Nel traguardo dei novant'anni da poco compiuti, un testo scritto da Giovan Battista Brunori che indaga sulla figura di Papa Ratzinger, colui che si è battuto contro la deriva culturale del relativismo.
Di lui si è parlato, a volte a sproposito, a volte con nostalgia. Benedetto XVI non è solo il "Papa emerito"; è colui che si è fatto carico di un malessere, per lanciare un messaggio forte e chiaro: la Chiesa è sotto attacco, e non solo dall'esterno. Nel libro di Giovan Battista Brunori, "Benedetto XVI, fede e profezia del primo Papa emerito della storia" , edito dalle Paoline, si tratteggiano i contorni dell'uomo prima che del Pontefice, cercando di spiegare i motivi dietro le sue scelte.
Probabilmente, la coerenza delle proprie idee, Joseph Ratzinger l'ha ereditata dal padre, un gendarme tedesco che, nonostante il suo ruolo, ha avuto il coraggio di considerare Adolf Hitler come "l'anticristo", il cui trionfo non sarebbe stata "una cosa buona per la Germania".
Da questi presupposti è evidente come il "Papa teologo" abbia avuto sin dall'infanzia modelli di riferimento ben precisi. Nei suoi 24 anni al fianco di Giovanni Paolo II, come Prefetto della Congrezazione per la dottrina della Fede ha mostrato un preciso orientamento, proseguito con l'elezione al soglio petrino.
Un Papa "del pensiero più che del gesto" da alcuni ritenuto poco comunicativo, distante dalla gente comune. In realtà - come lo stesso Brunori sottolinea - la sua instancabile ricerca per raggiungere i cuori dei più semplici è palpabile in ogni suo discorso, in ogni suo scritto prodotto in 8 anni di Pontificato.
Un riformatore capace di usare il bastone e la carota; di compiere ben 24 viaggi internazionali e rinsaldare il dialogo con i cugini ebrei, così come di essere protagonista del famoso discorso di Ratisbona - in cui le mezze misure cedono il posto alla durezza di parole pesanti come macigni.
Con la decisione di "dare una svolta alla gestione dello Ior", vara quella che è conosciuta come "un'operazione di trasparenza totale", che spiana la strada al lavoro intrapreso da Papa Francesco.
Nonostante lo scandalo dei preti pedofili e Vatileaks, una nuova fioritura per la Chiesa cattolica è sempre auspicata nalle parole e opere di Benedetto XVI. Le sue famose encicliche: "Deus caritas est", Spe salvi" e "Caritas in veritate" sono la chiave di volta per affrontare le nuove sfide ecclesiali. Come ribadisce spesso "è l'amore che rendime l'uomo, che lo libera dal male, non la scienza o il progresso".
Con la speranza e la carità, si è testimoni di Cristo, senza la necessità di ricorrere a gesti plateali per attirare l'attenzione. Questo è forse il più grande insegnamento di un grande studioso, un grande uomo di fede e un encomiabile Papa.
Recensione di Dario Cataldo
Di lui si è parlato, a volte a sproposito, a volte con nostalgia. Benedetto XVI non è solo il "Papa emerito"; è colui che si è fatto carico di un malessere, per lanciare un messaggio forte e chiaro: la Chiesa è sotto attacco, e non solo dall'esterno. Nel libro di Giovan Battista Brunori, "Benedetto XVI, fede e profezia del primo Papa emerito della storia" , edito dalle Paoline, si tratteggiano i contorni dell'uomo prima che del Pontefice, cercando di spiegare i motivi dietro le sue scelte.
Probabilmente, la coerenza delle proprie idee, Joseph Ratzinger l'ha ereditata dal padre, un gendarme tedesco che, nonostante il suo ruolo, ha avuto il coraggio di considerare Adolf Hitler come "l'anticristo", il cui trionfo non sarebbe stata "una cosa buona per la Germania".
Da questi presupposti è evidente come il "Papa teologo" abbia avuto sin dall'infanzia modelli di riferimento ben precisi. Nei suoi 24 anni al fianco di Giovanni Paolo II, come Prefetto della Congrezazione per la dottrina della Fede ha mostrato un preciso orientamento, proseguito con l'elezione al soglio petrino.
Un Papa "del pensiero più che del gesto" da alcuni ritenuto poco comunicativo, distante dalla gente comune. In realtà - come lo stesso Brunori sottolinea - la sua instancabile ricerca per raggiungere i cuori dei più semplici è palpabile in ogni suo discorso, in ogni suo scritto prodotto in 8 anni di Pontificato.
Un riformatore capace di usare il bastone e la carota; di compiere ben 24 viaggi internazionali e rinsaldare il dialogo con i cugini ebrei, così come di essere protagonista del famoso discorso di Ratisbona - in cui le mezze misure cedono il posto alla durezza di parole pesanti come macigni.
Con la decisione di "dare una svolta alla gestione dello Ior", vara quella che è conosciuta come "un'operazione di trasparenza totale", che spiana la strada al lavoro intrapreso da Papa Francesco.
Nonostante lo scandalo dei preti pedofili e Vatileaks, una nuova fioritura per la Chiesa cattolica è sempre auspicata nalle parole e opere di Benedetto XVI. Le sue famose encicliche: "Deus caritas est", Spe salvi" e "Caritas in veritate" sono la chiave di volta per affrontare le nuove sfide ecclesiali. Come ribadisce spesso "è l'amore che rendime l'uomo, che lo libera dal male, non la scienza o il progresso".
Con la speranza e la carità, si è testimoni di Cristo, senza la necessità di ricorrere a gesti plateali per attirare l'attenzione. Questo è forse il più grande insegnamento di un grande studioso, un grande uomo di fede e un encomiabile Papa.
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