giovedì, gennaio 26, 2017
I Musei Vaticani scendono in campo per restaurare gratuitamente alcune opere d’arte dell’archidiocesi di Spoleto-Norcia colpite dal terremoto dello scorso 24 agosto.

Radio Vaticana - L’annuncio è stato dato dopo la visita della nuova direttrice dei Musei Vaticani, Barbara Jatta, presso il deposito del Ministero per i Beni e le Attività Culturali di Spoleto dove sono custodite le opere lesionate dal sisma e dal quale sono stati prelevati otto pezzi, tra cui il pinnacolo con la croce della Basilica di San Benedetto. Federico Piana ne ha parlato con mons. Renato Boccardo, arcivescovo di Spoleto-Norcia: ascolta

R. – Bisogna dire che, prima ancora di questa iniziativa, i Musei Vaticani con alcune squadre di specialisti e restauratori si sono resi disponibili nei mesi scorsi al recupero di queste opere d’arte che erano ormai sommerse dalle macerie. Insieme ai Vigili del fuoco hanno realizzato un’opera meravigliosa che ha permesso di ritrovare delle opere preziose che altrimenti sarebbero andate perdute. Adesso tutte le opere recuperate sono custodite in un deposito di sicurezza del ministero dei beni culturali qui a Spoleto. È proprio di ieri la visita del dottoressa Jatta, direttore dei Musei Vaticani, che insieme con la soprintendente per la Regione Umbria hanno visitato il deposito ed hanno scelto alcune opere particolarmente significative, provenienti da ognuno dei Comuni toccati dal terremoto. Potremmo dire che i Musei Vaticani hanno preso in carico, hanno adottato, queste opere, le restaurano per poterle restituire alle popolazioni che trovano in questi lavori non solo un’espressione dell’arte, ma soprattutto, un’espressione della fede dei padri.

D. – Quante opere sono state danneggiate durante le scosse di terremoto?

R. – Il calcolo diventa molto difficile. Posso dire che nel deposito di cui parlavo prima, sono raccolti oltre duemila pezzi. Questo non significa che si tratta di duemila opere complete; ci sono anche i frammenti dei rosoni delle chiese crollate, alcuni pezzi di capitello, … Però le tele, le statue, i reliquiari sono numerosi; tutti, in qualche modo, sono stati danneggiati.

D. - È un segno di vicinanza di Papa Francesco?

R. - Certamente. Mi piace vedere sia nell’invio dei Vigili del fuoco prima di Natale, sia nella collaborazione dei Musei Vaticani, un ulteriore segno della sollecitudine e dalla preoccupazione del Papa per queste popolazioni. Mentre da un parte diventa indispensabile ed urgente provvedere alle case per la ripresa di una vita per quanto possibile normale – penso dunque alle abitazioni, ai luoghi di lavoro, ai luoghi della vita sociale, quelli della vita ecclesiale, non c’è una sola chiesa in tutta la zona che sia disponibile in questo momento - dall’altra un’attenzione anche a queste opere che raccontano la storia di queste popolazioni che è certamente – lo dicevo prima – una storia di fede. Mi sembra un’attenzione anche a questo aspetto: ci dice come il Papa vuole il bene integrale delle persone e lo manifesta anche attraverso questi segni.

D. – Com’è la situazione nelle zone colpite dal terremoto in questo momento?

R. – C’è una situazione di precarietà, di incertezza perché questa gente da oltre cinque mesi ormai convive quasi quotidianamente con le scosse più o meno intense del terremoto. dunque questo influisce sullo stato d’animo. C’è una stanchezza interiore, ma nello stesso tempo una grande forza.

D. - Per le chiese distrutte, cosa si potrà fare?

R. - Bisognerà fare una seria riflessione con tutti gli enti coinvolti per vedere come, dove, se ricostruire, con quali criteri, tenendo conto non solo della dimensione artistica e storica, ma anche di quella vitale, cioè quali sono le comunità vive. Non possiamo fare delle cattedrali nel deserto, ricostruire per il gusto di ricostruire. Dobbiamo fissare delle priorità e tentare di portare avanti un discorso che sia efficace, immediato e che produca dei frutti visibili.


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