Venerdì 18 novembre una corte d'appello della Mauritania ha assolto e rilasciato tre attivisti di Ira-Mauritania (Iniziativa per la rinascita del movimento abolizionista, una Ong che lotta contro la schiavitù nel paese dell'Africa nord-occidentale) e ha ridotto la pena nei confronti di altri sette attivisti, a loro volta rimessi in libertà in quanto avevano scontato in attesa del processo il periodo di carcere equivalente.
Amnesty - I 10 attivisti rilasciati facevano parte di un gruppo di 13 persone che in primo grado erano state condannate a pene da tre a 15 di carcere per una serie di reati tra cui "ribellione" e "uso della violenza". I 13 erano stati arrestati tra il 30 giugno e il 9 luglio nella capitale Nouakchott, a seguito di una protesta - cui nessuno di loro aveva preso parte! - contro lo sgombero forzato di un insediamento per far posto a un vertice della Lega araba: un insediamento abitato in larga parte dagli haratin, la casta cui un sistema ereditario di sottomissione assegna il ruolo di schiavi.
"Il fatto che in appello 10 dei 13 attivisti siano comunque stati condannati e che tre di questi 10 restino in carcere è il segno di quanto sia ridotto lo spazio che gli attivisti della società civile mauritana hanno a disposizione nel paese. Ancora più preoccupante è la circostanza che neanche in secondo grado siano state prese in considerazione le denunce di tortura presentate da alcuni degli imputati" - ha dichiarato Kiné Fatim Diop, ricercatore di Amnesty International sull'Africa occidentale.
Sebbene abolita ufficialmente nel 1981 e considerata reato dal 2007, la schiavitù tradizionale in Mauritania è largamente praticata e gli attivisti che chiedono la fine di questa orrenda pratica entrano ed escono continuamente dal carcere. Alcuni di loro vivono ormai in esilio. Amnesty International continuerà a sollecitare il rilascio degli ultimi tre attivisti ancora in carcere.
"Il fatto che in appello 10 dei 13 attivisti siano comunque stati condannati e che tre di questi 10 restino in carcere è il segno di quanto sia ridotto lo spazio che gli attivisti della società civile mauritana hanno a disposizione nel paese. Ancora più preoccupante è la circostanza che neanche in secondo grado siano state prese in considerazione le denunce di tortura presentate da alcuni degli imputati" - ha dichiarato Kiné Fatim Diop, ricercatore di Amnesty International sull'Africa occidentale.
Sebbene abolita ufficialmente nel 1981 e considerata reato dal 2007, la schiavitù tradizionale in Mauritania è largamente praticata e gli attivisti che chiedono la fine di questa orrenda pratica entrano ed escono continuamente dal carcere. Alcuni di loro vivono ormai in esilio. Amnesty International continuerà a sollecitare il rilascio degli ultimi tre attivisti ancora in carcere.
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