Ninnoli e ansie della "Leopolda dello spirito".
di Lorenzo Carchini
Toni bassi, talmente bassi che non è neppure consentito protestare per il No. L'ordinanza comunale contro manifestazioni d'opposizione spiega bene come lo spirito giovanile e "libero" del primo catechismo renziano abbia cambiato verso e sia progressivamente diventato piena espressione di potere. Si parlerà tanto, perché i temi sono tanti e scottanti, ma non si alzeranno i toni, se non sarà il padrone di casa a farlo per primo.
Palazzo Vecchio e la stazione Leopolda sono due luoghi simbolo per il premier. Un'eterno ritorno alla base, dove crebbero i "giovani incazzati" (Staino), per fare il pieno della pozione magica che, a detta dei suoi, "dà forza e la spinta giusta per riuscire a resistere ai contorsionismi del Palazzo e alle trame del potere che si respirano a Roma". Una rigenerazione politica che si fa esercizio spirituale di fede, pronta a cambiare forme ed espressioni di anno in anno.
"La Leopolda è uno stato d'animo e non una kermesse per addetti ai lavori", sostiene il sindaco Nardella. La "Leopolda dello spirito", quest'anno, non guarderà ai vip - come ha detto Matteo Richetti (primo tra i rottamatori-rottamati) - ma non sarà lontana dall'Eremo di Zafer, sotto la sferza di un prete-statista, dalle processioni infinite recitando il rosario, che Petri e Sciasca dipinsero nel "Todo Modo".
Più che un conclave, una trincea. Lo spirito delle origini è sotto l'attacco di coloro che la visione di Renzi non l'hanno mai avuto o forse hanno smesso di cercarla. Lo slogan "E adesso il futuro", significa prepararsi al possibile colpo di coda dei rottamati ora riuniti sotto un unico gigantesco vessillo con scritto "No". Nella stazione le bandiere del partito sono scomparse, nonostante il padrone di casa sia presidente e segretario del Pd, ma anche lo slogan "Basta un Sì", trova spazio soltanto fra i ninnoli ed i gadget, in un angolo.
Nella Leopolda che fu si sono consumate non poche fratture, impregnate dei deliri tra i tavoli a tema, le telecamere, i microfoni e le scenografie, ma anche da quel palco, giudice supremo della fedeltà al leader. Una scena che si ripeterà, fino a domenica, all'ingresso dello spirito fresco e mai conciliante che arringherà i suoi soldati in vista di Dicembre. La Grande Armée è, però, assai ridotta. Ci sono i "renzianissimi" della prima ora: David Ermini, Simona Bonafè, Ernesto Carbone, c’è Simona Malpezzi e pochi altri.
La generazione che ha letteralmente "assalito" il potere, scalando le mura della cittadella in rovina del centro-sinistra italiano, presa per la fame e modificata a loro immagine, è impegnata su tanti fronti. Eppure mai come quest'anno, l'evento rifletterà al meglio le ansie, che non hanno parole ed immagini, per un partito diviso, in cui si comincia a fare qualche conto "della serva" e a chiedersi se i parlamentari assenti staranno ancora dalla parte del segretario il 5 Dicembre, in caso di sconfitta.
di Lorenzo Carchini
Toni bassi, talmente bassi che non è neppure consentito protestare per il No. L'ordinanza comunale contro manifestazioni d'opposizione spiega bene come lo spirito giovanile e "libero" del primo catechismo renziano abbia cambiato verso e sia progressivamente diventato piena espressione di potere. Si parlerà tanto, perché i temi sono tanti e scottanti, ma non si alzeranno i toni, se non sarà il padrone di casa a farlo per primo.
Palazzo Vecchio e la stazione Leopolda sono due luoghi simbolo per il premier. Un'eterno ritorno alla base, dove crebbero i "giovani incazzati" (Staino), per fare il pieno della pozione magica che, a detta dei suoi, "dà forza e la spinta giusta per riuscire a resistere ai contorsionismi del Palazzo e alle trame del potere che si respirano a Roma". Una rigenerazione politica che si fa esercizio spirituale di fede, pronta a cambiare forme ed espressioni di anno in anno.
"La Leopolda è uno stato d'animo e non una kermesse per addetti ai lavori", sostiene il sindaco Nardella. La "Leopolda dello spirito", quest'anno, non guarderà ai vip - come ha detto Matteo Richetti (primo tra i rottamatori-rottamati) - ma non sarà lontana dall'Eremo di Zafer, sotto la sferza di un prete-statista, dalle processioni infinite recitando il rosario, che Petri e Sciasca dipinsero nel "Todo Modo".
Più che un conclave, una trincea. Lo spirito delle origini è sotto l'attacco di coloro che la visione di Renzi non l'hanno mai avuto o forse hanno smesso di cercarla. Lo slogan "E adesso il futuro", significa prepararsi al possibile colpo di coda dei rottamati ora riuniti sotto un unico gigantesco vessillo con scritto "No". Nella stazione le bandiere del partito sono scomparse, nonostante il padrone di casa sia presidente e segretario del Pd, ma anche lo slogan "Basta un Sì", trova spazio soltanto fra i ninnoli ed i gadget, in un angolo.
Nella Leopolda che fu si sono consumate non poche fratture, impregnate dei deliri tra i tavoli a tema, le telecamere, i microfoni e le scenografie, ma anche da quel palco, giudice supremo della fedeltà al leader. Una scena che si ripeterà, fino a domenica, all'ingresso dello spirito fresco e mai conciliante che arringherà i suoi soldati in vista di Dicembre. La Grande Armée è, però, assai ridotta. Ci sono i "renzianissimi" della prima ora: David Ermini, Simona Bonafè, Ernesto Carbone, c’è Simona Malpezzi e pochi altri.
La generazione che ha letteralmente "assalito" il potere, scalando le mura della cittadella in rovina del centro-sinistra italiano, presa per la fame e modificata a loro immagine, è impegnata su tanti fronti. Eppure mai come quest'anno, l'evento rifletterà al meglio le ansie, che non hanno parole ed immagini, per un partito diviso, in cui si comincia a fare qualche conto "della serva" e a chiedersi se i parlamentari assenti staranno ancora dalla parte del segretario il 5 Dicembre, in caso di sconfitta.
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