Per raccogliere a pieno le lezioni ed i segnali che gli Stati Uniti hanno dato al mondo ci vorranno probabilmente anni. Alcuni punti, però, possiamo fissarli sin da subito.
di Lorenzo Carchini
In attesa di vedere quale sarà la squadra di governo dell'amministrazione Trump, ancora dobbiamo scrollarci di dosso le sensazioni della lunga e faticosa campagna elettorale 2016. Prima che escano i dati definitivi e si possa tracciare un profilo certo del voto di martedì, avviando un'analisi che ci accompagnerà per i prossimi anni, vale la pena fissare alcuni punti. Otto insegnamenti da oltreoceano.
1) E' stata una pessima campagna nella quale hanno prevalso i toni negativi
Donald Trump e Hillary Clinton non hanno generalmente avuto una valutazione positiva. Per la larga maggioranza dei sostenitori del primo, una Hillary presidente avrebbe costituito un evento nefasto tanto quanto l'opposto per i democratici. Perfino gruppi posti alle estremità dello spettro politico ed ideologico avevano più una percezione "in negativo" dell'avversario, che favorevole al rispettivo candidato.
Un approccio scettico, cinico, da parte degli americani, sempre più sospetti del sistema politico statunitense, con la critica stessa al sistema che ha dato una spinta in più a Trump verso la vittoria.
2) La totale inesperienza politica di Trump ha giocato a suo favore
Gli elettori hanno parlato e si sono detti disposti ad accettare la pressoché totale assenza di esperienza e qualità "presidenziali" di Donald Trump, come una "boccata d'aria fresca" nella palude del Potomac e nel resto del paese. Perfino molti dei suoi stessi sostenitori hanno ammesso che il tycoon mancasse delle qualità necessarie per il ruolo, ma l'importante era che ci fosse un segnale di cambiamento, una rottura.
3) Notizie sulla Clinton = Email
Trump ha saputo sfruttare ogni spazio datogli dai media, spesso mettendo in secondo piano l'ex Segretario di Stato. Soltanto alla fine si è parlato più di Hillary, ma in contemporanea con l'annuncio da parte del Direttore Fbi James Comey sulla riapertura dell'indagine sullo scandalo Mail.La capacità di Trump di inserirsi nel "news cycle" è interamente frutto della sua strategia comunicativa politicamente scorretta, gridata e che gli ha permesso di fornire un flusso di notizie sulle quali i media si sono buttati a capofitto.
4) Un presidente al teflon?
Lo scandalo Mail alla fine ha pesato come un macigno, soprattutto se prendessimo per vera l'analisi Gallup, confermando che quella sia stata la cosa che maggiormente ricordano di aver letto, sentito o visto gli elettori sulla democratica. L'annuncio di Comey, ad una settimana dal voto, ha permesso di dare fondamento al pregiudizio che da sempre pende su Hillary e che ha dimostrato di soffrire. Certo, neanche Trump è considerato uno "stinco di santo", ma la cosa non lo ha mai preoccupato, è lui il primo ad ammetterlo e ad aver usato questa caratteristica a suo favore.
5) L'odiato Governo Federale
Trump sarà presto a capo dell'esecutivo di una delle istituzioni meno apprezzate da parte degli americani: il Governo Federale. Un sentimento che storicamente caratterizza gli Stati Uniti e che ciclicamente riemerge. Donald è stato in grado di trarne vantaggio, annunciando di voler ripulire le paludi di Washington D.C. Ora ne sarà a capo e dovrà confrontarsi personalmente con quella complessa realtà. I cimiteri sono pieni di persone che pensavano di poter sconfiggere il colosso federale, qualcuno a suo modo c'è riuscito.
6) Donald il "Funzionalista"
La campagna di Hillary nel corso dei mesi ha teso a vedere il paese come una rassegna di gruppi sociali, ciascuno dei quali con problemi e preoccupazioni a cui dar voce. Donne, omosessuali, disabili, minoranze, immigrati, madri lavoratrici, tutte vittime del sistema, chiamati a farsi sentire. Al contrario, Trump ha cercato di dare un'immagine d'insieme del paese: "Make America Great Again". Uno slogan di successo quasi "funzionalista", mutuato dalla campagna Reagan del 1980, che guarda alla società nella sua totalità. Che possa davvero rappresentare tutti è da vedere - e con ogni probabilità non sarà così - ma ha funzionato.
7) Voto popolare - collego elettorale: vecchie ruggini
Hillary ha vinto nel voto popolare, con un margine che potrebbe addirittura aumentare al completamente dei conteggi. Tuttavia, come nel 2000, il "campione del popolo" ha perso per la natura del sistema elettorale. Ma questo sistema agli americani piace? Sembrerebbe di no. Stando alle serie storiche Gallup, i cittadini si sono sempre mostrati generalmente favorevoli ad un cambiamento. Il problema è il come. Le motivazioni che avevano portato i Costituenti ad optare per quel sistema non erano affatto miopi - leggi "presidenza imperiale".
8) Le "fireside chats" ai tempi di Twitter
La fiducia che gli americani ripongono nei media è ai minimi storici. Un sentimento particolarmente forte fra i Repubblicani, non deve stupirci che la maggior parte di essi abbia visto i media come schierati dalla parte della Clinton, intenti a screditare il proprio candidato.
Trump ha soffiato sul fuoco, utilizzando Twitter come mezzo per raggiungere direttamente il suo pubblico. Una variante moderna delle "fireside chats", le chiacchere al caminetto che Roosvelt utilizzava per raggiungere gli americani durante il New Deal. Se questa pratica continuerà alla Casa Bianca lo vedremo, al momento non si può escludere che Trump possa sviluppare nuovi modi di comunicare col pubblico, bypassando le rituali conferenze stampa.
In attesa di vedere quale sarà la squadra di governo dell'amministrazione Trump, ancora dobbiamo scrollarci di dosso le sensazioni della lunga e faticosa campagna elettorale 2016. Prima che escano i dati definitivi e si possa tracciare un profilo certo del voto di martedì, avviando un'analisi che ci accompagnerà per i prossimi anni, vale la pena fissare alcuni punti. Otto insegnamenti da oltreoceano.
1) E' stata una pessima campagna nella quale hanno prevalso i toni negativi
Donald Trump e Hillary Clinton non hanno generalmente avuto una valutazione positiva. Per la larga maggioranza dei sostenitori del primo, una Hillary presidente avrebbe costituito un evento nefasto tanto quanto l'opposto per i democratici. Perfino gruppi posti alle estremità dello spettro politico ed ideologico avevano più una percezione "in negativo" dell'avversario, che favorevole al rispettivo candidato.
Un approccio scettico, cinico, da parte degli americani, sempre più sospetti del sistema politico statunitense, con la critica stessa al sistema che ha dato una spinta in più a Trump verso la vittoria.
2) La totale inesperienza politica di Trump ha giocato a suo favore
Gli elettori hanno parlato e si sono detti disposti ad accettare la pressoché totale assenza di esperienza e qualità "presidenziali" di Donald Trump, come una "boccata d'aria fresca" nella palude del Potomac e nel resto del paese. Perfino molti dei suoi stessi sostenitori hanno ammesso che il tycoon mancasse delle qualità necessarie per il ruolo, ma l'importante era che ci fosse un segnale di cambiamento, una rottura.
3) Notizie sulla Clinton = Email
Trump ha saputo sfruttare ogni spazio datogli dai media, spesso mettendo in secondo piano l'ex Segretario di Stato. Soltanto alla fine si è parlato più di Hillary, ma in contemporanea con l'annuncio da parte del Direttore Fbi James Comey sulla riapertura dell'indagine sullo scandalo Mail.La capacità di Trump di inserirsi nel "news cycle" è interamente frutto della sua strategia comunicativa politicamente scorretta, gridata e che gli ha permesso di fornire un flusso di notizie sulle quali i media si sono buttati a capofitto.
4) Un presidente al teflon?
Lo scandalo Mail alla fine ha pesato come un macigno, soprattutto se prendessimo per vera l'analisi Gallup, confermando che quella sia stata la cosa che maggiormente ricordano di aver letto, sentito o visto gli elettori sulla democratica. L'annuncio di Comey, ad una settimana dal voto, ha permesso di dare fondamento al pregiudizio che da sempre pende su Hillary e che ha dimostrato di soffrire. Certo, neanche Trump è considerato uno "stinco di santo", ma la cosa non lo ha mai preoccupato, è lui il primo ad ammetterlo e ad aver usato questa caratteristica a suo favore.
5) L'odiato Governo Federale
Trump sarà presto a capo dell'esecutivo di una delle istituzioni meno apprezzate da parte degli americani: il Governo Federale. Un sentimento che storicamente caratterizza gli Stati Uniti e che ciclicamente riemerge. Donald è stato in grado di trarne vantaggio, annunciando di voler ripulire le paludi di Washington D.C. Ora ne sarà a capo e dovrà confrontarsi personalmente con quella complessa realtà. I cimiteri sono pieni di persone che pensavano di poter sconfiggere il colosso federale, qualcuno a suo modo c'è riuscito.
6) Donald il "Funzionalista"
La campagna di Hillary nel corso dei mesi ha teso a vedere il paese come una rassegna di gruppi sociali, ciascuno dei quali con problemi e preoccupazioni a cui dar voce. Donne, omosessuali, disabili, minoranze, immigrati, madri lavoratrici, tutte vittime del sistema, chiamati a farsi sentire. Al contrario, Trump ha cercato di dare un'immagine d'insieme del paese: "Make America Great Again". Uno slogan di successo quasi "funzionalista", mutuato dalla campagna Reagan del 1980, che guarda alla società nella sua totalità. Che possa davvero rappresentare tutti è da vedere - e con ogni probabilità non sarà così - ma ha funzionato.
7) Voto popolare - collego elettorale: vecchie ruggini
Hillary ha vinto nel voto popolare, con un margine che potrebbe addirittura aumentare al completamente dei conteggi. Tuttavia, come nel 2000, il "campione del popolo" ha perso per la natura del sistema elettorale. Ma questo sistema agli americani piace? Sembrerebbe di no. Stando alle serie storiche Gallup, i cittadini si sono sempre mostrati generalmente favorevoli ad un cambiamento. Il problema è il come. Le motivazioni che avevano portato i Costituenti ad optare per quel sistema non erano affatto miopi - leggi "presidenza imperiale".
8) Le "fireside chats" ai tempi di Twitter
Trump ha soffiato sul fuoco, utilizzando Twitter come mezzo per raggiungere direttamente il suo pubblico. Una variante moderna delle "fireside chats", le chiacchere al caminetto che Roosvelt utilizzava per raggiungere gli americani durante il New Deal. Se questa pratica continuerà alla Casa Bianca lo vedremo, al momento non si può escludere che Trump possa sviluppare nuovi modi di comunicare col pubblico, bypassando le rituali conferenze stampa.
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