Prima conferenza stampa del presidente eletto degli Stati Uniti, Donald Trump. Il neo capo della Casa Bianca, parlando con i giornalisti alla Trump Tower di New York, ha ripreso i temi che hanno caratterizzato la sua campagna elettorale, come il muro col Messico e la modifica delle riforme attuate da Obama. Al centro dei suoi interventi anche la polemica sugli hacker russi. Ce ne parla Giancarlo La Vella:
Radio Vaticana - E’ un Trump nuovamente battagliero e sicuro di sé quello che parla con i giornalisti, a nove giorni dal suo insediamento alla Casa Bianca e 24 ore dopo il discorso d’addio a Chicago di Obama. Sceglie lui quelli a cui rispondere e bolla la Cnn, che diffonde – dice – solo false notizie. Tra i temi forti subito quello dell’immigrazione: “Costruiremo il muro e il Messico ci rimborserà”. Anche se la risposta, a distanza, del presidente messicano Pena Nieto, esclude un’ipotesi del genere .
Poi di nuovo la modifica delle riforme che sono state i cavalli di battaglia dell’era Obama, prima tra tutte quella della sanità. Ribatte, quindi, con sicurezza a chi gli parla del conflitto di interessi tra presidenza e il suo immenso patrimonio, trasferito alla gestione del figlio maggiore. Pezzo forte della conferenza stampa gli attacchi degli hacker russi alla campagna elettorale americana. Trump ammette, per la prima volta, le intromissioni, ma specifica: “Non ho rapporti con la Russia, alcun affare in corso e neanche debiti". "I rapporti con Mosca, che con l'amministrazione Obama sono arrivati al minimo storico – continua – torneranno a essere cordiali, perché "la Russia può aiutarci a combattere lo Stato Islamico.
Cosa succederà adesso che il neo presidente eletto Trump in sostanza ha già fatto capire che smantellerà molto di ciò che ha fatto Obama puntando su un ulteriore rilancio dell’occupazione? Massimiliano Menichetti ha intervistato l’americanista Ferdinando Fasce, già docente di Storia Contemporanea all’Università di Genova: ascolta
R. – Credo che, pur considerando i limiti, i problemi, le opacità del doppio mandato di Obama, non si possa non convenire con il fatto che quando Obama dice ”Yes we did” non è lontano dalla realtà. Sul piano internazionale ha ragione ad affermare che ha riportato a casa la maggioranza delle truppe, ha ragione a ricordare l’accordo sul nucleare con l’Iran e la non meno importante iniziativa sul cambiamento climatico.
D. - Sul piano interno spiccano la riforma sanitaria con luci ed ombre, soprattutto sulla questione dell’aborto, e poi il lavoro …
R. – Non mancano le ombre sulla riforma sanitaria, ma oggi venti milioni in più di statunitensi hanno accesso alle cure. Obama eredita da John W. Bush non solo due guerre, ma una recessione che non si vedeva dal 1922 con una disoccupazione che viaggiava sulle doppie cifre. Oggi la disoccupazione - di nuovo pur con limiti, lavori temporanei, problemi… - si attesta a poco più del quattro percento.
D. - Cosa succederà adesso che il neo presidente eletto Trump in sostanza ha già fatto capire che smantellerà molto di ciò che ha fatto Obama puntando su un ulteriore rilancio dell’occupazione?
R. - Premettiamo che Trump ha abilmente giocato su sacche di scontento che ci sono: sacche di difficoltà, di sofferenza, di povertà. Come possa aiutare questi strati con le sue politiche è ancora da vedere. Adesso abbiamo avuto alcune uscite significative, come questi impegni da parte delle imprese dell’auto …
D. - Bloccare la produzione in Messico ed investire sul territorio statunitense …
R. - Rispetto a questo vedo due facce. Il fatto indubbiamente positivo è che ci sono investimenti, però vedo anche che è una procedura che non passa attraverso un’esplicita, trasparente contrattazione, ma c’è Trump che manda tweet e gli imprenditori che si allineano. Qui, mi pare che ci siano dei problemi dal punto di vista del rapporto tra economia e politica in una liberal democrazia.
D. - Guardando alla politica internazionale, posizioni simili tra i due rispetto alla Cina, ma sulla Russia Trump accorcia una distanza …
R. - Obama aveva preso le distanze per la politica aggressiva di Mosca; Trump ci si riconosce meglio perché gli sembra di poter instaurare un rapporto di nuovo da leader che direttamente può contrattare essendosi riconosciuto in una qualche lunghezza d’onda con Putin. Ma qui poi bisogna veder le dinamiche geopolitiche reali. Più continuità probabilmente c’è rispetto alla Cina, anche se ancora dovremo vedere perché non bisogna dimenticare che questo atteggiamento di dichiarato neo protezionismo trumpiano potrebbe suscitare, e in parte ha già suscitato, delle reazioni negative.
D. - Ci saranno nuovi equilibri oppure è tutta una partita da giovare sia sul fronte interno che su quello esterno?
È una partita ancora tutta da giovare perché non bisogna trascurare la complessità della macchina repubblicana e l’imprevedibilità di Trump.
Radio Vaticana - E’ un Trump nuovamente battagliero e sicuro di sé quello che parla con i giornalisti, a nove giorni dal suo insediamento alla Casa Bianca e 24 ore dopo il discorso d’addio a Chicago di Obama. Sceglie lui quelli a cui rispondere e bolla la Cnn, che diffonde – dice – solo false notizie. Tra i temi forti subito quello dell’immigrazione: “Costruiremo il muro e il Messico ci rimborserà”. Anche se la risposta, a distanza, del presidente messicano Pena Nieto, esclude un’ipotesi del genere .
Poi di nuovo la modifica delle riforme che sono state i cavalli di battaglia dell’era Obama, prima tra tutte quella della sanità. Ribatte, quindi, con sicurezza a chi gli parla del conflitto di interessi tra presidenza e il suo immenso patrimonio, trasferito alla gestione del figlio maggiore. Pezzo forte della conferenza stampa gli attacchi degli hacker russi alla campagna elettorale americana. Trump ammette, per la prima volta, le intromissioni, ma specifica: “Non ho rapporti con la Russia, alcun affare in corso e neanche debiti". "I rapporti con Mosca, che con l'amministrazione Obama sono arrivati al minimo storico – continua – torneranno a essere cordiali, perché "la Russia può aiutarci a combattere lo Stato Islamico.
Cosa succederà adesso che il neo presidente eletto Trump in sostanza ha già fatto capire che smantellerà molto di ciò che ha fatto Obama puntando su un ulteriore rilancio dell’occupazione? Massimiliano Menichetti ha intervistato l’americanista Ferdinando Fasce, già docente di Storia Contemporanea all’Università di Genova: ascolta
R. – Credo che, pur considerando i limiti, i problemi, le opacità del doppio mandato di Obama, non si possa non convenire con il fatto che quando Obama dice ”Yes we did” non è lontano dalla realtà. Sul piano internazionale ha ragione ad affermare che ha riportato a casa la maggioranza delle truppe, ha ragione a ricordare l’accordo sul nucleare con l’Iran e la non meno importante iniziativa sul cambiamento climatico.
D. - Sul piano interno spiccano la riforma sanitaria con luci ed ombre, soprattutto sulla questione dell’aborto, e poi il lavoro …
R. – Non mancano le ombre sulla riforma sanitaria, ma oggi venti milioni in più di statunitensi hanno accesso alle cure. Obama eredita da John W. Bush non solo due guerre, ma una recessione che non si vedeva dal 1922 con una disoccupazione che viaggiava sulle doppie cifre. Oggi la disoccupazione - di nuovo pur con limiti, lavori temporanei, problemi… - si attesta a poco più del quattro percento.
D. - Cosa succederà adesso che il neo presidente eletto Trump in sostanza ha già fatto capire che smantellerà molto di ciò che ha fatto Obama puntando su un ulteriore rilancio dell’occupazione?
R. - Premettiamo che Trump ha abilmente giocato su sacche di scontento che ci sono: sacche di difficoltà, di sofferenza, di povertà. Come possa aiutare questi strati con le sue politiche è ancora da vedere. Adesso abbiamo avuto alcune uscite significative, come questi impegni da parte delle imprese dell’auto …
D. - Bloccare la produzione in Messico ed investire sul territorio statunitense …
R. - Rispetto a questo vedo due facce. Il fatto indubbiamente positivo è che ci sono investimenti, però vedo anche che è una procedura che non passa attraverso un’esplicita, trasparente contrattazione, ma c’è Trump che manda tweet e gli imprenditori che si allineano. Qui, mi pare che ci siano dei problemi dal punto di vista del rapporto tra economia e politica in una liberal democrazia.
D. - Guardando alla politica internazionale, posizioni simili tra i due rispetto alla Cina, ma sulla Russia Trump accorcia una distanza …
R. - Obama aveva preso le distanze per la politica aggressiva di Mosca; Trump ci si riconosce meglio perché gli sembra di poter instaurare un rapporto di nuovo da leader che direttamente può contrattare essendosi riconosciuto in una qualche lunghezza d’onda con Putin. Ma qui poi bisogna veder le dinamiche geopolitiche reali. Più continuità probabilmente c’è rispetto alla Cina, anche se ancora dovremo vedere perché non bisogna dimenticare che questo atteggiamento di dichiarato neo protezionismo trumpiano potrebbe suscitare, e in parte ha già suscitato, delle reazioni negative.
D. - Ci saranno nuovi equilibri oppure è tutta una partita da giovare sia sul fronte interno che su quello esterno?
È una partita ancora tutta da giovare perché non bisogna trascurare la complessità della macchina repubblicana e l’imprevedibilità di Trump.
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