martedì, marzo 21, 2017
In un'intervista esclusiva per Lpl News24, parla Francesco Paolo Vitale, cugino del "primo, vero e, forse, unico pentito della mafia". Per lui un'unica missione: far conoscere il cugino nella speranza della canonizzazione come martire di fede. "Se Leonardo, fosse stato interrogato da Falcone, non sarebbe stato dichiarato pazzo e non sarebbe stato rinchiuso nei manicomi giudiziari".

Intervista di Dario Cataldo

Dopo il pentimento, il calvario. Questo è il cammino di Leonardo Vitale, che all'epoca in cui non esistevano ancora i "pentiti della mafia" ha denunciato Cosa Nostra. Dopo l'arresto? Un gioco al rimbalzo tra carcere e manicomio, in cui conobbe anche la pratica dell'elettroshock. Tornato in libertà, il 2 Dicembre del 1984 è stato assassinato all'uscita dalla Chiesa dove con la madre si recava per la S. Messa. A distanza di anni, il cugino, cerca un riscatto che Leonardo Vitale si è guadagnato con il suo sangue. Diamo il benvenuto a Francesco Paolo Vitale.

Francesco Paolo, in questi anni suo cugino è stato rivalutato per dei meriti frutto di un sincero cammino di conversione. Per lei, chi era Leonardo Vitale?

"Scrivere la biografia di una persona non è certo facile. Questo avviene, in modo speciale, quando il personaggio si chiama Leonardo Vitale, primo, vero e, forse, unico pentito della mafia, il quale per motivi di coscienza ha deciso di abbandonare Cosa nostra per ritornare alla fede in Dio che aveva disgraziatamente abbandonata. Leuccio era mio cugino di secondo grado. Io l'ho conosciuto da bambino e ricordo bene che tutte le feste - Natale, Capo d'Anno, etc. - le passavamo a casa sua. Ricordo che era un buon ragazzino. Poi ci siamo persi di vista. Non ho avuto notizie di lui per diverso tempo fino al giorno in cui si parlò del suo pentimento. In cuor mio mi sono rallegrato di questo perché il suo pentimento era dolersi di aver fatto del male alle creature di Dio, redente dal sangue di Nostro Signore Gesù Cristo".

Il vaticanista Luigi Accattoli ha annoverato Vitale tra i nuovi martiri cristiani. Lei stesso si batte per il riconoscimento di un iter di canonizzazione quale martire di fede. A tal proposito, si è fatto qualche passo avanti dal punto di vista ecclesiastico?

"Per avviare il processo canonico, riguardante un Martire, sono necessari i suoi scritti, le testimonianze di chi l'ha conosciuto ed il parere dei cristiani, per evidenziarne la fama di santità. Stiamo provvedendo alla raccolta di quanto scritto sopra, per scrivere una biografia che va dalla nascita alla morte di Leonardo. Biografia che presenteremo all'Arcivescovo di Palermo - Mons. Corrado Lorefice - a cui spetta il diritto di aprire il processo canonico perché guida la Diocesi dove è avvenuto il Martirio".

La sua conversione nel 1973 è stata onesta, gratuita e drammatica. Maturata nelle celle dei manicomi gli è costata la vita. Il suo sacrificio, secondo lei, ha prodotto i frutti sperati nella lotta a Cosa Nostra?

"In una lettera, inviata dal carcere a sua madre, ha scritto: Mamma, io lo faccio, affinché anche gli altri, si convertano. Spero molto che queste persone, si lascino attrarre da questo pensiero e ritornino nelle braccia di Dio".

Giovanni Falcone, nella sentenza di rinvio a giudizio per il Maxiprocesso di Palermo 1986 disse dell’omicidio Vitale: “A differenza della Giustizia dello Stato, la mafia percepì l'importanza delle sue rivelazioni e lo punì inesorabilmente per aver violato la legge dell'omertà”. Perché questa indifferenza nei confronti di un uomo che seppe denunciare Toto Riina, Bernardo Provenzano e Vito Ciancimino?

Quanto ha scritto Giovanni Falcone, nella sentenza del Maxiprocesso alla mafia, mi ha molto commosso. Sono certo che, se Leonardo, fosse stato interrogato da Falcone, non sarebbe stato dichiarato pazzo e non sarebbe stato rinchiuso nei manicomi giudiziari. Per molti interessati era meglio dichiararlo pazzo, perché così avrebbero chiuso questa storia. Ho intrapreso, questa missione, per soddisfare un desiderio di Leonardo.


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