Da Santa Marta, per la Messa mattutina, il Sommo Pontefice prende spunta dal Vangelo per fare una domanda scomoda. Poi il monito: "State attenti, stiamo attenti!".
La liturgia della Parola di oggi fornisce un assist a Papa Francesco. Utilizzando il gergo calcistico, potremmo dire che il Santo Padre ha calciato un rigore contro l'indifferenza e l'ostracismo dinanzi ai nuovi poveri, non per forza di cose di altra etnia. Disoccupati, uomini e donne che hanno perso il lavoro, che non riescono a pagare l'affitto o che non riescono a provvedere al sostentamento dei propri cari. "È normale questo?", ribadisce Francesco.
La pagina evangelica del ricco e del povero, all'apparenza così differenti, quasi inconciliabili per rango, stirpe o benessere economico, pone l'attenzione del Pontefice su una pratica che ambisce al premio eterno, da guadagnare adesso, nel presente, nelle azioni quotidiane. Alla domanda: "Cosa sentiamo nel cuore quando andiamo per strada e vediamo i senzatetto, vediamo i bambini da soli che chiedono l’elemosina?. Magari pensiamo - continua Bergoglio - che sono di quella etnia che ruba".
Di fatto, "cosa sento io quando vedo i senzatetto, i poveri, quelli abbandonati, anche i senzatetto ben vestiti, perché non hanno soldi per pagare l’affitto, perché non hanno lavoro?" La risposta è disarmante: "tutto questo — afferma il Vicario di Cristo — è parte del panorama, del paesaggio di una città, come una statua, la fermata del bus, l’ufficio della posta: e anche i senzatetto sono parte della città? È normale questo? State attenti, stiamo attenti!".
La frenetica routine di ogni giorni, porta all'aridità del cuore. A braccio sottolinea il Vescovo di Roma che: "quando queste cose nel nostro cuore risuonano come normali - ma sì, la vita è così, io mangio, bevo, ma per togliermi un po’ di senso di colpa do un’offerta e vado avanti - la strada non va bene".
Conclude Papa Francesco: "Magari dico un’Avemaria, un Padrenostro per loro e continuo a vivere come se niente fosse. Invece è bene chiederci se il dramma di tanta gente entra nel mio cuore".
di Dario Cataldo
La liturgia della Parola di oggi fornisce un assist a Papa Francesco. Utilizzando il gergo calcistico, potremmo dire che il Santo Padre ha calciato un rigore contro l'indifferenza e l'ostracismo dinanzi ai nuovi poveri, non per forza di cose di altra etnia. Disoccupati, uomini e donne che hanno perso il lavoro, che non riescono a pagare l'affitto o che non riescono a provvedere al sostentamento dei propri cari. "È normale questo?", ribadisce Francesco.
La pagina evangelica del ricco e del povero, all'apparenza così differenti, quasi inconciliabili per rango, stirpe o benessere economico, pone l'attenzione del Pontefice su una pratica che ambisce al premio eterno, da guadagnare adesso, nel presente, nelle azioni quotidiane. Alla domanda: "Cosa sentiamo nel cuore quando andiamo per strada e vediamo i senzatetto, vediamo i bambini da soli che chiedono l’elemosina?. Magari pensiamo - continua Bergoglio - che sono di quella etnia che ruba".
Di fatto, "cosa sento io quando vedo i senzatetto, i poveri, quelli abbandonati, anche i senzatetto ben vestiti, perché non hanno soldi per pagare l’affitto, perché non hanno lavoro?" La risposta è disarmante: "tutto questo — afferma il Vicario di Cristo — è parte del panorama, del paesaggio di una città, come una statua, la fermata del bus, l’ufficio della posta: e anche i senzatetto sono parte della città? È normale questo? State attenti, stiamo attenti!".
La frenetica routine di ogni giorni, porta all'aridità del cuore. A braccio sottolinea il Vescovo di Roma che: "quando queste cose nel nostro cuore risuonano come normali - ma sì, la vita è così, io mangio, bevo, ma per togliermi un po’ di senso di colpa do un’offerta e vado avanti - la strada non va bene".
Conclude Papa Francesco: "Magari dico un’Avemaria, un Padrenostro per loro e continuo a vivere come se niente fosse. Invece è bene chiederci se il dramma di tanta gente entra nel mio cuore".
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