Gli Etf, gestiti passivamente e con basse fee, sono sempre più popolari fra gli investitori. Una cattiva notizia per il classico risparmio gestito.
WSI - Sono tempi difficili per l’industria della gestione dei titoli. Ne è convinto il senior analyst per gli Etf di Bloomberg, Eric Balchunas, che ha raccolto cinque segni “infausti” per il settore. Gli Exchange traded funds (Etf), sono particolari fondi a gestione passiva, cioè che ricalcano fedelmente l’andamento di un indice di riferimento. Non c’è un gestore che attivamente agisce sul mercato su mandato dell’investitore, per questo i costi di gestione sono molto più bassi e la loro attrattiva continua a crescere.
Ecco i 5 segni “infausti” evidenziati da Balchunas:
I fondi comuni di Vanguard stanno raccogliendo più denaro di tutto il resto del settore assieme. Vanguard, fra i principali attori del settore Etf ha sotto la sua gestione quasi 4mila miliardi di dollari, di questi, 305 miliardi sono arrivati l’anno scorso. Le ragioni del successo? Costi di gestione medi dello 0,12% e una struttura che “usa i profitti per per abbassare le fee”, per questo in un certo senso “il denaro che va da Vanguard lascia il sistema finanziario”.
I fondi attivi hanno sperimentato deflussi da quasi mille miliardi di dollari nell’ultimo anno. Se il denaro si sposta dai fondi attivi a quelli passivi la quantità di tariffe incassate dal settore cala in media del 70%. Ciliegina sulla torta: talvolta gli investitori fuggono anche dai fondi attivi che stanno compiendo la propria missione, battere il benchmark di riferimento.
Il denaro che confluisce sugli Etf si concentra fra quelli che applicano una fee dello 0,09% o inferiore. “Più di metà dei 286 miliardi di dollari finiti negli Etf lo scorso anno”, scrive l’analista, “erano diretti verso prodotti che avevano un costo di gestione dello 0,09 inferiore”. La battaglia delle fee stracciate ha fatto sì che, mentre negli ultimi 5 anni gli asset in gestione sono cresciuti del 150%, gli Etf hanno prodotto ricavi in crescita di un inferiore 80%: 6mila miliardi in più. Se la stessa quantità di denaro fosse stata raccolta dai fondi attivi tale ricavo sarebbe stato di 18 miliardi di dollari, scrive Balchunas.
Fidelity, Goldman Sachs, Franklin Templeton, JP Morgan, Oppenheimer, Legg Mason e John Hancock pesano appena lo 0,005% dei ricavi degli Etf. Un’altra cattiva notizia per gli asset manager, che devono fare i conti con un prodotto che sembra sempre più “il futuro”.
A confermare l’ultima affermazione c’è infine la popolarità degli Etf fra le nuove generazioni, in particolare fra i cosiddetti millennials. Negli ultimi anni questa generazione nata in prevalenza negli anni Ottanta ha aumentato del 60% la presenza di Etf nel suo portafoglio, secondo i dati di TD Ameritrade Holding. Se le abitudini dei più giovani non cambieranno “ciò creerà uno tsunami generazionale” che ripulirà i ricavi dell’industria della gestione del risparmio tradizionale.
WSI - Sono tempi difficili per l’industria della gestione dei titoli. Ne è convinto il senior analyst per gli Etf di Bloomberg, Eric Balchunas, che ha raccolto cinque segni “infausti” per il settore. Gli Exchange traded funds (Etf), sono particolari fondi a gestione passiva, cioè che ricalcano fedelmente l’andamento di un indice di riferimento. Non c’è un gestore che attivamente agisce sul mercato su mandato dell’investitore, per questo i costi di gestione sono molto più bassi e la loro attrattiva continua a crescere.
Ecco i 5 segni “infausti” evidenziati da Balchunas:
I fondi comuni di Vanguard stanno raccogliendo più denaro di tutto il resto del settore assieme. Vanguard, fra i principali attori del settore Etf ha sotto la sua gestione quasi 4mila miliardi di dollari, di questi, 305 miliardi sono arrivati l’anno scorso. Le ragioni del successo? Costi di gestione medi dello 0,12% e una struttura che “usa i profitti per per abbassare le fee”, per questo in un certo senso “il denaro che va da Vanguard lascia il sistema finanziario”.
I fondi attivi hanno sperimentato deflussi da quasi mille miliardi di dollari nell’ultimo anno. Se il denaro si sposta dai fondi attivi a quelli passivi la quantità di tariffe incassate dal settore cala in media del 70%. Ciliegina sulla torta: talvolta gli investitori fuggono anche dai fondi attivi che stanno compiendo la propria missione, battere il benchmark di riferimento.
Il denaro che confluisce sugli Etf si concentra fra quelli che applicano una fee dello 0,09% o inferiore. “Più di metà dei 286 miliardi di dollari finiti negli Etf lo scorso anno”, scrive l’analista, “erano diretti verso prodotti che avevano un costo di gestione dello 0,09 inferiore”. La battaglia delle fee stracciate ha fatto sì che, mentre negli ultimi 5 anni gli asset in gestione sono cresciuti del 150%, gli Etf hanno prodotto ricavi in crescita di un inferiore 80%: 6mila miliardi in più. Se la stessa quantità di denaro fosse stata raccolta dai fondi attivi tale ricavo sarebbe stato di 18 miliardi di dollari, scrive Balchunas.
Fidelity, Goldman Sachs, Franklin Templeton, JP Morgan, Oppenheimer, Legg Mason e John Hancock pesano appena lo 0,005% dei ricavi degli Etf. Un’altra cattiva notizia per gli asset manager, che devono fare i conti con un prodotto che sembra sempre più “il futuro”.
A confermare l’ultima affermazione c’è infine la popolarità degli Etf fra le nuove generazioni, in particolare fra i cosiddetti millennials. Negli ultimi anni questa generazione nata in prevalenza negli anni Ottanta ha aumentato del 60% la presenza di Etf nel suo portafoglio, secondo i dati di TD Ameritrade Holding. Se le abitudini dei più giovani non cambieranno “ciò creerà uno tsunami generazionale” che ripulirà i ricavi dell’industria della gestione del risparmio tradizionale.
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