Il doppio ruolo è vietato da una legge del 2014 e l'emendamento ad personam è stato per ora fermato in Commissione Bilancio. Lorenzin contraria, Ciarambino (M5S): "Così De Luca chiude il cerchio clientelare".
di Lorenzo Carchini
Lo hanno già ribattezzato l'emendamento "ad De Lucam". È la norma, proposta da un gruppo di deputati del Pd, che consentirebbe al governatore della Campania di assumere, dalle prime settimane del 2017, anche le vesti di commissario della sanità. Ed è subito polemica. Matteo Renzi deve ripagare l’impegno per il Sì al referendum del presidente della Campania Vincenzo De Luca o c'è di più?
Il ruolo di commissario alla sanità nella regione è ad oggi ricoperto da Joseph Polimeni assieme al vice Claudio D'Amario, con i quali De Luca ha rapporti tutt'altro che idilliaci. Eppure Polimeni è stato nominato nemmeno un anno fa (analogamente a quanto successo Calabria con Massimo Scura, che già aveva lavorato a Livorno e Siena, dove le dinamiche hanno assunto contorni simili a quelli campani). Una nomina che aveva suscitato allora gli entusiasmi del responsabile salute Pd Federico Gelli. Cosa è successo nel frattempo?
Per capirlo occorre tornare al 2014. In quel periodo non solo si prese (giustamente) coscienza che la sanità, nelle regioni economicamente più a rischio, costituiva una vera e propria miniera d'oro da tenere lontana dalle mani dei governatori delle regioni. Fu così studiato un testo di legge per cui i commissari alla sanità non potevano più essere i governatori stessi, ma tecnici provenienti da un'altra regione, per garantirne il servizio e l'efficienza, tenendo sotto controllo i conti.
Una legge che sembrava destinata a cambiare il corso di una certa politica. Questo almeno fin quando le due regioni al centro della contesa - Campania e Calabria - sono passate nelle mani del Pd e la battaglia referendaria imponendo al premier scelte e compromessi che probabilmente non avrebbe ipotizzato due anni fa. Sabato scorso, a Caserta, in compagnia di De Luca, ecco il siluro di Renzi: "Dobbiamo uscire dal commissariamento e stiamo lavorando perché questo accada in un arco di tempo molto rapido".
Intanto in Commissione Bilancio alla Camera arrivava l'emendamento alla legge. Il testo prevedeva che nelle Regioni sottoposte a piano di rientro dal deficit i presidenti delle giunte potessero assumere anche le funzioni di commissari ad acta della sanità; un passaggio non automatico, perché gli interessati avrebbero dovuto presentare un'istanza motivata alla presidenza del Consiglio dei ministri, a cui sarebbe spettata l'ultima parola. Traduzione: se Renzi avesse dato l'ok, De Luca si sarebbe potuto prendere la sanità campana. La norma era infatti cucita addosso a De Luca e al governatore della Calabria Mario Oliverio, entrambi eletti di recente.
In Commissione è tuttavia scattato lo stop: la norma è stata messa momentaneamente nel cassetto. Rivedrà la luce? Sarà riformulata e fatta propria dal Governo? La partita è apertissima. Era difficile ipotizzare un immediato appoggio: troppo fresche le dichiarazioni incresciose dell'ex sindaco di Salerno su Rosy Bindi. Non solo, il Pd ha dovuto incassare anche il no della ministra alla Sanità Beatrice Lorenzin, non fosse altro perché la norma che prevede appunto la separazione delle competenze tra Regione e struttura commissariale porta la sua firma.
Intervenuti sulla vicenda anche i 5 Stelle: "L'obiettivo di De Luca è mettere le mani sulla sanità campana, che vale più del 70% del bilancio regionale", ha accusato la consigliera regionale campana Valeria Ciarambino. "Dopo i direttori generali che si è nominato senza trasparenza e merito con una legge regionale ad hoc ora nella legge di semplificazione De Luca chiude il cerchio delle nomine clientelari con i direttori di distretto".
La vicenda, però, porta le sue trame fino al Parlamento. Non c'è solo l'ipotesi del voto di scambio e la spinta, testimoniata in questi giorni, verso gli amministratori locali della sua regione a fare campagna per il Sì attraverso un sistema clientelare. In gioco c'è qualcosa di più del voto il 4 Dicembre e riguarda i centri specialistici e i laboratori privati accreditati col Servizio sanitario nazionale. La famosa "pioggia di soldi" che il Governo avrebbe fatto cadere sulla Campania.
Insomma, una miniera d'oro dalla quale il governatore vorrebbe attingere a piene mani, senza commissari a chiudere la cassa e i tetti di spesa, gestendo l'afflusso di soldi per i centri convenzionati, col sostegno del vecchio alleato Ala e "verdiniano" Vincenzo D'Anna, che oltre che senatore è pure presidente di FederLab, l’associazione degli ambulatoriali privati accreditati col Ssn.
di Lorenzo Carchini
Lo hanno già ribattezzato l'emendamento "ad De Lucam". È la norma, proposta da un gruppo di deputati del Pd, che consentirebbe al governatore della Campania di assumere, dalle prime settimane del 2017, anche le vesti di commissario della sanità. Ed è subito polemica. Matteo Renzi deve ripagare l’impegno per il Sì al referendum del presidente della Campania Vincenzo De Luca o c'è di più?
Il ruolo di commissario alla sanità nella regione è ad oggi ricoperto da Joseph Polimeni assieme al vice Claudio D'Amario, con i quali De Luca ha rapporti tutt'altro che idilliaci. Eppure Polimeni è stato nominato nemmeno un anno fa (analogamente a quanto successo Calabria con Massimo Scura, che già aveva lavorato a Livorno e Siena, dove le dinamiche hanno assunto contorni simili a quelli campani). Una nomina che aveva suscitato allora gli entusiasmi del responsabile salute Pd Federico Gelli. Cosa è successo nel frattempo?
Per capirlo occorre tornare al 2014. In quel periodo non solo si prese (giustamente) coscienza che la sanità, nelle regioni economicamente più a rischio, costituiva una vera e propria miniera d'oro da tenere lontana dalle mani dei governatori delle regioni. Fu così studiato un testo di legge per cui i commissari alla sanità non potevano più essere i governatori stessi, ma tecnici provenienti da un'altra regione, per garantirne il servizio e l'efficienza, tenendo sotto controllo i conti.
Una legge che sembrava destinata a cambiare il corso di una certa politica. Questo almeno fin quando le due regioni al centro della contesa - Campania e Calabria - sono passate nelle mani del Pd e la battaglia referendaria imponendo al premier scelte e compromessi che probabilmente non avrebbe ipotizzato due anni fa. Sabato scorso, a Caserta, in compagnia di De Luca, ecco il siluro di Renzi: "Dobbiamo uscire dal commissariamento e stiamo lavorando perché questo accada in un arco di tempo molto rapido".
Intanto in Commissione Bilancio alla Camera arrivava l'emendamento alla legge. Il testo prevedeva che nelle Regioni sottoposte a piano di rientro dal deficit i presidenti delle giunte potessero assumere anche le funzioni di commissari ad acta della sanità; un passaggio non automatico, perché gli interessati avrebbero dovuto presentare un'istanza motivata alla presidenza del Consiglio dei ministri, a cui sarebbe spettata l'ultima parola. Traduzione: se Renzi avesse dato l'ok, De Luca si sarebbe potuto prendere la sanità campana. La norma era infatti cucita addosso a De Luca e al governatore della Calabria Mario Oliverio, entrambi eletti di recente.
In Commissione è tuttavia scattato lo stop: la norma è stata messa momentaneamente nel cassetto. Rivedrà la luce? Sarà riformulata e fatta propria dal Governo? La partita è apertissima. Era difficile ipotizzare un immediato appoggio: troppo fresche le dichiarazioni incresciose dell'ex sindaco di Salerno su Rosy Bindi. Non solo, il Pd ha dovuto incassare anche il no della ministra alla Sanità Beatrice Lorenzin, non fosse altro perché la norma che prevede appunto la separazione delle competenze tra Regione e struttura commissariale porta la sua firma.
Intervenuti sulla vicenda anche i 5 Stelle: "L'obiettivo di De Luca è mettere le mani sulla sanità campana, che vale più del 70% del bilancio regionale", ha accusato la consigliera regionale campana Valeria Ciarambino. "Dopo i direttori generali che si è nominato senza trasparenza e merito con una legge regionale ad hoc ora nella legge di semplificazione De Luca chiude il cerchio delle nomine clientelari con i direttori di distretto".
La vicenda, però, porta le sue trame fino al Parlamento. Non c'è solo l'ipotesi del voto di scambio e la spinta, testimoniata in questi giorni, verso gli amministratori locali della sua regione a fare campagna per il Sì attraverso un sistema clientelare. In gioco c'è qualcosa di più del voto il 4 Dicembre e riguarda i centri specialistici e i laboratori privati accreditati col Servizio sanitario nazionale. La famosa "pioggia di soldi" che il Governo avrebbe fatto cadere sulla Campania.
Insomma, una miniera d'oro dalla quale il governatore vorrebbe attingere a piene mani, senza commissari a chiudere la cassa e i tetti di spesa, gestendo l'afflusso di soldi per i centri convenzionati, col sostegno del vecchio alleato Ala e "verdiniano" Vincenzo D'Anna, che oltre che senatore è pure presidente di FederLab, l’associazione degli ambulatoriali privati accreditati col Ssn.
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