annaspare nei vari "taliking points", alla ricerca di parole d'effetto (così Hillary diventa "the Devil"), il miliardario newyorkese talvolta è parso, al contrario, prestare il fianco agli annunci dell'avversaria. Accusa la politica "verde", permette alla Clinton di parlare di "prima superpotenza verde del XXI secolo", si parla di musulmani e si prende l'accusa di demagogia. Infine la "grande ombra" della Russia, che Hillary astutamente fa calare sul dibattito. Tutti così finisce nel medesimo calderone: le mail per colpa degli hacker russi, il rapporto di Trump con Putin, rispetto al quale si è limitato a dire di non conoscerlo, la possibilità di un intervento in Siria per limitare Mosca, a cui ha accennato anche il candidato vicepresidente repubblicano Pence.
Se è stata la Clinton ha spuntarla, forse definitivamente, lo deve soprattutto alle ultime parole di Trump, quando alla domanda su cosa apprezzi dell'avversaria, le dà atto di essere "una combattente, che non si arrende mai". In sostanza la caratteristica principale per un presidente. Gioco, partita e incontro.
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