martedì, giugno 13, 2017
In un messaggio che anticipa la GMP di Novembre, il Santo Padre punta il dito contro i detentori delle ricchezze, rei di opprimere i tanti nel bisogno. Il creato è un dono per tutti, "sono gli uomini, purtroppo, che hanno innalzato confini, mura e recinti, tradendo il dono originario destinato all’umanità senza alcuna esclusione", tuona Bergoglio.

di Dario Cataldo

Il pensiero verso i più bisognosi è costante nel Pontificato di Papa Francesco, tanto da renderlo tra gli argomenti "topic" del suo mandato. Anche questa volta, in occasione della prossima Giornata mondiale dei poveri, non è sfuggito l'ammonizione verso i pochi detentori di ricchezze, che accrescono i loro guadagni sfruttando i pù bisognosi, i diseredati del pianeti, costretti a vivere tra gli stenti e privi del necessario.

Discorso diretto: "Il mondo contemporaneo ha una grande difficoltà ad identificare in maniera chiara la povertà, eppure essa ci interpella ogni giorno”. Un'analisi cruda quella di Papa Francesco, che a braccio elenca i “mille volti” della povertà.

Gli indigenti, prosegue il Successore di Pietro: sono “segnati dal dolore, dall’emarginazione, dal sopruso, dalla violenza, dalle torture e dalla prigionia, dalla guerra, dalla privazione della libertà e della dignità, dall’ignoranza e dall’analfabetismo, dall’emergenza sanitaria e dalla mancanza di lavoro, dalle tratte e dalle schiavitù, dall’esilio e dalla miseria, dalla migrazione forzata”.

Da cui la denuncia di Bergoglio: “Ai nostri giorni mentre emerge sempre più la ricchezza sfacciata che si accumula nelle mani di pochi privilegiati, e spesso si accompagna all’illegalità e allo sfruttamento offensivo della dignità umana, fa scandalo l’estendersi della povertà a grandi settori della società in tutto il mondo”.

Un monito: “Dinanzi a questo scenario, non si può restare inerti e tanto meno rassegnati. Alla povertà che inibisce lo spirito di iniziativa di tanti giovani - conclude il Vescovo di Roma - impedendo loro di trovare un lavoro; alla povertà che anestetizza il senso di responsabilità inducendo a preferire la delega e la ricerca di favoritismi; alla povertà che avvelena i pozzi della partecipazione e restringe gli spazi della professionalità umiliando così il merito di chi lavora e produce; a tutto questo occorre rispondere con una nuova visione della vita e della società”.


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