mercoledì, maggio 17, 2017
Oltre 130 persone hanno perso la vita durante un attacco ad Alindao, nel sud-est della Repubblica Centrafricana.

Radio Vaticana - A Bangassou, dove nei giorni scorsi sono stati uccisi sei caschi blu, non si ha ancora un bilancio preciso dei civili morti e feriti. Il conflitto in atto vede protagonisti gruppi armati non ben identificati: l’esercito non è in grado di ristabilire l’ordine. Sulla situazione attuale nella città di Bangassou, Giorgio Saracino ha sentito Federica Nogarotto, Direttore Risorse Umane terreno e Medical Support di Medici Senza Frontiere: ascolta

R. – A partire dallo scorso fine settimana, dopo alcuni momenti di tensione, che duravano già da alcune settimane, sono scoppiati violenti combattimenti nella città di Bangassou, nella Repubblica Centrafricana, che hanno costretto la popolazione civile ad abbandonare le proprie case; parliamo dello sfollamento di diverse migliaia di persone. Inizialmente queste persone si sono rifugiate all’interno di una moschea e nelle ultime ore sono riuscite a spostarsi in un altro luogo dove noi riusciamo ad accedere.

D. - Come siete organizzati sul territorio?

R. - Medici Senza Frontiere ha, a Bangassou, un ospedale da molti anni. È una struttura che ha diversi livelli di cure, inclusa la chirurgia. Quindi fortunatamente siamo riusciti ad assistere - anche se con moltissime difficoltà - la popolazione che stava fuggendo. All’ospedale abbiamo ricevuto più di 70 feriti negli ultimi quattro, cinque giorni. Il numero di feriti è proprio la testimonianza di quanto violenti siano gli scontri che la città sta subendo in questi ultimi giorni. Le violenze sono molto elevate, la popolazione è veramente spaventata; molte persone sono traumatizzate, sono sotto shock, cercano di fuggire ma non possono farlo. Quello che sentiamo e che vediamo, sono colpi di pistola, colpi di machete; vediamo case saccheggiate, incendiate…

D. - In questa situazione voi di Medici Senza Frontiere che tipo di lavoro riuscite a fare sul territorio?

R. - In questo momento siamo 24 ore su 24 all’ospedale, che fortunatamente per il momento è rispettato: la zona in cui si trova è considerata assolutamente neutra e imparziale nella risposta all’aiuto della popolazione. Tutte le parti - per ora - lo stanno rispettando portando lì i feriti, donne che devono partorire, persone che hanno bisogno di cure immediate. Appena sarà possibile muoversi, lo faremo verso le zone dove normalmente allestivamo delle cliniche mobili. Cercheremo di andare a vedere anche il resto della popolazione.

D. - Quindi qual è il vostro appello? Che cosa chiedete?

R. - Gli sfollati hanno bisogno di un rifugio. Chiediamo di nuovo a tutte le parti in conflitto di consentire l’assistenza medica urgente ai civili e ai feriti, quindi di poter dare accesso alla popolazione e che questa possa venire all’ospedale senza rischiare la vita.


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