mercoledì, gennaio 11, 2017
Da De Benedetti a Mezzaroma, spuntano i primi nomi ed i crediti a rischio per l'istituto che sarà nazionalizzato. 

Grandi debitori morosi per grandi prestiti malati, che presto potrebbero essere anche nostri. Sono nomi eccellenti dell'economia italiana quelli emersi oggi. Dai grandi imprenditori, agli immobiliaristi, al sistema delle coop rosse alla giungla delle partecipate pubbliche toscane, per una voragine da 47 miliardi di euro. Ecco i primi nomi del circolo vizioso di una banca la cui Fondazione è stata per decenni espressione della politica e dove l'arma del credito diveniva strumento di consenso e di scambio.

Tra i principali protagonisti la famiglia De Benedetti, con Sorgenia. Un debito da 1,8 miliardi di euro con l'intero sistema bancario, del quale Mps se ne è caricata un terzo, per uno sforzo da 600 milioni, il più ingente rispetto al pool di 15 istituti che avevano finanziato la fallimentare società elettrica.

Un debito enorme, che i De Benedetti, scoppiato il bubbone Mps, si decisero bene a non onorare; un "pacco" finito tutto in mano alle banche che ne hanno convertito l'esposizione creditizia in azioni. Così è nata la Nuova Sorgenia, nel quale l'istituto senese è rimasto incagliato, finendo con lo svalutare i suoi titoli a 36 milioni di euro.


Soldi che evaporano ed un transatlantico diretto verso l'iceberg. Ci sono debitori di ogni genere e colossali errori nella scelta degli investimenti. E' il caso della fiducia accordata all'ex immobiliarista Luigi Zunino. Un debito col sistema bancario da ben 3 miliardi ed una società, la Risanamento, ancora inadempiente con Mps per 11,6 milioni nel solo 2015.

Altro grande costruttore è Gianni Punzo, azionista di peso di Ntv e patron dell'interporto di Nola, grande struttura del Sud. La sua è una complessa ragnatela societaria, con al vertice la Cisfi, è da tempo immersa nei debiti. Anche qui le banche, Siena in testa, hanno convertito parte dei prestiti in azioni. Mps è oggi il primo socio della Cisfi sopra il 7% (con Punzo al 6,1%). Anche in questo caso, sono stati svalutati i titoli in pegno dell'interporto per 11 milioni.

Anche Giuseppe Statuto, proprietario di lussuosi hotel come il Four Season e il Mandarin a Milano o il San Domenico di Taormina sta dando grattacapi al Monte (in pool con Popolare Emilia e Aareal Bank) che dopo diverse rate del mutuo da 160 milioni non pagate gli ha pignorato l’Hotel Danieli di Venezia.

Particolarmente complesso il caso dei Mezzaroma, famosi costruttori romani. Già qualche anno fa se ne erano andati una cinquantina di milioni per la scalata a debito di Massimo Mezzaroma al Siena Calcio, fallito un anno fa. In questo caso, è la Impreme di famiglia che ha portato i propri guai in casa Mps. Una holding insolvente e che starebbe cercando protezione con un concordato.

Siena (soprattutto) e Unicredit sono esposte per centinaia di milioni. Già nel 2013 era stato firmato un accordo di ristrutturazione ma i successivi piani industriali sono stati clamorosamente "bucati" (100 milioni di perdite tra il 2014 e il 2015). In più l’azienda ha ricevuto decreti ingiuntivi, istanze di fallimento e ipoteche giudiziali su una parte significativa del patrimonio immobiliare, a partire dal disastroso progetto immobiliare abortito di Casalboccone a Roma, eredità dei Ligresti che vede Mps azionista (in cambio dei crediti non pagati) con il 22% del capitale.

Nel caso di Antonio Muto, costruttore calabrese, dovevano essere costruiti alberghi e parcheggi a Mantova, con i soldi di Siena. L'imprenditore aveva ottenuto 27 milioni da Mps nel 2011 per costruire su un'area di 21mila metri quadrati. Ne furono utilizzati 13, degli altri 14 non si sa più nulla. La società di Muto è fallita nel maggio 2015 e quei soldi Siena non li rivedrà più.

Talvolta è stata la stessa Mps ad essere pessima investitrice in sé stessa. E' stato così per i 20 milioni destinati a un progetto immobiliare promosso anni fa dal Comune di Colle Val D'Elsa - vecchia roccaforte rossa - attraverso la controllata Newcolle, partecipata al 49% dal Monte, poi fallita. Questo caso è paradossale: per far valere i propri diritti di creditore, il Monte dovrebbe rifarsi su sé stesso.

Il picco, però, lo si tocca con la Valorizzazioni Immobiliari (Vim): 166 milioni di perdita negli ultimi tre bilanci. Era del Monte fino al 2008, gestiva un pacchetto di immobili non strumentali. Nello stesso anno fu venduta nientemeno che alla coppia Lehman Brothers-Sansedoni (Fondazione Mps) che pagarono con i soldi prestati dal Monte. Poi il mercato immobiliare è crollato e Lehman pure. Vim ora è in liquidazione.

Ci sono, infine, le partecipate pubbliche. Mps è inguaiata con pegni o titoli in Scarlino EnergiaFidi Toscana, Bonifiche di Arezzo, l’Aeroporto di Siena e persino le Terme di Chianciano. La banca si ritrova a fare l’imprenditore di società in crisi quando avrebbe dovuto solo fare la banca. E questa, presto, diventerà la banca di tutti, ma la questione, forse la più importante, è un'altra e riguarda chi ha permesso questi finanziamenti.


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