Presentato anche in Italia il primo prototipo di robot intelligente: si chiama R1, assomiglia molto a uno di quei personaggi ai quali la fantascienza ci ha ben abituati, ma in realtà è stato progettato per svolgere semplici funzioni quotidiane, di assistenza in casa o sul posto di lavoro.
Radio Vaticana - E soprattutto è un prodotto “made in Italy”, pensato come un prodotto di basso (ascolta)
costo. Francesco Gnagni ne ha parlato con Roberto Cingolani, fisico e direttore scientifico dell'Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) di Genova.
R. – R1, intanto, inaugura un filone di tecnologia molto innovativa perché è un robot che è stato progettato proprio per essere abbordabile, cioè di basso costo. E’ fatto prevalentemente con materiali economici, plastiche e con delle soluzioni che dal punto di vista della progettazione e della manifattura contengono i costi. Se posso fare un paragone automobilistico, diciamo che è concepito come un’utilitaria, mentre casomai il robot che tutti conoscono di Iit, l’iCub, è un po’ equivalente della Formula 1 : un robot estremamente sofisticato ma molto, molto, più costoso. Per quanto riguarda le sue applicazioni, in questo momento stiamo pensando ad un piccolo assistente per l’essere umano, e la prima che ci viene in mente è un’applicazione in casa; c’è gente per esempio che ha bisogno di un aiuto domestico molto semplice. Uno degli sforzi che noi dobbiamo fare, per esempio, è insegnare al robot a riconoscere i medicinali con i codici a barre a poter fare le dosi in modo da aiutare una persona anziana, che non ha in quel momento assistenza, a non sbagliare la medicina e a prendere la dose giusta all’ora giusta; ma anche fare piccoli servizi domestici. Oppure un’assistenza molto semplice in ufficio, o per esempio in ospedale.
D. – L’imprenditore e Ceo di Tesla, Elon Musk, ha escluso gli operai della sua fabbrica sostenendo che questi sono di intralcio. Quali sono le ricadute sul mondo del lavoro, oppure al contrario le prospettive per l’industria italiana?
R. – Io per natura non amo il bianco e il nero. Si passa dall’essere attratti dai robot che salveranno l’umanità e che ci faranno crescere il Pil all’infinito ad altre situazioni in cui il robot è cattivissimo e vuole sterminare l’umanità. Diciamo che come tutte le tecnologie ha dei vantaggi e ha potenzialità enormi però, ovviamente, ha anche lati negativi che vanno compresi, che vanno studiati. Bisogna essere in questo senso molto laici: una tecnologia ha del buono se è propriamente utilizzata, se invece è utilizzata malamente qualsiasi tecnologia può diventare deleteria, pericolosa. Io credo che noi siamo in una situazione storica - soprattutto nei Paesi avanzati come l’Italia, in cui l’aspettativa di vita si allunga - in cui si prevede che fra 30 anni ci sarà circa il 35% di persone oltre 65 anni di età e quindi si prevede che ci sarà un lavoratore attivo per ogni lavoratore in pensione, cioè ci saranno problemi di welfare, di organizzazione molto importante. Nel frattempo si vuole che la produzione di certi mezzi, di certe manifatture, aumenti molto costantemente per mantenere ritmi di crescita del 2% del Pil, quando le cose andranno meglio. Allora, se noi facciamo la media di tutti questi parametri - che sono antropologici, economici sociali, tecnici, io credo anche un po’ politici – credo che sia molto ragionevole pensare a una tecnologia che possa aiutare l’essere umano, quindi il cittadino, casomai il cittadino anziano, il cittadino che ha scarsa mobilità, in situazioni in cui è momentaneamente solo e non ha un aiuto. Quindi credo che queste tecnologie possano avere un ottimo impatto sulla vita dell’essere umano. Ma non sono tecnologie sostitutive, sono tecnologie di affiancamento.
D. – Quali potrebbero essere i limiti tecnologici?
R. – Se guardiamo come è cresciuta tutta l’information technology, è molto probabile che la robotica segua una crescita tumultuosa. Io credo che i veri punti importanti siano quelli relativi alla cosiddetta intelligenza artificiale. Queste sono macchine che comunque dovranno funzionare con delle batterie. Per essere molto pratici, diciamo che sono macchine che comunque non avranno mai potenze molto più alte di un migliaio di watt. Quindi non possono avere un’intelligenza particolarmente sofisticata; teniamo conto che un super computer in grado di fare operazioni quante quelle che fa un cervello umano consuma decine di megawatt di potenza, non se la cava con mille watt. Il cervello umano è un miracolo che fa una quantità di calcoli pazzeschi con 40 watt, con un pezzo di cioccolata! Ma non esiste ancora un equivalente artificiale, siamo lontani anni luce da questo. Allora, queste macchine avranno un’intelligenza residente modesta, che è quella che gli consentirà di fare operazioni di supporto all’essere umano. Certo, 100 anni fa sembrava fantascienza, oggi abbiamo un miliardo di automobili ed esistono delle leggi per la circolazione, ma io credo che fra 50 anni dovranno esistere delle leggi per l’interazione fra l’uomo e la macchina. E’ arrivato il momento di parlarne, discutiamone, però, anche qui, con atteggiamento laico, cioè senza dire che salveranno il mondo ma senza dire che lo distruggeranno.
Radio Vaticana - E soprattutto è un prodotto “made in Italy”, pensato come un prodotto di basso (ascolta)
costo. Francesco Gnagni ne ha parlato con Roberto Cingolani, fisico e direttore scientifico dell'Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) di Genova.
R. – R1, intanto, inaugura un filone di tecnologia molto innovativa perché è un robot che è stato progettato proprio per essere abbordabile, cioè di basso costo. E’ fatto prevalentemente con materiali economici, plastiche e con delle soluzioni che dal punto di vista della progettazione e della manifattura contengono i costi. Se posso fare un paragone automobilistico, diciamo che è concepito come un’utilitaria, mentre casomai il robot che tutti conoscono di Iit, l’iCub, è un po’ equivalente della Formula 1 : un robot estremamente sofisticato ma molto, molto, più costoso. Per quanto riguarda le sue applicazioni, in questo momento stiamo pensando ad un piccolo assistente per l’essere umano, e la prima che ci viene in mente è un’applicazione in casa; c’è gente per esempio che ha bisogno di un aiuto domestico molto semplice. Uno degli sforzi che noi dobbiamo fare, per esempio, è insegnare al robot a riconoscere i medicinali con i codici a barre a poter fare le dosi in modo da aiutare una persona anziana, che non ha in quel momento assistenza, a non sbagliare la medicina e a prendere la dose giusta all’ora giusta; ma anche fare piccoli servizi domestici. Oppure un’assistenza molto semplice in ufficio, o per esempio in ospedale.
D. – L’imprenditore e Ceo di Tesla, Elon Musk, ha escluso gli operai della sua fabbrica sostenendo che questi sono di intralcio. Quali sono le ricadute sul mondo del lavoro, oppure al contrario le prospettive per l’industria italiana?
R. – Io per natura non amo il bianco e il nero. Si passa dall’essere attratti dai robot che salveranno l’umanità e che ci faranno crescere il Pil all’infinito ad altre situazioni in cui il robot è cattivissimo e vuole sterminare l’umanità. Diciamo che come tutte le tecnologie ha dei vantaggi e ha potenzialità enormi però, ovviamente, ha anche lati negativi che vanno compresi, che vanno studiati. Bisogna essere in questo senso molto laici: una tecnologia ha del buono se è propriamente utilizzata, se invece è utilizzata malamente qualsiasi tecnologia può diventare deleteria, pericolosa. Io credo che noi siamo in una situazione storica - soprattutto nei Paesi avanzati come l’Italia, in cui l’aspettativa di vita si allunga - in cui si prevede che fra 30 anni ci sarà circa il 35% di persone oltre 65 anni di età e quindi si prevede che ci sarà un lavoratore attivo per ogni lavoratore in pensione, cioè ci saranno problemi di welfare, di organizzazione molto importante. Nel frattempo si vuole che la produzione di certi mezzi, di certe manifatture, aumenti molto costantemente per mantenere ritmi di crescita del 2% del Pil, quando le cose andranno meglio. Allora, se noi facciamo la media di tutti questi parametri - che sono antropologici, economici sociali, tecnici, io credo anche un po’ politici – credo che sia molto ragionevole pensare a una tecnologia che possa aiutare l’essere umano, quindi il cittadino, casomai il cittadino anziano, il cittadino che ha scarsa mobilità, in situazioni in cui è momentaneamente solo e non ha un aiuto. Quindi credo che queste tecnologie possano avere un ottimo impatto sulla vita dell’essere umano. Ma non sono tecnologie sostitutive, sono tecnologie di affiancamento.
D. – Quali potrebbero essere i limiti tecnologici?
R. – Se guardiamo come è cresciuta tutta l’information technology, è molto probabile che la robotica segua una crescita tumultuosa. Io credo che i veri punti importanti siano quelli relativi alla cosiddetta intelligenza artificiale. Queste sono macchine che comunque dovranno funzionare con delle batterie. Per essere molto pratici, diciamo che sono macchine che comunque non avranno mai potenze molto più alte di un migliaio di watt. Quindi non possono avere un’intelligenza particolarmente sofisticata; teniamo conto che un super computer in grado di fare operazioni quante quelle che fa un cervello umano consuma decine di megawatt di potenza, non se la cava con mille watt. Il cervello umano è un miracolo che fa una quantità di calcoli pazzeschi con 40 watt, con un pezzo di cioccolata! Ma non esiste ancora un equivalente artificiale, siamo lontani anni luce da questo. Allora, queste macchine avranno un’intelligenza residente modesta, che è quella che gli consentirà di fare operazioni di supporto all’essere umano. Certo, 100 anni fa sembrava fantascienza, oggi abbiamo un miliardo di automobili ed esistono delle leggi per la circolazione, ma io credo che fra 50 anni dovranno esistere delle leggi per l’interazione fra l’uomo e la macchina. E’ arrivato il momento di parlarne, discutiamone, però, anche qui, con atteggiamento laico, cioè senza dire che salveranno il mondo ma senza dire che lo distruggeranno.
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